giovedì 19 gennaio 2012

Pakal il Grande.

Maya e Aztechi: Personaggi.
Pakal il Grande.

"Contento è il tuo cuore a causa dei tuoi discendenti"
(iscrizione in Palenque).



Nonostante l'abbondanza dei monumenti celebrativi, le origini del linguaggio reale di Palenque e del suo maggiore sovrano sono avvolte nell'oscurità.
La lista dei suoi antenati è ambigua e sembra costruita artificiosamente.
In una cultura nettamente patrilineare è sorprendente vedere che la madre di Pakal è presentata come fonte legittima del potere, mentre si dice che il padre e il nonno materno erano dei semplici nobili.
Non è dunque facile capire perchè proprio Pakal il Grande divenne re.
forse la risposta è alquanto semplice: non c'erano molti altri candidati, dato che, negli anni della sua gioventù, Calakmul aveva saccheggiato palenque e probabilmente ucciso la maggior parte della famiglia reale.
Il riscatto della sua città divenne per Pakal l'obiettivo principale del momento del suo insediamento.
Alleandosi con "Scudo" Giaguaro II di Yaxchilan riuscì a riconquistare i territori lungo il fiume Usumacinta nell'odierno Tabasco.
E' proprio da questa regione portò a Palenque due re prigionieri, uno di Pomona e l'altro si Santa Elena, che trovarono la morte a Palenque.
Più che per le conquiste militari, tuttavia, Pakal il Grande è famoso per i suoi progetti monumentali e per la straordinaria fioritura artistica avviata dal suo regno.




Tavoletta Ovale del Palazzo di Palenque, cultura Maya, Periodo Classico.


La tavoletta ovale era lo schienale del trono di pietra installato nell'EdificioE, dai Maya chiamato Sak Nuhkul Naaj (Casa dalla pelle Bianca).
Nella parte sinistra in alto un breve testo che menziona il nome della madre di Pakaòl il Grande: Signora Sak K'uk' (Bianco Quetzal).
In basso, il trono con due teste di giaguaro.
A sinistra, la madre di Pakal, genuflessa dinnanzi al figlio, gli porge la corona reale di Palenque.




Lastra sepolcrale di Pakal il Grande, Palenque, cultura Maya, Periodo Classico.


Il monumento della cultura Maya più conosciuto e pubblicato nei testi è la lastra sepolcrale di pakal il Grande.
per le sue dimensioni e il suo peso, fu posizionata sulla tomba prima della costruzione della piramide, che fu edificata in seguito attorno alla cripta.
In alto, la Divinità Ornitomorfa Principale, Itzamnaaj Muut è posata sull'albero al centro del mondo, in rappresentanza della somma divinità maya, Itzamnaaj di cui è l'alter ego.
Al centro, L'axis mundi, ovvero l'albero cosmico al centro del mondo.
In basso il volto del Dio della Terra sopra le fauci dell'Inframondo.
Sul capo reca un piatto per offerte per offerte votive, sul quale appare semisdraiato il corpo di Pakal, con le vesti di giada del Dio del Mais Risorto.
Le fauci del centopiedi gigante si spalancano per aprire l'ingresso dell'aldilà.
Il centopiedi era per i Maya un essere terribile associato alla morte e all'oltretomba.



mercoledì 18 gennaio 2012

Africa. culto degli antenati. Maschere Egungun.

Africa. culto degli antenati.
Maschere Engungun


"L'essenza della comunicazione passa attraverso gli occhi.
(proverbio yoruba, Nigeria)







Il culto egungun nasce nel regno yoruba di Oyo per poi diffondersi anche al di fuori a seguito delle migrazioni seguite alla sua caduta.
Un tempo le maschere egungun più potenti avevano il compito di uccidere le streghe e presenziavano all'esecuzione dei re condannati amorte.
Ogni anno si tengono dei festival in onore degli antenati che hanno luogo sia all'interno delle concessioni familiari che nei luoghi pubblici.
Ogni lignaggio possiede una maschera che è quella dell'antenato fondatore ma possono esserci anche altre maschere in relazione a particolari segmenti del lignaggio o individui, le cui storie vengono così rappresentate e incorporate all'interno del gruppo.




