giovedì 29 novembre 2012

World Music: Youssou N'Dour. Da quei fantastici 7 secondi alla candidatura da presidente.






Vogue gli ha dedicato uno speciale da Star.
La rivista musicale britannica Folk Roots non ha esitato a incoronarlo “artista africano del secolo”, mentre il New York Times ha definito la sua voce dal pathos inconfondibile e da un timbro incredibilmente caldo, “un’arma sottile impiegata con autorità profetica”.
A riportare alla ribalta dei media internazionali negli ultimi mesi il musicista e compositore senegalese Youssou N’Dour non è stata tuttavia la pubblicazione di un nuovo album o l’annuncio di una nuova tournée internazionale, bensì la decisione di candidarsi nientemeno che alla presidenza del proprio paese
Una grande sorpresa per i suoi concittadini e fan, perché per anni N’Dour, pur essendo un artista impegnato, da sempre attivo in innumerevoli battaglie sociali, aveva più volte dichiarato di non voler sfruttare la propria popolarità per scendere nell’agone politico. 
"Ho deciso di rimangiarmi quanto vado dicendo da anni non appena mi è giunta la notizia che il presidente Wade intendeva candidarsi per la terza volta consecutiva, nonostante questo sia esplicitamente proibito dalla nostra Costituzione che stabilisce un massimo di due mandati. 
Un tale atteggiamento così poco velatamente dittatoriale mi ha convinto del fatto che la nostra democrazia stesse correndo un grave pericolo, e che fosse giunto per me il momento di scendere in campo".





Un sogno, quello di diventare presidente, che N’Dour coltiverà solo poche settimane, perché la Corte costituzionale del Senegal lo scorso gennaio ha dichiarato nulla la sua candidatura, per la mancanza, questa la motivazione ufficiale, delle 10.000 firme necessarie. 
Per N’Dour è l’inizio di una rocambolesca campagna elettorale a favore dello sfidante Macky Sall, non scevra da tumulti e violenze (a seguito di una grande manifestazione a Dakar, lo scorso 21 febbraio, viene addirittura ferito a una gamba), che si conclude con la sconfitta del presidente uscente e la nomina del musicista senegalese a Ministro della Cultura e del Turismo. "C’è tanto, tanto da fare", ha commentato a caldo dopo la sua investitura. 
"In veste di politico ciò che oggi più mi preoccupa è la dipendenza dall’estero di molti settori dell’economia del Senegal, e dell’economia africana nel suo complesso.
Pur vivendo in terre colme di ricchezze, il ritorno economico per i nostri cittadini è pressoché nullo. 
È arrivato il momento di agire". 
E poi riguardo al suo ruolo di ministro: "Il mio modello sarà l’ex-presidente brasiliano Lula. Come me è un uomo venuto dal popolo, che non può vantare grandi onorificenze universitarie e che ammiro per quanto è riuscito a fare nel settore dell’educazione. Solo attraverso la sovranità popolare un paese in via di sviluppo come il nostro può sperare di uscire dall’arretratezza in cui versa. 
L’educazione del popolo è la migliore linfa per la democrazia e il migliore combustibile per il motore dello sviluppo. 
Il Brasile lo sta dimostrando al mondo".




Lo "scopre" Peter Gabriel, che nel 1988 si innamora del suo albumImmigrés e insiste per averlo tra i suoi musicisti. A renderlo celebre nel mondo è soprattutto l’indimenticabile duetto con Neneh Cherry in 7 seconds, la sua hit più conosciuta di sempre. 
Con l’albumThe guide, a cui 7 seconds fa da traino, si aggiudica due candidature ai Grammy, le prime di una lunga serie di riconoscimenti. Figlio di madre griots, tradizionale casta di cantastorie, la sua carriera musicale inizia in realtà già a dodici anni, quando si esibisce nel quartiere di Medina a Dakar, la sua città natale; a sedici anni il suo singolo M’ba è trasmesso dalle radio del paese.
 N’Dour assorbe presto l’atmosfera multiculturale della capitale senegalese, dove forte da sempre è la presenza europea (durante gli anni del colonialismo il Senegal fungeva da avamposto francese per amministrare le colonie in Africa Occidentale, ndr), e si appropria di un genere musicale ibrido che di lì a poco farà conoscere al mondo: il Mbalax, una musica tradizionale dal ritmo ipnotico e incessante, battuto dai “tamburi parlanti” usati in Senegal per comunicare da villaggio a villaggio, che lui occidentalizza arricchendolo di sonorità prese in prestito da rock, pop, musica latina e reggae.




