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domenica 14 aprile 2013

Che rumore ha fatto il Big Bang: ecco il suono.






John Cramer dell’Università di Washington ha da anni un pallino, quello di ricostruire il “suono” della colossale esplosione da cui ha avuto origine il nostro Universo.
E quando la missione Planck ha pubblicato la sua dettagliatissima mappa della radiazione cosmica di fondo, appunto l’impronta fossile del Big Bang, non ha perso tempo e l’ha trasformata in “musica”.
L’effetto è simile a quello per cui, come spiegano i sismologi, in caso di terremoto di magnitudo 9 l’intero pianeta inizia davvero a “suonare”. In questo caso, parliamo invece di un suono che ha percorso l’intero universo, prima che questo si espandesse.
“Lo stesso spazio-tempo suona quando l’universo è sufficientemente piccolo”, spiega Cramer, che di mestiere fa il professore di fisica all’Università di Washington e ha lavorato per anni al Relativistic Heavy Ion Collider dei Brookhaven National Laboratory.

Tutto comincia nel 2001, quando Cramer scrive quasi per gioco un articolo divulgativo descrivendo il probabile suono del Big Bang sulla base dei dati sulla radiazione di fondo. Un paio di anni più tardi si vede arrivare per posta la domanda di una donna in Pennsylvania il cui figlio undicenne stava lavorando a una tesina sul Big Bang: qualcuno ha mai registrato il suono del Big Bang?
Cramer risponde di no, ma poi pensa che nulla impedisce di farlo. Con l’aiuto di un software chiamato Mathematica, converte i dati sulla CMB in suoni. Cento secondi di registrazione corrispondono al suono dell’Universo da circa 380.000 anni dopo il Big Bang fino a 760 mila anni dopo il “botto”.
“In quel caso le onde sonore non corrispondevano a variazioni di temperatura, ma a vere onde sonore che si propagano per l’universo,” spiega.  
Ora Planck ha messo a disposizione dati più completi e complessi rispetto alle missioni precedenti, rilevando variazioni di temperatura di pochi milionesimi di grado nella radiazione cosmica di fondo. Cramer ha ottenuto così una “musica” molto più raffinata.
“Mentre l’universo si raffreddava e si espandeva, le lunghezze d’onda si allungavano, creando qualcosa di simile al suono di un basso” spiega. In effetti era così “basso” che Cramer ha dovuto aumentare la frequenza di un fattore 100 seguito da 24 zeri per ottenere suoni udibili dagli esseri umani.