Circa 3,6 milioni di anni fa, almeno due individui si diressero a nord attraverso questo altipiano circondato da vulcani, lasciando le loro impronte nella cenere caduta da poco e resa umida da una leggera pioggia.
Con il tempo la cenere si essiccò e si indurì conservando intatte le tracce; quindi gli strati di cenere prodotti da nuove eruzioni le ricoprirono, contribuendo a conservarle.
Messe a nudo dall'erosione di milioni di anni, le impronte sembravano lasciate il giorno prima.
Era tutto perfettamente visibile: arco del piede, tallone arrotondato, rotondità ben definita, alluce puntato in avanti.
Era anche molto visibile la pressione che indicava un'andatura decisa.
Le impronte di una serie erano più grandi delle altre e appartenevano a un ominide alto forse un metro e quaranta; l'altro ominide, di un metro e venti circa, sembrava avesse camminato qualche passo avanti.
Ce n'era poi almeno un altro che seguiva a qualche metro di distanza.
"Può essere che il più alto fosse un uomo, e l'altro invece una donna?" , si chiedeva Mary Leakey. "Oppure si trattava di un adulto e di un adolescente?, non credo che riusciremo mai a scoprirlo con certezza".
Ma in uno di questi gesti fossilizzati a Mary sembrava di intravedere un "momento d'incertezza".
A questo punto, infatti, l'ominide più basso doveva essere fermato e girato verso sinistra, "per controllare forse un pericolo in arrivo o un'irregolarità", ipotizzò Mary.
"Questo movimento così pienamente umano va al di là del tempo".
Qualunque cosa noi possiamo immaginare su questi esseri intenti ad attraversare la savana, dalle loro impronte una cosa appariva perfettamente chiara: camminavano eretti e affrontavano il loro mondo stando comodamente su due piedi.
Le impronte misero anche a tacere un futile dibattito che si trascinava oramai dai tempi di Darwin: quale aspetto degli ominidi si sviluppò per primo, il cervello più grosso o la postura eretta? Questi scimpanzé intelligenti che 3,6 milioni di anni fa attraversarono la piana di Laetoli dimostrarono la priorità della postura eretta, la quale probabilmente favorì lo sviluppo del cervello come conseguenza del fatto che a quel punto dell'evoluzione le mani erano libere: ciò è quanto sosteneva una teoria che venne rafforzata da questa scoperta.
Infatti, realizzando strumenti, portando in braccio i bambini e svolgendo altri compiti manuali, gli schemi celebrali ebbero forse modo di affinarsi.
Gli esseri che avevano lasciato le impronte di Laetoli potevano essere simili a Lucy? Hadar e Laetoli sono distanti più di millecinquecento chilometri, e le orme in questione erano più antiche di 400.000 anni rispetto a quelle impresse dagli ominidi di Hadar.
Eppure molte similarità accumunavano i fossili di quest'ultimo sito e gli ominidi di Laetoli che hanno la stessa età delle impronte ritrovate.
Le somiglianze sono tali e tante che nel 1978 Don Johanson e un suo collega, Tim White ( che operava in un sito nella regione di Afar, 70 chilometri a sud di Hadar), battezzarono una nuova specie, l'Australopithecus afarensis, che comprendeva tutti i fossili, sia di Hadar sia di Laetoli.
Secondo quanto comunicarono, si trattava dell'antenato comune dell'Homo e dei più recenti australopitecini come l'Australopithecus africanus e l'Australipithecus boisei.
Sull'albero genealogico la folla delle Lucy occupava tutto il tronco.
Alcuni scienziati dissentivano da questa interpretazione e nessuno più di Mary e Richard Leakey, i quali credevano che alcuni fossili di entrambi i siti appartenessero a forme primitive di Homo.
Altri scienziati si chiedevano, inoltre, il perché delle differenze così marcate riscontrabili nelle dimensioni degli ominidi di Hadar.
Al contrario di quanto avviene nelle favole, però, è probabile che questa ricerca del nostro primo antenato non abbia un finale ben chiaro.
La possibilità che un fossile di ominide possa sopravvivere per milioni di anni è minuscola e, anche nel caso fortunato, è ancora più remota la possibilità che un ricercatore di fossili riesca ad avvistare un reperto del genere.
Nel migliore dei casi il solo assemblaggio dei pezzi della storia è un processo discontinuo, perché ci sono stagioni fruttifere e stagioni magre.
Le carrière molto produttive, come quella di Mary Leakey, rallentano con l'avanzare dell'età, oppure vengono sostituite da altre passioni: nel caso di Richard Leakey, per esempio, dallo studio della condizione della fauna selvatica in Africa.