La sua musica non può tuttavia essere veramente capita se se ne trascurano la finalità ultime: veicolare messaggi di pace e fratellanza ed essere strumento di cambiamento sociale, obiettivo che ha perseguito coerentemente fin dall’inizio della sua carriera facendosi paladino di innumerevoli battaglie civili: nel 1985 organizza a Dakar un grande concerto per la liberazione di Mandela, il primo di una lunga serie con i quali raccoglie fondi a favore di Amnesty International e della Fao (di cui è stato Goodwill Ambassador) e per finanziare la lotta alla malaria e al paludismo, il diritto all’istruzione per i bambini africani e lo sviluppo sostenibile.
 Nel 2007, insieme ad altri artisti, registra Make some noise, una ripresa del celebre album Imagine di John Lennon, per porre l’attenzione sulla tragedia del Darfur. Il 2008 è la volta della creazione della sua società di microcredito, Birima, ispirata al modello del premio Nobel per l’economia Muhammad Yunus. "Il ruolo dell’artista è prima di tutto quello di diffondere un nuovo verbo nel mondo, e nel mio caso si tratta di fare buona musica", dichiara. "Ma quando si comincia ad acquistare notorietà si può anche usare il proprio nome per supportare giuste cause".


Video: Youssou N'Dour and Neneh Cherry, 7 seconds.




Ambiente: Le acque del mondo si tingono ancora di rosso, questa volta tocca all'Australia.






Ecco che si ripresenta il curioso fenomeno delle acque rosse. 
Questa volta il cambio cromatico è toccato alle acque della Bondi Beach, una delle spiagge più famose di Sydney.
Alcuni turisti preoccupati, hanno pensato che il colore rosso fosse dovuto all'attacco di uno squalo a qualche malcapitato nuotatore. 
Ma a quanto pare, ciò che ha trasformato i mari di fronte a Sydney in un bel colore "rosso sangue" era di natura ben diversa.

Secondo gli esperti, il colore "rosso sangue" è dovuto alla fioritura di un alga particolare conosciuta come scintillans noctiluca - comunemente chiamata "marea rossa" o "fuoco nel mare" - in grado di cambiare il colore delle acque e di provocare eruzioni cutanee e irritazioni agli occhi in chi dovesse bagnarsi nelle acque infestate.
I surfers che affollano la zona, sono stati i primi ad avvistare l'insidiosa pestilenza. 
Le spiagge di Bondi e Clovellu sono state immediatamente per precauzione, in quanto pare che nelle acque sia stato registrato un contenuto di ammoniaca particolarmente alto. 
La fioritura sarebbe stata favorita dalle temperature dell'acqua più elevate rispetto alla media e dal movimento delle correnti oceaniche che hanno arricchito le coste australiane di abbondanti sostanze nutritive.
Nei prossimi giorni non si prevede un miglioramento della situazione, anzi si teme che l'alga possa continuare a diffondersi anche perchè favorita dalle temperature del prossimo fine settimana, che secondo i meteorologi, saranno uno dei più caldi dell'anno. 
La diffusione dell'alga potrebbe espandersi per tutta la costa.





mercoledì 28 novembre 2012

Fotografia naturalista: Frans Lanting. (Paesi Bassi).


"Un giorno cattivo in mezzo alla natura è meglio di uno buono in ufficio"
(Frans Lanting).