Un individuo può scoprire attraverso la divinazione che un parente deceduto richiede la fabbricazione di una maschera le cui forme saranno poi decise insieme, dall'indovino, dal propietario della maschera e dall'artista.
Dopo che l'erborista via ha inserito la "medicina" la maschera viene condotta dal capo del culto che la consacra e quindi, scortata dalle donne, va a fare visita a tutte le donne maritate che risiedono altrove.
La creazione della maschera egengun proprio per il lavoro collettivo che richiede, esprime la potenza socializzante dell'antenato all'interno del gruppo di parentela e ne rafforza l'unità.




Maschera egungun che danza.

Il costume a sacco a double face delle maschere egengun consente loro di effettuare spettacolari trasformazioni durante la danza sottolineando che "le cose non sono mai come sembrano".
Il moto vorticoso della maschera gonfia il tessuto e ci mostra come l'estetica della maschera non possa essere disgiunta dalla sua performance: infatti è solo nella danza, nel movimento che le fa acquisire forme nuove e  inaspettate che possiamo averne un'esperienza piena.
L'estetica della maschera è di tipo multisensoriale e non può essere quindi disgiunta dai canti e dalla musica che l'accompagnano.
Le maschere engungun mostrano la potenza degli antenati e la riconoscenza dei discendenti che le tengono in vita.


Il messaggio di Zahi Hawass.

Egitto, a sei mesi dallla fuga in taxi dell'ex ministro dell'Antichità, rischiando il linciaggio, scrive ai suoi fans.


Era il 19 luglio 2011, quando Zahi Hawass, l'archeologo di Mubarak, assalito dai manifestanti rischiò il linciaggio.
Ora sono parecchie le domande che ci poniamo: Cosa succederà? come andranno avanti i suoi progetti all'interno della piramide?.
Ritorniamo indietro per un attimo, a quel 19 luglio del 2011 alle ore 11 e 18.
Quando si è reso conto della fine della sua carriera, Hawass si è diretto verso la macchina di servizio per tornare a casa.
Ma l'ha trovata distrutta dalla folla inferocita.
Zahi ha così preso un taxi per scappare innosservato. I manifestanti però se ne sono accorti e hanno assalito il taxi.






Questo perchè Zahi è visto come un sopravvissuto del regime di Mubarak.
Ed inoltre, perchè avrebbe favorito il presunto furto di opere d'arte avvenuto nel Museo Egizio del Cairo e in altri siti archeologici.
L’ex Indiana Jones, probabilmente, è fuggito negli Stati Uniti, dove ha una figlia e diversi interessi economici. Come suo sostituto è stato nominato Abdel Fattah el-Banna, un restauratore di opere d’arte, che ha il merito di aver organizzato le proteste degli archeologi contro l'ex Indiana Jones.


Il messaggio di Zahi Hawass ai suoi amici.





