La loro terra è stata invasa a partire dalla fine del diciottesimo secolo, con conseguenze disastrose.
La terra è un elemento cruciale per gli Aborigeni, e intorno ad essa ruota tutta la loro esistenza materiale e spirituale. Prima della colonizzazione, la maggior parte degli Aborigeni abitava in comunità semi-stanziali lungo le coste, sostentandosi di agricoltura e dell’allevamento di pesci e animali.
Gli Aborigeni che popolavano invece il bush o il deserto dell’entroterra vivevano di caccia e di raccolta.
Bruciavano le sterpaglie per favorire la crescita delle piante preferite dalle loro prede ed erano molto esperti nella ricerca dell’acqua.
Oggi, piú della metà degli Aborigeni risiede nelle città, spesso condizioni terribili nelle periferie più degradate.
Molti lavorano come braccianti in quelle stesse fattorie che hanno occupato le loro terre ancestrali ma altri, soprattutto nella parte settentrionale del continente, rimangono radicati nelle loro terre e vivono ancora di caccia e raccolta.
Gli Aborigeni sono stati derubati delle loro terre sin dai primi anni della colonizzazione britannica. Il principio giuridico che regolava la questione indigena nella legislazione inglese e, pertanto, anche in quella australiana, era quello della "terra nullius": un principio che definiva la terra australiana prima dell’arrivo dei Britannici come una terra vuota, una terra di nessuno che, pertanto, poteva essere legittimamente occupata dai coloni.
Il principio è rimasto legalmente in vigore fino al 1992 e, oggi, gli Aborigeni stanno ancora aspettando la restituzione della maggior parte delle loro terre.
Il furto e la distruzione dei territori ancestrali hanno avuto su di loro un impatto sociale e fisico devastante.
Le prime invasioni portarono con sé epidemie che sterminarono migliaia di Aborigeni, mentre molti altri furono massacrati per mano dei coloni.
Nell’arco di un solo secolo dall’arrivo dei colonizzatori, la popolazione aborigena si ridusse da un numero presunto di almeno un milione di persone a soli 60.000 individui.
Nel corso del ventesimo secolo, allo sterminio diretto si è sostituita una politica brutale, volta a togliere i bambini aborigeni ai loro genitori, per affidarli alle famiglie dei bianchi o ai collegi dei missionari, con l’obiettivo di sradicare ogni traccia della loro cultura e della loro lingua.
La "generazione rubata", così come gli Aborigeni stessi la definiscono, rimane una ferita aperta nel cuore di tutto il popolo aborigeno.
Gli Aborigeni sono ancora oggi oggetto di razzismo e violenze, e molti di loro vivono in condizioni disumane.
Di conseguenza, soffrono un tasso di suicidi e mortalità infantile molto superiori a quelli del resto della popolazione, e hanno un’aspettativa di vita molto più bassa; inoltre, il numero degli Aborigeni in carcere è altissimo.
Nonostante l’abolizione del principio razzista della "terra nullius" avvenuta nel 1992, il governo australiano continua a fare di tutto per ostacolare le rivendicazioni territoriali degli Aborigeni.
Ciò nonostante, alcune tribù come quella dei Martu dell’Australia occidentale, sono finalmente riuscite a farsi riconoscere i diritti di proprietà sulle loro terre.
Survival ha raccolto fondi per alcuni progetti che aiutano gli Aborigeni a lasciare le città per ritornare nelle loro terre. Sosteniamo inoltre le cause che gli Aborigeni portano nei tribunali e in parlamento per vedersi riconoscere i titoli di proprietà delle loro terre in virtù del "Native Title" (Titolo Nativo).
Survival ha anche dato il proprio sostegno alla campagna condotta dai Mirrar nei Territori del Nord contro l’apertura di una miniera di uranio sulla loro terra sacra: la campagna ha avuto successo e la compagnia mineraria ha per ora rinunciato al suo progetto.