Tra i più celebrati fotografi naturalisti di tutto il mondo, Frans Lanting ha raggiunto questo traguardo attraverso la piena comprensione e l'apprezzamento del suo progetto, unite a un approccio che è meticoloso e intuitivo allo stesso tempo.
Il direttore della fotografia del National Geographic, Thomas R. Kennedy, sostiene che la sua visione estetica e la sua conoscenza del soggetto non ha eguali in quella di alcun altro fotografo naturalista che la sua rivista ha utilizzato.
"Egli è in grado di capire e anticipare il comportamento animale con il tipo di alacrità che è propria di un fotogiornalista quando riprende le persone", dice.
"Gli animali non sono consapevoli della sua presenza e, come conseguenza, può avvicinassi maggiormente".









Lanting è nato nel 1951 a Rotterdam e scattò le sue prime fotografie all'età di 21 anni durante un viaggio in autostop nei parchi nazionali americani.
Il pessimo risultato lo fece arrabbiare, credendo che il problema stesse nella fotocamera, che aveva preso in prestito da sua madre.
Ne comprò una migliore e iniziò ad apprendere le basi iniziali della fotografia.
Si immerse in articoli tecnici, studiò il lavoro di fotografi affermati e affinò le sue capacità in un parco cittadino di Rotterdam e nella campagna olandese.
Dopo la laurea in Economia ambientale all'Università Erasmus nel 1977, si diresse negli Stati Uniti per iscriversi a un corso post-laurea in pianificazione ambientale.
Ma il richiamo della fotografia era ormai troppo forte e due anni più tardi deciderà di lavorare in questo campo a tempo pieno, frustrando le speranze della sua famiglia di continuare un giorno l'attività del padre.









In effetti abbracciò la sua nuova carriera con passione, seguitando a vivere sulla costa californiana ove trovava un'ispirazione illimitata e una ricca fauna da fotografare.
Era affascinato dalla contrapposizione di zone urbane e aeree selvagge presenti nell'area, descrivendo le creature che incontrava nella regione della sua nuova casa come "fantastiche, come se i bisonti stessero ancora correndo nelle periferie di Chicago".
Uno dei primi progetti laggiù fu quello di fotografare un tipo di piovanello che si nutriva lungo la costa.
Imparò tutto quello che poteva sulle abitudini di questo uccello e la dedizione allo studio del soggetto è rimasta sempre la stessa di allora.
Nel caso dei piovanelli egli gli osservò per settimane e li seguì anche per una certa distanza quando migrarono.
Gli divenne familiare il comportamento non solo della specie, ma anche di alcuni individui.
Quando si abituarono alla sua presenza, fu in grado di avvicinarsi maggiormente fino a che non lo accettarono proprio come un'altra caratteristica del territorio.









Raggiunta questa fase, le fotografie che Frans Lanting fu in grado di produrre erano di altissimo livello.
Aveva scoperto il suo stile fotografico e non lo ha più abbandonato da allora.
Un successivo progetto in California, ad esempio, lo vide fotografare elefanti marini e, dato che i maschi adulti possono arrivare a pesare 3 tonnellate, stava realmente rischiando la vita per andare più vicino al suo soggetto.
Una volta di più la conoscenza intima che si guadagnò del soggetto a lungo andare gli permise di avvicinarsi maggiormente agli animali e alla fine lo tenne al sicuro.
Allo stesso modo, quando Lanting si dedicò ad un branco di leoni per un mese in Africa, vivendo con loro "come un leone ausiliario", la ricompensa per la sua pazienza e perseveranza fu l'affascinante intuizione della loro vita, trasferita in straordinarie immagini.













Arrivò a mettersi a pochi metri da loro la notte che uccisero una giraffa, e passò diverse ore scattando fotografie mentre divoravano ogni parte dell'animale eccetto le ossa.
Tipico dell'approccio lento di Lanting fu il suo progetto sulla crisi ambientale in Madagascar, commissionata da National Geographic nel 1985.
Passò un anno a fotografare la natura ma anche parlando con agricoltori, cacciatori, funzionari governativi, scienziati e altri abitanti del luogo.
Il risultato apparve nel numero della rivista del febbraio 1987 e sollevò enorme interesse sul paese, conducendo decine di scienziati stranieri e conservazionisti a visitarlo per istituire progetti di salvaguardia in collaborazione con le controparti malgasce, in uno sforzo per fermare la distruzione dell'ambiente e contrastare i problemi economici del paese.









