lunedì 7 aprile 2014

Natura: Il gamberetto gigante che visse nel Cambriano.


Si nutriva filtrando il plancton una delle prime creature marine di dimensioni relativamente grandi (fino a un metro) vissute circa mezzo miliardo di anni fa, quando sono apparse sul pianeta le prime forme di vita complessa. La scoperta dei resti fossili di Tamisiocaris borealis smentisce l'idea che i primi animali di grandi dimensioni fossero tutti predatori e offre indicazioni sulla complessità degli ecosistemi dell'epoca.




Uno degli animali marini più grandi del Cambriano, il periodo più antico del Paleozoico, fra i 540 e i 485 milioni di anni fa, durante il quale si svilupparono le prime forme di vita complessa, non era un predatore, ma si nutriva per filtrazione, in modo simile a molte balene di oggi. A dimostrarlo è l'analisi delle tracce fossili di Tamisiocaris borealis, un “gambero” gigante appartenente al gruppo animale, oggi estinto, degli anomalocaridi.

Gli anomalocaridi sono un phylum animale affine agli antropodi che comprendeva alcune delle specie più grandi del Cambriano, che arrivavano fino al metro di lunghezza. Dotati di lobi appiattiti che permettevano un nuoto simile a quello delle odierne razze, questi animali avevano un imponente apparato boccale sporgente dotato di spine, che permetteva di catturare prede di una certa dimensione, come i trilobiti. 

Dato che alcuni trilobiti fossili mostrano segni di ferite la cui conformazione corrisponde a quella della bocca degli anomalocaridi si pensava che tutti gli anomalocaridi fossero predatori al vertice della catena alimentare, ma il ritrovamento in Groenlandia di fossili diTamisiocaris borealis dimostra che la situazione era più complessa. 

Analizzando le tracce fossili dell'apparato boccale di T. borealis, Jakob Vinther, dell'Università di Bristol e colleghi, che firmano un articolo su Nature, hanno scoperto che le spine dell'apparato boccale erano dotate di dense file di spine ausiliarie lunghe e sottili. Per comprendere meglio le modalità di alimentazione di T. borealis, i ricercatori hanno creatoun'animazione 3D di questa appendice per studiare la gamma di movimenti che avrebbe potuto compiere. Per alimentarsi Tamisiocarisusava queste appendici come una rete a sciabica: dopo avrele estese, le ripiegava verso la bocca intrappolando nella fitta rete delle spine ausilairie molte piccole particelle, npon più grando di mezzo centimetro.


La scoperta, inoltre, mostra la varietà di specie di anomalocaridi del Cambriano e offre ulteriori indicazioni sugli ecosistemi del tempo, sottolineandone in particolare la produttività: “Nutrirsi filtrando l'acqua per catturare particelle molto piccole mentre si nuota richiede molta energia, e quindi molto cibo”, ha detto Vinther.