A message to all my friends!
I am sorry that I have not updated my website for the past several weeks. I have had to spend a great deal of my time dealing with false accusations that have been made against me. I am now waiting for the Office of the Attorney General to finish their investigation; after this I will be free to publish the details of these ridiculous allegations.
I am glad to say that I have also found time to work on a book about the Egyptian Revolution, and its effect on our antiquities. I am also getting ready to start the second part of my archaeological autobiography, Secrets from the Sand Part II.
My life as a private person is very different from my life as an antiquities official, and apart from having to deal with false accusations, I am enjoying my freedom from the great responsibility I have been carrying for the past nine years. I get up early and go to my office, where I have all of my Egyptological books.
As I have done for most of my life, I work seven days a week. I do not use my private car; I take taxis and walk on the street, enjoying the crowds of Cairo. Every day I am blessed to see first-hand how so many Egyptians respect and love me.
The other day, I sat beside a taxi driver who lives in Nazlet el-Samman, the village at the foot of the pyramids. He told me that he had witnessed how some of the camel and horse drivers united against me during the Revolution, because they had seen this as an opportunity to get rid of me.
The driver told me, “Sir, anyone who loves his country should know that the project you did at the pyramids will make this area into an open museum, not a zoo like it is now.” He added that he had seen himself how so many of the drivers deceive and cheat the tourists, and that my project would make all the drivers equal, because there will be a system, controlled by police, antiquities officials, and health authorities. He also told me that the Egyptians are proud of me and love me, and that all the foreigners who ride in his taxi know me, and that this made him happy and proud. And at the end, he refused to take the taxi fare!
Another time, I was walking in Lebanon Street, waiting to cross. A car with five young men and women inside stopped and asked if they could take a picture with me, because I am the “Indiana Jones of Egypt.” I was honored to be photographed with them.
Strangers have even called me to offer their support, like one lady who said she had spent a long time trying to get my cell number, so she could tell me that many people know that the people writing against me are wrong, and not to worry. “You live in our hearts,” she told me. Another family invited me to have sohoor with them. The mother told me that her nine-year-old son was dreaming of meeting me. So I went, and brought one of my children’s books for him.
These are only a few stories of the many that I experience every day. People in Egypt never see a former minister walking in the street, but I love to do it, and love to buy things on the street and meet the shopkeepers as well.
Although I am being attacked regularly in the media, I have decided not to appear on local television, and not to spend all my time defending myself. I decided to write this short update simply to tell my friends all over the world that I am fine.
The preservation and promotion of our priceless heritage is my life, and I will never give up. I am happy now to work for antiquities as a private person, and I will always do anything in my power to help.
To my friends with love.
Zahi Hawass


giovedì 5 gennaio 2012

Resti antichi a Sansepolcro.

 

La scoperta è avvenuta in occasione dell'assistenza archeologica ai lavori in corso all'interno del cantiere






A Sansepolcro, in provincia di Arezzo, durante lavori di scavo per la realizzazione di un parcheggio multipiano, sono stati ritrovati resti antichi.
La scoperta è avvenuta in occasione dell'assistenza archeologica ai lavori in corso all'interno del cantiere.
I resti sono stati trovati nell'area centrale del cantiere, poco distante dalla Fortezza, a lato del dosso lungo via Montefeltro, all'altezza dell'incrocio con via dei Mulini.
In prossimità del dosso sono stati individuati dagli archeologi della Cooperativa Archeologia che conduce le indagini sotto la Direzione Scientifica della Soprintendenza, più strati sovrapposti, al cui interno sono stati recuperati materiali ceramici (e non solo), tra i quali i più recenti, all'esame attuale, si datano al VI secolo a.C.
Sono state individuate anche delle strutture la cui funzione e uso potranno essere appurati nel corso dell'indagine archeologica ma che, per ora, sembrano indicare una lunga frequentazione del sito, che potrebbe avere avuto una destinazione produttiva.
La necessità di definire epoche e utilizzo delle strutture venute alla luce, ma ancora non scavate stratigraficamente, ha spinto la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana a interrompere temporaneamente i lavori nel cantiere edile.
Intanto, quest'anno Sansepolcro si appresta a celebrare il Millenario, una ricorrenza per la quale sono attesi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Papa Benedetto XVI.

Profili. Ausilio Priuli.

Ausilio Priuli.





Archeologo, in costante rapporto col mondo della preistoria, perché è nato e vive in Valcamonica, anche se per il suo lavoro è spesso in giro per il mondo.
Ha operato in Italia, Europa, Russia, Africa, conducendo ricerche archeologiche, antropologiche ed etnologiche. Autore di innumerevoli saggi e monografie, tra cui un grande compendio enciclopedico sullarte preistorica in Italia. Assertore della necessità di divulgare a tutti i risultati della ricerca, ha tradotto in forma di romanzi le problematiche relative alla nascita della metallurgia nella preistoria recente, ha realizzato laboratori didattici di archeologia preistorica in tanti musei e creato parchi tematici ricostruttivi della vita preistorica tra cui: lArcheodromo e il grande Archeopark.