Similmente, la pubblicità che seguì la pubblicazione nel dicembre del 1990 delle fotografie sul delta dell'Okavango in Botswana si dice abbia portato il governo di quel paese a cambiare le sue politiche riguardo a una parte del territorio per tutelarne la conservazione.
Lanting aveva, come al solito, dato più di quanto avesse preso, e nella sua determinazione a raccontare fedelmente, ha colpito l'immaginazione di persone che altrimenti non avrebbero mai provato interesse per i temi della tutela ambientale.
Resta devoto come sempre alla sua fotografia e al mondo della natura in generale.
La pazienza sarà sempre la chiave al suo approccio e la ragione per la quale la sua intuizione del mondo naturale è così chiara e ispiratrice.






Sahara: Algeria, l'uomo di Tamanrasset.




"Tamanrasset, le strade di sabbia rossa, i muri delle case impastati di fango e paglia, ombreggiati dalle verdi tamerici sahariane, Tuareg indolenti dall'ampio turbante e dalle gandure azzurre che passeggiano pigri tenendosi per mano, mercato fatto di corridoi e portici dove si ammucchiano per terra pochi legumi, datteri secchi coperti di mosche, selle da cammello, taniche di plastica, burnus di lana, aromi, ossa, misteriosi involti di farmaci africani, un fortino con quattro torri, grande cubo di terra rossa, il bordi, con una porta piccola e bassa, protetta da un muro antiariete, sulla parete a destra dell'ingresso un grosso buco che interrompe l'informità dell'intonaco screpolato come una pelle di elefante, il foro di una pallottola sparata la sera del primo dicembre del 1916".







Descrive così la mitica Tam, Gino Boccazzi nel suo "L'uomo di Tamanrasset" (Rusconi 1983) il libro che ha dedicato a padre Charles de Foucauld, il marabut bianco, l'uomo che per anni ha studiato la civiltà Tuareg ed ha cercato di mediare fra i colonialismo francese e il bisogno di libertà dei nomadi del deserto.
Era nato in Alsazia, nel 1858, De Foucauld, da una famiglia nobile che lo aveva avviato alla carriera militare iscrivendolo all'Accademia di Saint-Cyr e, giovane ufficiale, era stato mandato di guarnigione in Algeria dove aveva capito che la disciplina e le ottusità del mondo militare gli andavano troppo strette per resistere a lungo.
In più la vita nel deserto algerino lo avevano affascinato, i silenzi, i grandi cieli stellati, il canto del vento, le dune, altari naturali, eretti a salvaguardia di un mondo che non voleva aprirsi ai francesi, lo aveva spinto verso l'ascetismo, così aveva deciso di entrare in una congregazione religiosa e nel 1910 era stato ordinato sacerdote.







E subito era entrato nel deserto, in Marocco, in Algeria, quindi a Tamanrasset dove quella pallottola di cui racconta Boccazzi ha posto fine ai suoi giorni.
Una fulcilata folle, senza senso, perché De Foucauld era ben noto a tutti i Tuareg della zona ed era anche ammirato per il suo modo di comportarsi: un bianco che parlava la lingua dei Tuareg, che fraternizzava con gli schiavi, coi poveri, che viveva di nulla, che era giunto, unico in quei giorni, senza un fucile, che indossava una logora tunica, un tempo bianca, con un cuore rosso sormontato da una croce sul petto.





Erano giorni in cui il colonialismo, come per giustificare la sua violenza, non soltanto negava ai popoli sottomessi la loro cultura ma ne cancellava sistematicamente i tratti, misconoscendone i valori.
"Il marabut dal cuore rosso", si comportava ben diversamente, era l'agnello in mezzo ai lupi, perché lupi erano anche i Tuareg, uomini forti, orgogliosi, abituati a farsi giustizia da soli, gente che concepiva la razzia come un atto di coraggio, che viveva con il pugnale alla cintura.





