Il territorio della provincia di Camaguey è il più vasto fra le province di Cuba.
La sua morfologia è caratterizzata da una costolatura centrale costituita dalla Sierra de Cubitas e dal Peniplano de Florida-Camaguey-Tunas.
La prima raggiunge m. 330 al Cerro de Tuabaquey, il secondo m. 301 alla Sierra del Chorillo, nell'area meridionale della provincia.
La catena di basse colline separa le pianure costiere, la Llanura Septentrional, che si affaccia sulle acque dell'Oceano Atlantico, e la Llanura Meridional, bagnata dalle acque del Mar dei Caraibi.
Fra le due coste intercorre la maggior larghezza dell'isola: km.120.
La costa atlantica è orlata dalle più vaste isole dell'arcipelago di Camaguey, il fratagliatissimo Cayo Romano e il Cayo Sabinal, a loro volta contornati da altre centinaia di cayo e da un'importante segmento dei 400 chilometri di barriera corallina, il secondo sistema di colonie di coralli al mondo per estensione, dopo la grande barriera corallina australiana.
Sulla costa atlantica si apre anche la bahia Lobulada di Nuevitas, uno dei quattro maggior porti dell'isola e il più importante della provincia.
La costa meridionale è paludosa e orlata da un ininterrotto filare di mangrovie.
Al largo, nelle basse e turchesi acque caraibiche, gli ultimi cayo e isolette dell'arcipelago de los Jardines de la Reina formano un composito merletto selvaggio, intrecciato da macchie di banchi di corallo, dove ai pesci di banco si affiancano aragoste di dimensioni imponenti.
E' una delle prime sette città fondate da Diego Velasquez de Cuellar.
La sua storia iniziò nel 1515 con il nome di Santa Maria del Puerto del Principe.
I suoi primi edifici sorsero sulle rive della bahia lobulada dove oggi si trova il porto di Nuevitas.
Dopo solo due anni gli spagnoli preferirono spostare l'insediamento a nord-ovest lungo la costa, alla foce del fiume Caonao, per problemi di rapporto con i Taino.
Ma anche la nuova localizzazione non consentì ai coloni una vita tranquilla.
Un incendio scoppiato nel 1528, che distrusse tutte le costruzioni in legno dell'abitato, li convinse a spostarsi nell'interno, nell'attuale sito, fra i fiumi Tinima e Hatibonico.
Ricomincia la sua storia con il nome abbreviato di Puerto Principe, ma non smettono i travagli.
nel 1616 si registra la prima rivolta di schiavi neri.
Nel 1668 l'audace pirata inglese Henry Morgan penetra all'interno del territorio e mette a sacco la città.
Il XVIII secolo segna la fioritura anche di Puerto Principe.
Vi si sviluppa l'agricoltura e in particolare la coltivazione della canna.
Ma l'allevamento detiene un ruolo sempre significativo nella vita e nell'economia della zona.
Allo scoppio della guerra d'indipendenza dei dieci anni la città aderisce prontamente alla nuova ventata antispagnola e nell'assemblea del 1868 di Guàimaro, una cittadina della provincia, spiccano due figure native della città: Ignacio Agramonte Loynaz, che diventa poi generale e muore nel 1873 in battaglia a 32 anni, e Ana Betancourt, pionera del movimento per l'emancipazione della donna.
Dopo l'indipendenza la città assunse il nome di indio attuale, che significa "figlio dell'albero".
Camaguey, a differenza delle città di fondazione come Cienfuegos e Ciego de Avila, ha una trama del tessuto urbano caotica e varia, con viuzze strette e tortuose che sbucano in piazze, piazzette e slarghi.
Una leggenda legata al mondo degli allevatori sostiene che la casualità del suo tracciato sia dovuta all'iniziativa dei primi vaqueros, che fecero passare le mandrie sul suolo dove sarebbe sorta l'attuale città, tracciando via larghe e strette secondo il passaggio causale delle bestie.
In realtà l'irregolarità della trama urbana era funzionale a una miglior possibilità di difesa e le strade strette impedivano l'ammalarsi di truppe o di gruppi numerosi e invasori.
Camaguey non ha monumenti di spicco, ma tutto il suo tessuto urbano centrale conserva uno stile coloniale ottocentesco affascinante.
La città è ricca di chiese barocche prospicienti piazzette suggestive. Ne conta oltre venti nel centro storico.
Un prodotto caratteristico della città sono i tinajones, grandi orci di terracotta alti fino a due metri e larghi quattro, che fungevano da serbatoi dell'acqua potabile nel XVIII e XIX secolo.
Vennero prodotti con l'argilla della Sierra de Cubitas da artigiani catalani che parteciparono alla colonizzazione di Puerto Principe.
Nelle case antiche del centro della città sono ancora conservati in un angolo ombroso.
Nella casa-museo di Ignacio Agramonte ne è conservato uno nel patio centrale.
Piccoli tinajon sono prodotti ancor oggi con lo stesso materiale e le stesse forme, come souvenir della città.
La leggenda racconta che chi beve l'acqua dal tinajon ritornerà a Camaguey.