Ausilio Priuli nasce a Cemmo di Capo di Ponte il 6 maggio del 1951 da Giuseppe e da Giacomina Prandini.
Frequenta le scuole dell'obbligo nel paese natale poi si iscrive all'Istituto Magistrale di Breno dove nel 1970 ottiene la Maturità. In seguito frequenta la Facoltà di Lingua e Letteratura Straniera di Bergamo.
Nel 1971 ottempera al servizio militare a Brescia nel corpo delle Trasmissioni della Fanteria, dedicandosi però al restauro totale della chiesa dell'ospedale militare.
Terminato il periodo di leva si reca a Milano presso l'Università degli Studi dove nel 1980 gli viene conferito il Dottorato in Lettere con una tesi di ricerca sull'Arte Preistorica Alpina, che è stata pubblicata in Italia e all'estero.
Da subito inizia a ideare ed elaborare nuove metodologie di ricerca e di analisi delle manifestazioni paleo iconografiche e della proto statuaria e statuaria megalitica.

A lui si deve il primo compendio enciclopedico di tutta l'arte preistorica, protostorica e di tradizione italiana e dell'Arco Alpino. Nel contempo collabora con numerose riviste ed è consulente e polo di riferimento di numerosi ricercatori e studiosi italiani e stranieri, e di Istituti di Ricerca ed Università che si occupano di Preistoria e di Arte Rupestre.
In Valle Camonica fonda e dirige il Museo Didattico d'Arte e Vita Preistorica di Capo di Ponte e il Centro di Archeologia Sperimentale.

Realizza l'Archeodromo di Capo di Ponte, prima ricostruzione sperimentale in Italia di un intero villaggio Neolitico. Crea poi l'Archeopark di Boario Terme, parco tematico interattivo di circa 100.000 mq nel quale è possibile rivivere il passato movendosi nella ricostruzione di insediamenti preistorici e dove si può tentare di ripetere i gesti dell'Uomo Preistorico.
A tutt'oggi è, e rimane, l'unico Camuno professionista della ricerca preistorica.





Luoghi: Xochicalco. Messico.

Luoghi: Xochicalco
Messico Morelos 18°48' N, 99° 17'O


Xochicalco non fu la capitale di un Impero, ma una potenza regionale che riuscì a fondere armoniosamente influenze diverse.




Per quanto il territorio intorno a Xochicalco non sia dei più felici (il terreno è piuttosto povero e poche sono le aree adatte all'agricoltura), la zona è caratterizzata da una successione pressochè ininterrotta di insediamenti che va dal 900 a.C. fino alla Conquista.
I primi piccoli villaggi si svilupparono nella fase centrale (900-500 a. C.) del Preclassico Medio e rimasero dei centri di scarsa importanza per tutto il Classico.
Successivamente, verso il 650, nella zona si regitrò un esplosivo aumento della popolazione che si concentrò su una superficie di circa 4 km quadrati, attorno al Centro di Xochicalco.
le ragioni dell'improvvisa nascita della città e del suo breve ma intenso splendore sono da quasi tutti gli studiosi poste in rapporto con la crisi e la caduta di Teotihuacan, ma non sono chiare.




La spiegazione più plausibile ipotizza che l'indebolirsi dell'egemonia della metropoli della Valle del Messico, la cui influenza nella regione fu peraltro piuttosto debole, abbia provocato una serie di conflitti che spinsero l'èlite di alcune Chiefdoms o città Stato vicine a considerarsi e creare un formidabile centro fortificato, appunto a Xochicalco.
L'apogeo della città, tuttavia, fu piuttosto breve, perchè già attorno al 900 Xochicalco fu distrutta e abbandonata, anche se nella zona rimasero alcuni piccoli villaggi, che nel Periodo Postclassico Tardo subirono un'evidente influenza tlahuica.
Dopo la conquista Atzeca le rovine di Xochicalco acquistarono una certa importanza come centro religioso e nella zona furono costruiti alcuni altari e un piccolo Tlachtli.