Poi De Foucauld si era ritirato sull'Assekrem, in superba solitudine, una vetta scoscesa, aspra, crudele, fra rocce, sole, vento, elementi che sembrano riconciliare l'uomo alla vita e spingerlo verso Dio.
Una piccola casa di pietra, che ancora esiste, e dentro una scritta: "Non custodisco abbastanza la presenza di Dio".
Lassù, fra quelle rocce spigolose, feroci, nel grande silenzio rotto soltanto dalle grida dei falchi, sono nati i tanti studi di quell'uomo mite e severo con se stesso che per capire un popolo ha cercato di farne parte, di adattarsi alle condizioni locali, di amare  i più bistrattati come amava l'amenokal, il capo, del quale era divenuto amico e confidente.
Accettato dagli altri, sia pure con qualche sospetto, guardato come un diverso dai suoi, quei francesi che avevano voluto occupare anche il grande vuoto dove soltanto i Tuareg erano in grado di vivere.
Poi quello sparo, opera di un fanatico.
Ed ora le spoglie riposano a El Meniaa in un sarcofago posto vicino ad una piccola cattedrale cattolica, quella di San Giuseppe.






Pianeta scimmia: I segreti del contagioso sbadiglio delle scimmie bonobo.






Lo sbadiglio contagioso nei bonobo (Pan panicus) potrebbe essere il risultato delle abilità ematiche, seppur in una loro forma base, di questi primati, basate sul cogliere e provare in modo inconscio e automatico lo stato emozionale espresso da un altro individuo. 
A suggerirlo è uno studio pubblicato su Plos One da Elisabetta Palagi e Elisa Demuru, ricercatrici del Museo di Storia Naturale e del Territorio dell’Università di Pisa e dell’Università di Parma.
Le due studiose, osservando un gruppo di bonobo che vive in cattività nel parco primati Apenheul  (Apeldoorn, Paesi Bassi), hanno ipotizzato che il contagio dello sbadiglio potrebbe avere una funzione emozionale e comunicativa. 
Questo comportamento, una forma di comunicazione non verbale mirata a coordinare le attività del gruppo, si manifestava infatti soprattutto in presenza di individui strettamente legati fra loro. 
La correlazione fra il contagio dello sbadiglio e il legame sociale potrebbe essere ricondotto alle abilità empatiche dei bonobo. 
Vedere sbadigliare qualcuno, infatti, attiva particolari aree cerebrali coinvolte nei processi empatici. Inoltre, il sistema dei neuroni specchio, prerequisito dell’empatia, potrebbe essere la componente alla base delle azioni imitative.






Lo studio di Palagi e Demuru contribuisce a spiegare il ruolo delle femmine adulte all’interno del gruppo. 
Le due ricercatrici si sono accorte che il comportamento era più marcato quando a emettere lo sbadiglio di partenza erano gli individui femmina che, oltre a rappresentare il centro decisionale delle alleanze politiche e sociali, giocano un ruolo importante nell’influenzare gli stati emozionali degli altri membri del gruppo.

"Negli scimpanzé, specie sorella dei bonobo, sono maggiormente i maschi a stimolare gli sbadigli", spiega Elisabetta Palagi. 
"A differenza di ciò che avviene nelle comunità di bonobo, dove la dominanza è femminile, nello scimpanzé sono i maschi a detenere il potere. 
La situazione appare quindi ribaltata".
"Abbiamo osservato il contagio dello sbadiglio anche negli esseri umani e nei babbuini gelada e abbiamo ottenuto risultati simili", spiega Elisabetta Palagi. 
"Anche se finora evidenze certe riguardano solo i primati umani e non, non si può escludere che anche altre specie animali, come i cani, possano mostrare lo stesso fenomeno. 
Ci sono degli studi in corso che cercheranno di dare delle risposte".
Lo studio sui bonobo porta a ipotizzare che la connessione fra contagio dello sbadiglio e una forma base di empatia non sia dovuta a una convergenza evolutiva ma rappresenti, invece, un tratto ancestrale comune a scimmie, grandi scimmie ed esseri umani. 





martedì 27 novembre 2012

Sahara: Tunisia. Birdwatching nel Lago Ichkeul.