Negli anni ottanta, la pista degli afarensis si rffreddò, poiché la situazione politica instabile tenne Johanson e gli altri fuori dall'Etiopia, ma saltuariamente alcuni scienziati
in dissenso hanno provato a rifarsi agli alberi evolutivi teorici quando sono stati rinvenuti nuovi fossili di ominidi.
Era tutto perfettamente visibile: arco del piede, tallone arrotondato, rotondità ben definita, alluce puntato in avanti.
Era anche molto visibile la pressione che indicava un'andatura decisa.
Le impronte di una serie erano più grandi delle altre e appartenevano a un ominide alto forse un metro e quaranta; l'altro ominide, di un metro e venti circa, sembrava avesse camminato qualche passo avanti.
Ce n'era poi almeno un altro che seguiva a qualche metro di distanza.
"Può essere che il più alto fosse un uomo, e l'altro invece una donna?" , si chiedeva Mary Leakey. "Oppure si trattava di un adulto e di un adolescente?, non credo che riusciremo mai a scoprirlo con certezza".
Ma in uno di questi gesti fossilizzati a Mary sembrava di intravedere un "momento d'incertezza".
A questo punto, infatti, l'ominide più basso doveva essere fermato e girato verso sinistra, "per controllare forse un pericolo in arrivo o un'irregolarità", ipotizzò Mary.
"Questo movimento così pienamente umano va al di là del tempo".
Qualunque cosa noi possiamo immaginare su questi esseri intenti ad attraversare la savana, dalle loro impronte una cosa appariva perfettamente chiara: camminavano eretti e affrontavano il loro mondo stando comodamente su due piedi.
Le impronte misero anche a tacere un futile dibattito che si trascinava oramai dai tempi di Darwin: quale aspetto degli ominidi si sviluppò per primo, il cervello più grosso o la postura eretta? Questi scimpanzé intelligenti che 3,6 milioni di anni fa attraversarono la piana di Laetoli dimostrarono la priorità della postura eretta, la quale probabilmente favorì lo sviluppo del cervello come conseguenza del fatto che a quel punto dell'evoluzione le mani erano libere: ciò è quanto sosteneva una teoria che venne rafforzata da questa scoperta.
Infatti, realizzando strumenti, portando in braccio i bambini e svolgendo altri compiti manuali, gli schemi celebrali ebbero forse modo di affinarsi.
Gli esseri che avevano lasciato le impronte di Laetoli potevano essere simili a Lucy? Hadar e Laetoli sono distanti più di millecinquecento chilometri, e le orme in questione erano più antiche di 400.000 anni rispetto a quelle impresse dagli ominidi di Hadar.
Eppure molte similarità accumunavano i fossili di quest'ultimo sito e gli ominidi di Laetoli che hanno la stessa età delle impronte ritrovate.
Le somiglianze sono tali e tante che nel 1978 Don Johanson e un suo collega, Tim White ( che operava in un sito nella regione di Afar, 70 chilometri a sud di Hadar), battezzarono una nuova specie, l'Australopithecus afarensis, che comprendeva tutti i fossili, sia di Hadar sia di Laetoli.
Secondo quanto comunicarono, si trattava dell'antenato comune dell'Homo e dei più recenti australopitecini come l'Australopithecus africanus e l'Australipithecus boisei.
Sull'albero genealogico la folla delle Lucy occupava tutto il tronco.
Alcuni scienziati dissentivano da questa interpretazione e nessuno più di Mary e Richard Leakey, i quali credevano che alcuni fossili di entrambi i siti appartenessero a forme primitive di Homo.
Altri scienziati si chiedevano, inoltre, il perché delle differenze così marcate riscontrabili nelle dimensioni degli ominidi di Hadar.
Al contrario di quanto avviene nelle favole, però, è probabile che questa ricerca del nostro primo antenato non abbia un finale ben chiaro.
La possibilità che un fossile di ominide possa sopravvivere per milioni di anni è minuscola e, anche nel caso fortunato, è ancora più remota la possibilità che un ricercatore di fossili riesca ad avvistare un reperto del genere.
Nel migliore dei casi il solo assemblaggio dei pezzi della storia è un processo discontinuo, perché ci sono stagioni fruttifere e stagioni magre.
Le carrière molto produttive, come quella di Mary Leakey, rallentano con l'avanzare dell'età, oppure vengono sostituite da altre passioni: nel caso di Richard Leakey, per esempio, dallo studio della condizione della fauna selvatica in Africa.
Negli anni ottanta, la pista degli afarensis si rffreddò, poiché la situazione politica instabile tenne Johanson e gli altri fuori dall'Etiopia, ma saltuariamente alcuni scienziati
in dissenso hanno provato a rifarsi agli alberi evolutivi teorici quando sono stati rinvenuti nuovi fossili di ominidi.