Piramide dei Serpenti Piumati,
lato a nord della scalinata.


In alto notiamo la cornice decorata con il motivo del Gioiello del vento.
Appena sotto, sul tablero, diviso in riquadri da bande intrecciate, sono raffigurati dei personaggi con gli "occhiali di Tlaloc", una borsa di copal e un copricapo simile al glifo dell'anno.
Accanto a loro spesso si trova il glifo della mandibola e del cerchio con la croce.
La postura dei personaggi, seduti a gambe incrociate, è tipica dell'iconografia maya e , in particolare, ricorda quella dei personaggi dell'Altare Q di Copan.
In mezzo e in basso sul Talud, troviamo all'interno il Serpente Piumato, disposto a circolo, si può notare al glifo 9 casa che con la mano sinistra tiene con una corda il Glifo 11 Scimmia.
la destra è, invece, appoggiata a un riquadro con il numero 1.




Stele 3, lato A, Città del Messico, Museo Nacional de Antropologia.

Fu ritrovata, assieme alle Stele 1 e 2, in una fossa nell'atrio del Templo de las Estelas a Xochicalco.
Probabilmente poco prima dell'abbandono del sito esse furono ricoperte di cinabro, il minerale di colore rosso spesso usato per ricoprire il corpo dei defunti, e furono sepolte ritualmente.
Esse hanno restituito la più lunga iscrizione lineare dell'Altopiano Centrale prima degli Aztechi.
Purtroppo la scrittura di Xochicalco non è stata pienamente decifrata.
Nel centro notiamo una testa che esce dalle fauci di un serpente.
Secondo alcuni questo personaggio potrebbe essere Quetzacoalt che i glifi in alto e in basso potrebbero in relazione all'autosacrificio e al ruolo del dio nella nascita del Quinto Sole.
Il glifo 4 Gocce di Sangue, circondato su tre lati da una cornice che sembra una variante della "fascia celeste".






Il Marcador a testa di Pappagallo, Città del Messico, Museo Nacional de Antropologia.

Il Marcador a testa di Pappagallo è una straordinaria opera d'arte astratta nella quale acquista particolare rilevanza il vivace rapporto tra i pieni e i vuoti.
La luce filtra negli spazi aperti generando altri piani e altri disegni in un gioco ritmato di chiari e di scuri.
Vista di profilo, la solidità della scultura in pietra squadrata, in parte incisa e sottolieata nel contorno, è alleggerita dal vuoto delle narici, degli occhi e della bocca e dal movimento che crea il crescendo di queste forme tondeggianti.
Non è chiaro se la scultura fosse un segnapunti, una meta, o, come appare probabile, servisse a delimitare i campi per il gioco della palla.


mercoledì 4 gennaio 2012

I grandi Archeologi: Flinders Petrie.

I grandi Archeologi: Flinders Petrie. seconda parte.




A quell'epoca le macerie di Amarna consistevano in muri di fondazione che il vento del deserto aveva spazzato per millenni. Al mattino presto e nel tardo pomeriggio, quando i raggi del sole erano obliqui, si potevano chiaramente individuare le strade e i perimetri degli edifici.
Qua e là c'erano già stati tentativi di scavo con ritrovamenti sempre interessanti. Ma furono soprattutto le centinaia di tavolette del cosiddetto archivio di Amarna (la corrispondenza intercorsa tra i faraoni e i re dell'Asia anteriore scoperta per caso da una contadina quattro anni prima), a far sperare di scoprire cose ancor più notevoli.
Sulla base delle macerie, Petrie fu in grado di individuare le strade, di immaginare le costruzioni templari e le strutture di un palazzo: fu anche il primo a mettersi all'opera in maniera sistematica: sondò il palazzo con degli scavi e, in capo a tre giornate s'imbattè in meravigliosi dipinti pavimentali, con uccelli acquatici tra le canne e fiori esotici stupendamente colorati.
Gli ispettori governativi che sorvegliavano Flinders in ogni sua mossa, comunicarono subito il ritrovamento al Cairo; due settimane dopo, il governo provvedeva a far costruire muri di protezione intorno al trimillenario pavimento, muri e tetto che vennero pagati dagli inglesi.
Flinders trovò in seguito un secondo pavimento, per salvaguardare il quale fu necessario ampliare le strutture di protezione.
Con J. Hawarth e M. Kennard, i due assistenti che partecipavano alla spedizione a proprie spese, Petrie riportò alla luce il palazzo di Amarna.
Centrotrentadue casse con reperti in parte privi di valore furono il risultato del suo lavoro tra novembre e giugno: occorsero due mesi per imballare tutti gli oggetti rinvenuti da Petrie.
Sebbene fossero sorti dubbi sull'identificazione di tre grandi appezzamenti, Petrie era convinto che soltanto il terreno in cui egli stava scavando apparteneva al palazzo. Oltre a possedere numerosi vani, vi erano stati trovati quei frammenti di ceramica che, per esempio, era impensabile attribuire ai templi.