La grande attrazione del Lac Ichkeul sono gli uccelli acquatici.
Le anatre (fischioni, moriglioni ecc) e le oche selvatiche si cibano infatti rispettivamente delle sue piante acquatiche e delle canne palustri, e grazie alla presenza di queste piante e alla grandezza del lago questo parco è il più importante luogo di svernamento del Nord Africa per gli uccelli acquatici, arrivando a ospitare nei periodi di punta fino a 150-200.000 volatili.





Solo fra ottobre e febbraio sono presenti stormi enormi, ma le anatre continuano a essere abbastanza numerose fino a primavera, e occasionalmente si riproducono qui anche in estate.
Gli uccelli si spostano nel lago a seconda della distribuzione delle piante di cui si cibano, ma in genere i migliori punti d'osservazione sono dalla costa a nord della montagna (dal museo parte un ottimo sentiero che la fiancheggia) oppure dalle paludi di Douimis e Sejname nel lato settentrionale.
Per raggiungere quest'ultima palude bisogna andare a piedi lungo il fiume partendo dalla strada.
Oltre alle anatre e alle oche ed ad altri uccelli acquatici come folaghe e gallinelle d'acqua, il lago accoglie, lungo i suoi bordi, numerosi trampolieri; alcuni nidificano e si riproducono qui, altri vi fanno sosta durante la migrazione fra l'Europa, luogo di riproduzione, e l'Africa tropicale, dove sverneranno.
Se il livello dell'acqua è abbastanza alto, le paludi di Doumis e Sejnane sono, per tutto l'anno, luoghi ideali per i trampolieri, fra cui vi sono gruppi piuttosto grandi di avocette, cavalieri d'Italia, pivieri dorati, pavoncelle, chiurli e fratini.





In inverno si aggiungono pittime reali, pettegole e i più piccoli piovanelli, albastrelli, piro piro culbianchi e piro piro boscherecci.
Se è umido, l'estremità della palude di Joumine più vicina al passaggio a livello che i trova fuori dal villaggio di Tinja è un punto fantastico per osservare i trampolieri.
Gli aironi e le e grette si riproducono tra le canne; l'airone cenerino è stanziabile, mentre l'airone rosso è presente solo d'estate.
Altre specie avvistabile sono l'airone guardabuoi, l'airone bianco maggiore, la garzata, la sgarza ciuffetto e il tarabusino, e a volte tra le canne all'estremità settentrionale della montagna si insidia una colonia di nitticore.
Le inconfondibili cicogne bianche non si riproducono nel parco, ma nidificano nelle vicinanze e spesso si cibano ai bordi del lago, e anche spatole, ibis, fenicotteri rosa e aquile di mare frequentano queste acque.







Il lago ospita anche alcuni uccelli non comuni, fra cui il pollo sultano o porfirione, una specie rara che assomiglia a un'enorme folaga dal becco rosso e spicca per il bel piumaggio screziato di marrone; e il gobbo rugginoso, un anatide rarissimo che sverna qui in piccoli gruppi.
La presenza di così tanti uccelli acquatici, ma anche di piccoli mammiferi, rettili e anfibi, attrae pure i rapaci.
Tra questi, la specie più diffusa è il falco di palude, identificabile dalle ali spiegate mentre si lascia trasportare dalla corrente sopra i canneti e i campi circostanti in cerca di piccole prede.
Tra i falchi, sulla montagna nidificano falchi pellegrini, labari, gheppi e falconi di Barberia.
La maestosa aquila del Bonelli e il biancone volteggiano alti nel cielo, e anche la poiana codabianca si riproduce su questi pendii, che ospitano inoltre i grandi sparvieri e i nibbi bruni.







