lunedì 26 novembre 2012

Svelato il mistero del "Canto delle dune", il suono emesso dal deserto.





Sin dall'antichità studiosi ed esploratori erano rimasti incantati dai suoni che talvolta emanavano dalle dune del deserto.
Il vento li diffondeva e nessuno ne riusciva ad individuare la vera origine. 
Nel corso dei secoli in molti hanno tentato di trovare una spiegazione scientifica al fenomeno ma l'unica certezza a cui si era giunti era quella che tali suoni si generassero soltanto in presenza del vento e che probabilmente fosse proprio questo a causarli. 
Ma in che modo, ancora nessuno era riuscito a spiegarlo. 
Come poteva il vento che spirava tra le dune fare sì che queste cantassero?
Il canto delle dune, un suono basso simile a un gemito o a un ronzio, è stato per secoli oggetto di interesse. 
Ha affascinato Marco Polo durante i suoi viaggi e ha incuriosito Charles Darwin: nei suoi racconti di viaggio in Cile ha scritto che i cittadini della valle di Copiapó avevano soprannominato una collina di sabbia «El Bramador» per i gemiti che emetteva quando la sabbia scorreva lungo il pendio.





Ma solo a partire dalla fine del XIX secolo sono state realizzate osservazioni scientifiche, che hanno fatto luce sulla voce del deserto: in primo luogo, non tutte le dune cantano, ma tutte quelle che lo fanno sono composte da sabbia asciutta e ben ordinata.  
E in secondo luogo, il suono è generato spontaneamente quando la sabbia scivola verso il basso su un fianco della duna, a causa dell’azione del vento o del calpestio.
Inoltre, mentre alcune dune hanno la capacità di emettere un suono fino a 110 decibel, a una frequenza ben definita, altre invece intonano più note contemporaneamente. 
Lo rivela uno studio, condotto sia sul campo sia in laboratorio, dai ricercatori dell'Università Paris Diderot e pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters.
Per capire a cosa sia dovuta questa differenza, il fisico Simon Dagois-Bohy ha registrato «in presa diretta» il canto di due dune: una vicino Tarfaya, città portuale nel sud-ovest del Marocco, e una nella città costiera di Al-Askharah nel sud-est dell'Oman. 
In Marocco, la sabbia canta in sol diesis, costantemente a 105 hertz circa.
La duna dell'Oman, invece, «canta molto bene, ma è impossibile identificare una singola frequenza»: genera infatti una cacofonia, emettendo più suoni in ogni possibile frequenza tra 90 e 150 hertz, ovvero dal fa diesis al re. 
A quanto pare, il suono emesso, o meglio le caratteristiche spettrali molto diverse dipendono dalla dimensione dei granelli di sabbia.
Una duna composta da granelli polidispersi produce uno spettro acustico molto ampio e rumoroso, mentre una duna di grani più omogenei produce una frequenza ben definita. La duna dell’Oman è formata infatti da granelli il cui diametro varia dai 150 ai 310 micron (milionesimi di metro): una gamma molto più ampia rispetto alle controparti marocchine, dalle dimensioni di 150-170 micron.





Anche dalla verifica in laboratorio è emerso che è la loro dimensione a determinare la frequenza delle note. In laboratorio i ricercatori hanno ricreato, infatti, mini-valanghe in miniatura, con 50 chili di sabbia raccolti dalla duna del Marocco e 150 chili dalla duna di Al-Askharah, e ne hanno registrato il suono. 
La sabbia della penisola dell’Oman è per natura più rumorosa, ma setacciando solo i granelli dal diametro tra i 200 e 250 micron, anche questa sabbia ha emesso un tono ben definito: una sola nota a circa 90 hertz.
«Questo suggerisce che la granulometria è un fattore importante nel determinare il canto delle dune», spiega Dagois-Bohy. 
«La frequenza del suono», aggiunge, «non dipende dalla dimensione o dalla forma della duna, né dalle vibrazioni negli strati di sabbia sottostanti provocati dal movimento della sabbia in superficie, ma dal diametro dei singoli granelli».
Che, in base alla dimensione e al modo in cui scivolano sulla superficie, possono dare origine a uno spettro acustico ampio e rumoroso oppure a frequenze specifiche e ben definite. 





Il suono infatti è prodotto dal moto sincronizzato dei singoli granelli.
Le dune formate da granuli di dimensioni diverse producono una gamma più ampia di note contemporaneamente, perché diversa è la velocità alla quale i diversi granelli scivolano verso il basso durante una valanga. 
Se la duna invece è formata da granelli della stessa dimensione, i flussi di sabbia si muovono a velocità più sincrone, e il suono si restringe a tonalità specifiche.
«Ancora non è chiaro come il movimento dei flussi di sabbia si traduca in suoni simili alle note musicali», sottolinea Dagois-Bohy. «Un’ipotesi è che i granelli di sabbia che scorrono sincronizzati vibrino all'unisono. 
E le migliaia di vibrazioni spingono l'aria come la membrana di un altoparlante».