I nuovi reperti erano nascosti dentro alcuni filatteri ritrovati negli scavi di sessant'anni fa ma mai aperti. L'annuncio è stato dato nel corso di in un convegno alla Facoltà di Teologia di Lugano.
Sono rimasti nelle grotte del deserto per secoli. E poi nascosti per altri sessant’anni dentro quelli che erano stati catalogati solo come dei tefillin, i filatteri che l’ebreo osservante indossa per la preghiera.
Si spiega così la sensazionale scoperta di nove nuovi rotoli di Qumran, la località sul Mar Morto teatro a metà del Novecento del ritrovamento di centinaia di frammenti di testi della Torah e della letteratura giudaica di duemila anni fa.
Rotoli conservatisi grazie al microclima di un complesso di grotte del deserto – abitate da una comunità intorno alla quale esistono teorie diverse – e divenuti un punto di riferimento importante negli studi delle scienze bibliche.
Ora dunque ci sono nove nuovi rotoli di Qumran con cui fare i conti. Il ritrovamento è recentissimo ed è stato annunciato nei giorni scorsi al seminario di ricerca internazionaleLa storia delle grotte di Qumran, organizzato dalla Facoltà di Teologia di Lugano e coordinato dal professor Marcello Fidanzio.
A darne notizia è stato lo stesso archeologo Yonatan Adler, dell’Università israeliana di Ariel, che si è accorto della presenza dei rotoli dentro ai tefillin, che erano custoditi a Gerusalemme nella sezione dell’Israel Museum dedicata ai reperti di Qumran.
Si tratta di materiale proveniente dalle grotte 4 e 5, quelle che negli scavi condotti nel 1952 sotto la supervisione dell’archeologo domenicano francese Roland de Vaux videro emergere il numero maggiore di manoscritti.
Per il momento i tre tefillin in questione sono stati indagati dall’Israel Antiquities Authority con una particolare tecnica fotografica che ha permesso di stabilire che all’interno di ciascun astuccio vi sono tre rotoli. Si tratta comunque di materiale fragilissimo e quindi l’operazione di apertura richiederà adesso particolari cautele e un certo lasso di tempo.
C’è da scommettere che ci sarà chi coglierà al volo l’occasione per rilanciare la letteratura che vorrebbe Qumran come depositaria di misteri destinati a riscrivere la storia degli inizi del cristianesimo.
In realtà, almeno dai tefillin non c’è da aspettarsi sorprese del genere: dovrebbero contenere testi tradizionali della Torah, probabilmente versetti del Deuteronomio. Ma dal punto di vista dell’archeologia biblica proprio per questo si tratta di materiale di grandissimo valore.
“La nuova scoperta è la dimostrazione di come quella su Qumran sia una ricerca non ancora conclusa”, commenta il professor Marcello Fidanzio. “Per mille ragioni, soprattutto politiche, lo studio dei materiali ritrovati e la pubblicazione dei risultati è tuttora in corso”.
“Ora certamente la curiosità più grande è sapere nel dettaglio che cosa contengono i nuovi rotoli. Ma un altro aspetto importante è il fatto che negli oltre sessant’anni trascorsi dagli scavi nelle grotte le tecnologie utilizzate dall’archeologia hanno compiuto grandi passi in avanti. Questo forse ci permetterà di capire qualcosa di più attraverso i nuovi rotoli”.