Non trascurate gli uccelli più piccoli.
Durante l'estate qui depongono le loro uova le cannaiole e i cannareccioni, e anche gli usignoli sono abbastanza comuni.
Lungo gli argini del fiume si riproduce il gruccione, e nelle sponde fangose si possono vedere spioncelli e pispole.









Anche le quaglie costruiscono il loro nido nel parco: probabilmente vi dovrete accontentare di ascoltare il loro caratteristico cinguettio che proviene dai campi circostanti, perché questi uccellini sono molto difficili da vedere.
Il grazioso codirosso algerino o di Moussier è comune tra la boscaglia della montagna, mentre l'occhiocotto è ovunque.
In estate l'averla capirossa si posa sui fili del telegrafo e sugli alberi isolati, e anche un numero esiguo di una specie imparentata e molto rara, la chagra capinera (tchagra senegala), nidifica nel parco.
La zona più settentrionale raggiunta dai bulbul (che assomigliano a dei merli di colore grigio ma hanno un canto forte e dolcissimo) è proprio la Tunisia; i  bulbi infatti sono uccelli soprattutto africani e asiatici.
Ufficialmente nel parco non è permesso fare fotografie, perché nei paraggi ci sono numerose basi militari e aeree, per cui se pensate  di venire qui muniti di pesanti teleobiettivi e altre attrezzature fotografiche, cercate di essere discreti.
Io non ho avuto nessun problema e ho portato a casa delle bellissime immagini.






India: Via ascetica.

"L'asceta unificato dalla disciplina, abbandonando il frutto dell'atto, ottiene la pace definitiva; chi non è unificato, attaccato al frutto a causa del desiderio, resta legato".
( Bhagavadgita ).






Nell'India antica l'autoemarginazione dalla società e la completa rinuncia ai beni materiali, in favore di una ricerca spirituale totale, non è mai stata solamente una scelta, come in Occidente, ma era prevista nel corso della vita dell'uomo, così come prescrivono i Dharmasutra e i Dharmashatra.
Infatti, fra i quattro ashrana (stadi della vita) di un membro maschio della società indiana, il terzo (vanaprastha) è quello dell'anacoreta che, spoglio di ogni bene, si ritira nella foresta (vana), abbandonando famiglia, casa, averi per meditare in solitudine sulla rivelazione vedica.
Questo stadio era la preparazione all'ultimo, quello del rinunciante totale (sannyasa) errante che vive esclusivamente del cibo spontaneamente offertogli, in silenzio, impassibile e dolore e piacere, in perpetua contemplazione dell'Assoluto, accompagnando la meditazione con tecniche yogiche e di mortificazione del corpo per imparare a distaccarsi sempre più dalla corporeità e dalla materialità.
Quando sente prossima l'ora della fine terrena, il sannyasa intraprende il "grande viaggio" (mahaprasthana), procedendo in linea retta verso nord-est, sostentandosi esclusivamente con l'acqua fino alla morte.
Se il Buddha, secondo la tradizione, dopo aver trascorso sei anni mortificandosi con le più dure tecniche ascetiche, giunge alla conclusione che esse siano totalmente inutili per raggiungere il nirvana, il suo contemporaneo Mahavira fa dell'ascesi un elemento fondante dell'esperienza religiosa faina.





Rilievo con dvarapala ("guardiano della porta") e asceta in posizione logica ,Tempio Ravana Phadi ad Aihole VII secolo (Karnataka).

Sulla sinistra: La postura del personaggio in equilibrio su di una sola gamba (Arjuna) raffigurato nel celeberrimo rilievo della Discesa del Gange o Penitenza di Arjuna, a Mamallapuram, e riconduce ad asana (posizioni) dello yoga.
Gli elementi da quanto si potrebbe pensare, le rappresentazioni figurate di asceti non sono numerose in India.
Si contano infatti poche immagini sia dell'induismo sia del buddismo: nel primo caso vi sono rilievi rappresentanti divinità che si sottopongono a tali pratiche.
Gli elementi iconografici che permettono il riconoscimento degli asceti sono il ventre scavato, le costole in evidenza e la barba lunga.