Petrie fece nel palazzo tre tipi di scoperte: strutture edilizie di mattoni, fondamenta di colonne in arenaria e fondamenta murarie di pietra. Sul lato meridionale del palazzo venne alla luce un portico di metri cinquecentoquarantadue colonne.
A sud-est di questo portico, Flinders, dissotterrò numerose giare da vino e da olio. La maggior parte di esse portava scritto il due, un chiaro riferimento al secondo anno di governo di Akhenaton. A nord-est del portico erano situate le dispense; furono trovati frammenti di vasi azzurri col nome di Akhenaton e quello di Nefertiti.
Ma il ritrovamento più interessante venne alla luce all'esterno, sul lato più lungo del palazzo.
Nel suo resoconto, Petrie, parla di un "grande pilastro o di una porta di città di stile non egizio, sotto cui passava a via principale: assomigliava ad un arco di tronfio romano sopra un'ampia carrozzabile fiancheggiata da due piste pedonali".




L'archeologo non tardò a trovare la spiegazione: si trattava di una costruzione di collegamento tra il palazzo situato ad occidente di via Re e la dimora privata dei sovrani che sorgeva sul lato opposto.
Il ponte serviva a Nefertiti e ad Akhenaton per passare la strada sottostante. Le eleganti stanze della coppia reale erano raggruppate intorno ad un cortile interno. uno dopo l'altro, Petrie vi scoprì diversi locali e servizi: una grande camera da letto con porte laterali che davano sui vani dove avveniva la vestizione mattutina e dove c'erano il bagno, la toilette separata e una stanza per i bambini simile ad un padiglione provvisto di alloggi per le istitutrici. Sugli avvenimenti storici portati  alla luce dagli scavi di Tell el_Amarna (1891-92) Flinders Petrie ha scritto un intelligente lavoro, il cui livello culturale è sorprendentemente alto.
Va a questo proposito ricordato che notissimi archeologi (Ludwing Borchardt, Thomas Eric Peet e John D. S. Pendlebury) conficcarono il piccone ad Amarna decine d'anni dopo di Petrie.
Il celebre busto di Nefertiti che si trova a Berlino fu rinvenuto nel territorio armaniano quando già erano trascorsi vent'anni dagli scavi britannici.
L'inizio della stagione calda costrinse gli scavatori a interrompere il loro lavoro. Petrie volle tornare a Londra, dove gli era stata riservata una cattedra di egittologia.



 

I grandi Archeologi: Flinders Petrie. Prima Parte.



Maya e Aztechi: Divinità e religione. Dei della pioggia.

Maya e Aztechi: Divinità e religione.
Dei della pioggia.


" A Tenochtitlan si chiede prestito al dio. Tra bandiere di carta, e in tutte le direzioni, ci sono persone in piedi: è il tempo del suo pianto (della pioggia)"
(poesia Azteca).




