( Proverbio Bamileke, Cameroun ).
Il termine chefferie, solitamente tradotto in italiano con "dominio", indica nella letteratura antropologica una sorta di livello intermedio fra le società acefale e quelle statuali.
Si tratta di una nozione che presenta qualche ambiguità in quanto i "capi" in Africa sono stato spesso una creazione coloniale, un tramite fra l'amministrazione europea e le popolazioni locali.
Similmente oggi, con l'avvento del multipartitismo in molti stati africani, i "capi tradizionali" sono serviti come efficaci collettori di voti.
Le stesse difficoltà rincontrate dagli stati postcoloniali nel creare una forte identità nazionale, d'altronde, ha contribuito a un rilancio delle autorità e delle appartenenze locali.
Negli altopiani del Cameroun occidentale a partire dal XV secolo, si è formato un mosaico di piccoli regni ( Bamun, Bamileke, Tikar ), quasi un centinaio, risultanti dalla sovrapposizione di popolazioni già presenti in zona con altre provenienti da aree vicine.
Si tratta dunque di strutture politiche che non hanno una base etnica omogenea ma che trovano la loro unità nel riconoscimento del potere politico e religioso del sovrano ( fo ).
Presso i Bamileke il fo amministra la terra distribuendola fra le diverse famiglie; pur non essendo una figura divina ha un potere sacrale che gli deriva dall'antenato fondatore: da lui dipende la fecondità della terra e delle donne e quindi la prosecuzione della vita e il benessere della comunità.
La figura del re è sacra in quanto il suo corpo è un grande contenitore di forza vitale, che stà nel sangue ricevuto dagli antenati, nella saliva e nello sperma.
A questo alludono anche molti degli emblemi del potere, che sono appunto "contenitori", come la pipa e il corno per il vino di palma.
Il corno si trasmette di re in re e contiene la forza di tutti quelli che vi hanno bevuto lasciandovi la loro saliva e le loro parole (quando si parla su si un corno si può dire solo la verità).
Il re Ngnie Kamba di Bandjoun ( 1934-2003 ), Bamileke ( Cameroun )
Al centro: Il trono reale Kuo Fo presenta due personaggi maschili come schienale; si tratta forse dei guardiani e protettori del re.
Il gesto della mano che sorregge il gomito dell'altro braccio, la cui mano a sua volta sostiene il mento, è il saluto che in segno di rispetto si rivolge al re.
Sulla sinistra e al centro, le zucche ricoperte di perline di vetro sono fra gli oggetti più sacri: alludono al re e alla sua fecondità e sono simbolicamente associate all'acqua.
Quella che il fo versa dalle zucche "senza fondo" è un'acqua che non finisce mai e che assicura l'arrivo delle piogge da cui dipende la fertilità dei campi.
Con la loro presenza le zucche sacre delimitano lo spazio rituale.
In basso: ai piedi del re una pelle di leopardo e una zanna di elefante che sono emblemi del potere reale.
Al fo si attribuisce anche il potere di trasformarsi in una pantera, in elefante, in bufalo o in un boa.
Quindi, in modo simile ad altri re africani, la sua figura possiede un lato terribile e oscuro: come tutto ciò che è sacro, il re allo stesso tempo benefico e pericoloso.
La costruzione sullo sfondo ( nemo ) è il luogo in cui il re si riunisce con il consiglio dei nove ( mkamvu' u ), l'organo politico-religioso composto dai difendenti dei compagni del primo re di Bandjoun ( un cacciatore venuto di nord ) e dei capi locali sottomessi.