Statua di Siddhartha che digiuna, arte del Gandhara, II-III secolo d.C., Lahore Museo.


L'opinione del Buddha sulle pratiche ascetiche, che egli provò per sei durissimi anni e quindi abbandonò, è netta: esse sono del tutto inutili come via per l'Illuminazione, anzi distraggono dal fato ultimo.
Ciò nonostante, sono testimoniate alcune sculture che ritraggono il Buddha nel periodo in cui era un samnyasa: tuttavia esse sono limitate alla zona del Gandhara.
La presenza della barba incolta sottolinea la trascuratezza di Siddhartha, concentrato solo nella meditazione.
Dopo l'esperienza ascetica il Buddha comprese di voler trovare una "dottrina di mezzo" ovvero a metà strada fra la rinuncia assoluta e l'appagamento totale del desiderio.
Questa immagine di epoca kushana, perfettamente conservata, estremizza il gusto di matrice ellenistica per il naturalismo anatomico, evidenziando dettagli come le vene a fior di pelle, muscoli e tendini, l'infossatura delle orbite.





lunedì 26 novembre 2012

Gran Bretagna: Trovato il più grande tesoro degli antichi anglosassoni.





E' rimasto sepolto per 1.400 anni fino a quando, quest’estate, un disoccupato con la passione del metal detector vi si è imbattuto: il più grande tesoro di epoca anglosassone mai rinvenuto è stato trovato nel centro dell’Inghilterra, in quello che allora era il regno di Mercia.
Terry Herbert, questo il nome del 55enne che occupa il tempo libero perlustrando le campagne inglesi e che per caso ha scovato il prezioso bottino, ha portato alla luce oltre 1.500 artefatti militari, contenenti circa 5 chili d’oro e 2,5 chili d’argento. 

La scoperta è di grandissimo valore archeologico ed è stata fatta a luglio, ma è stata resa nota soltanto oggi. 
Il tesoro è ora custodito al Birmingham Museum and Art Gallery e alcuni pezzi andranno in mostra da domani fino al 13 ottobre. 
Secondo gli archeologi si tratterebbe di un bottino di guerra di un qualche sovrano anglosassone, ma per determinarne l’esatta origine sarà necessario almeno un anno. 




L'autorità locale dello Staffordshire, il museo di Birmingham e il Pottery Museum and Art Gallery stanno pensando di acquistare la collezione di manufatti, già battezzata 'the Staffordshire Hoard’, cioè il tesoro dello Staffordshire, e per Herbert e il suo amico contadino, sulla cui proprietà è stato rinvenuto il prezioso bottino, l’acquisto potrebbe rappresentare la fine delle ristrettezze economiche: secondo le leggi britanniche infatti, i tesori appartengono a chi li trova e la metà del ricavo della loro vendita viene per consuetudine data al proprietario del terreno. 
Sul mercato odierno, 5 chili d’oro valgono oltre100mila sterline, ma nel caso di tesori antichi come questo, il valore è decisamente più alto: nel 2007 il British Museum ha speso 125mila sterline per acquistare un pomo e un’elsa decorata di spada risalenti al 650 d.C., ovvero allo stesso periodo del tesoro dello Staffordshire.
Herbert, che da 18 anni ha l’hobby del metal detecting e che ha fatto la sua scoperta con uno strumento vecchio di 14 anni, sospetta che il suo ritrovamento abbia addirittura del sovrannaturale. «C'èquesta frase che ripeto a volte: gli spiriti di ieri mi guidino dove appaiono le monete. Quel giorno avevo sostituito la parola monete con la parola oro. 

Non so perché l’ho fatto, ma credo che qualcuno mi stesse ascoltando e mi abbia guidato. Forse doveva succedere».
Secondo Michael Lewis del British Museum, alcuni degli oggetti rinvenuti da Herbert sono talmente unici da rendere quasi impossibile assegnare loro un valore.