Quando si parla delle divinità della pioggia il rischio di un certo determinismo geografico-ambientale è sempre possibile. eppure, inevitabilmente, non è possibile ignorare il dato eclatante che il brusco paesaggio dalla stagione secca alla stagione delle piogge rende evidente a tutti, oggi come ieri, che senza l'arrivo delle piogge la Mesoamerica sarebbe una regione arida e inospitale.
E se, per di più, si considera che le normali oscillazioni climatiche potevano provocare improvvisi periodi di siccità e false partenze della stagione delle piogge (per esempio quando il Nino colpisce il Perù, in Mesoamerica si possono avere piogge fuori stagione), si capisce perchè tutte le culture mesoamericane abbiano attribuito particolare importanza agli dei della pioggia.
Le prime evidenti manifestazioni di un culto della pioggia appaiono nella cultura olmeca, che raffigura chiaramente scene con nuvole e gocce di pioggia.
E pare che proprio alcune tra le principali divinità olmeche, il serpente ornitomorfo e un dio della pioggia associato al giaguaro, possono essere considerati gli antenati delle divinità della pioggia delle culture successive.
Sicuramente già in quella fase si affermano alcune delle caratteristiche iconografiche degli dei della pioggia e dei loro rituali: i canini pardiantropi-ofiomorfi, le gocce di pioggia che diventano il simbolo della preziosità, il sacrificio dei bambini.
I simboli più caratteristici del dio, invece, i cerchi attorno agli occhi, i cosiddetti "occhiali di Tlaloc", compaiono solo più tardi a Teotihuacan a Monte Albàn.



La Grande Divinità, cultura Teotihuacan, periodo classico, Teotihuacan, complesso residenziale di Tetila.


La Grande Divinità, uno degli dei della pioggia e dell'acqua di Teotihuacan, qui sembra avere chiari tratti femminili, benchè sia possibile che avesse anche una controparte maschile.
Nella parte superiore si può notare il copricapo con un uccello stilizzato, forse al suo alter ego, grandi ciuffi di penne di quetzal e stilizzazioni che secondo alcuni rappresentano cuori e organi dei sacrificati.
Nel mezzo dell'immagine potete notare il complesso nariguera rettangolare e grandi orecchini discoidali.
Sono così strettamente legati alla Grande Divinità che, nella logica della rappresentazione , spesso la sostituiscono interamente.
I canini pardiantropi-ofiomorfi che sono uno dei tratti dististi del Dio della Pioggia.
Notate lateralmente le mani, con unghie dipinte di rosso. Scendono rivoli di semi e di oggetti che non sempre è possibile identificare.
Si riconoscono solo mani e conchiglie marine.




Olla Tlaloc, cultura mexica, Periodo Postclassico, Città dl Messico, Museo del Templo Mayor.


Rappresenta il vertice di una tipologia numerosa e affollata.
Gli "occhiali" del Dio della Pioggia.
Il naso è formato da due serpenti intrecciati, qui fortemente stilizzati. Le strisce oblique distinguono i corpi dei serpenti. I canini pardiantropi.ofiomorfi del Dio della Pioggia.




Chalchiuhtlicue (gonna di Giada) qui è raffigurata come "Patrona" della tredicina 1 Canna; Codice borbonicus, 5, XVI secolo, Parigi, Bibliotèque Nationale.

Nei miti cosmogonici Chalchiuhtlicue (gonna di Giada) era stata il Sole della quarta era, il Sole 4 acqua, che era durato 676 anni ed era stato distrutto da un immane diluvio quando il "cielo cade sulla terra": allora l'acqua coprì ogni cosa per 52 anni e gli uomini furono trasformati in pesci.
Chalchiuhtlicue porta una serie di indumenti e ornamenti che nei loro colori verdi e azzurri rinviano al suo nome e alle sue funzioni.
Tiene nelle mani due bastoni di comando ornati da strisce di carta macchiate di gocce di gomma.
In basso, una corrente d'acqua sgorga dal trono divino della dea e trascina persone, armi e uno degli ornamenti di Tlazolteotl, la dea che confessa i peccati.
L'acqua dunque, oltre che feconda, è pericolosa e purificatrice.
Ai bordi della corrente sono raffigurati i simboli della "preziosità" e delle conchiglie.