Nato in Alabama, Michael “Nick” Nichols si è spinto negli angoli più remoti del pianeta realizzando fotografie che hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti.
Nel 1996 è entrato a far parte dello staff della National Geographic Society, per la quale ha realizzato oltre 20 servizi.
Ha trascorso due anni al seguito della spedizione Megatransect, percorrendo a piedi 3.219 km dalle foreste pluviali del Congo alla costa atlantica del Gabon.
Testimonianza preziosa di questa spedizione è il volume L’ultimo abisso verde. Ha vinto quattro premi World Press Photo e altri importanti riconoscimenti.
Nel 1982 l’Overseas Press Club of America gli ha conferito un premio per aver fatto “molto più del proprio dovere”, un onore riservato in genere ai fotografi di guerra.
Nichols è nato nel 1952 e la sua passione per la fotografia ha avuto inizio negli anni ’70 quando è stato assegnato all’Unità fotografica dell’esercito americano.
Dal 1982 al 1995 è stato membro dell’agenzia fotografica Magnum.
Nichols non ha mai incontrato un ostacolo che non sia riuscito a superare. Volete catturare una rara immagine di un leopardo di notte? Individuate una pozza d’acqua, inventatevi una “trappola fotografica” e lasciate che sia il leopardo stesso a scattare la fotografia.
Siete in missione in Africa per qualche mese e finite la pellicola per luce diurna? Utilizzate quella con la sensibilità minore che avete. Amici e conoscenti usano solo pellicole in bianco e nero? Beh, voi scattate a colori, con il flash. Per quasi 40 anni Nichols non ha smesso di sperimentare.
Negli anni ’70 ha firmato servizi sul rafting e sulle arrampicate per la rivista American Geo. Ha anche preparato degli speciali per Rolling Stone.
Quando si rese conto di poter creare un po’ di movimento nelle sue fotografie con una combinazione di flash e luce naturale, è stato impossibile fermarlo, finché si è guadagnato il nomignolo di “photo vivitar”.
Nel 1980, per realizzare un servizio sui gorilla di montagna, applicò le tecniche che aveva imparato nei documentari fotografici sulla natura, inaugurando un modo nuovo di osservare gli animali.
“Voglio catturare il mistero che c’è laggiù”, ha dichiarato Nichols descrivendo le fotografie mosse, panoramiche e scattate con un flash a schiarita che realizza oggi. “Nelle mie fotografie voglio celebrare la natura selvaggia, non addomesticarla”.
Oggi Nichols si è rivolto al digitale nel modo più proficuo possibile. Il primo servizio l’ha realizzato sul Grand Canyon, poi ha fotografato gli elefanti nel Ciad dove, per ricaricare il computer, ricorreva alla batteria del suo camion o a un generatore portatile.
Adora la capacità delle fotocamere digitali di lavorare bene in condizioni di illuminazione ridotta, sotto la volta della giungla. La nuova tecnologia, ha dichiarato, sta ringiovanendo la sua creatività perché ora è in grado di sperimentare in modi inesplorati.
“Mi spingo sempre oltre con la velocità di otturazione e ora, finalmente, posso verificare se funziona” ha dichiarato Nichols, che ha appena concluso un documentario sul tour dei Rolling Stones “A Bigger Bang”.
Ogni sera ha sperimentato una nuova velocità di otturazione. La prima sera ha scattato solo a 1/15 di secondo.
La seconda a 1/20. La terza a 1/25 di. “Sono riuscito a scattare a 1/25 e le fotografie ancora esprimevano una grande energia”.
Nichols ha imparato a fotografare nell’esercito, dove la regola era f/8, punto e basta. “Bisognava scattare, prima di preoccuparsi della tecnica”, ricorda Nick, che per la maggior parte della carriera si è dedicato a missioni impossibili.