A soli 30 minuti a nordovest da Napoli, si trova uno dei siti
archeologici più affascinanti dell'antica Roma: la città sommersa di
Baia. Nel territorio di Baia insistono numerose vestigia dell'età
romana; tuttavia parte del complesso archeologico rimane sotto il
livello del mare, sprofondato a causa di fenomeni bradisismici.
Baia è stata una delle città più importati dell’antica Roma.
Utilizzata come località balneare dai romani, la città si affacciava sul Golfi di Pozzuoli dell’allora Campania Felix.
Certamente era un luogo destinato agli imperatori e ai ricchi romani,
i quali trascorrevano il loro tempo libero nelle lussuose ville e le
sontuose terrazze che affacciavano sul golfo.
In alcuni periodi, Baia, costruita durante il periodo dell’imperatore
Claudio, divenne più famosa di Pompei, Ercolano e Capri. E come queste,
essa fu città di scandali, corruzioni e tentazioni edonistiche, secondo
quanto riportano i documenti antichi.
Seneca, uno dei più importanti filosofi dell’epoca, definiva Baia il
“Villaggio del Vizio”, mentre Ovidio, poeta romano, descriveva la
cittadina come un “luogo appropriato per fare l’amore”. Ad ogni modo,
Baia era famosa soprattutto per i suoi bagni prestigiosi e le sorgenti
termali naturali.
Oggi, però, Baia non è più un parco giochi per gli imperatori romani,
ma un vero tesoro per gli appassionati di esplorazioni subacquee. La
cittadina, infatti, si trova sommersa sotto pochi metri d’acqua, con
tutte le sue ville, statue e strade ancora visibili.
Lo sprofondamento di Baia si deve al fenomeno del braditismo.
Essendo collocata nell’aera vulcanica dei Campi Flegrei, il suolo su
cui poggia Baia è andato su e giù per quasi 2 mila anni. Alla fine, il
terreno si è tanto abbassato da finire sotto il livello del mare.
L’ambiente sottomarino ci riporta indietro nel passato: tra i reperti
meglio conservati ci sono le statue in marmo, la strada principale
Herclanea e il circostante complesso termale.
Il
primo recupero delle vestigia archeologiche di Baia è avvenuto nel
1920, quando nel corso di alcuni lavori per l’ampliamento delle banchine
vennero rinvenute le sculture, alcuni elementi architettonici e alcune
insegne imperiali.
Nel 1940, alcune fotografie aeree scattate dal pilota Raimondo
Buacher fornirono l’ulteriore prova della zona archeologica sommersa
nelle acque poco profonde di fronte al Lago di Lucrino. Nonostante il
notevole interesse sollevato dalla scoperta, la prima indagine
sottomarina di Baia non avrà luogo fino al 1960, le quali contribuirono
alla composizione della mappa della città sommersa.
Interessanti reperti sono stati individuati anche in prossimità di
Punta Epitaffio, a circa 6 metri di profondità: una strada lastricata
fiancheggiata da edifici e statue. Inoltre, a circa 400 metri dalla
costa attuale, sono stati ritrovati numerosi pilatri di cemento, i quali
confermano la posizione della costa in antichità.
Attualmente, i resti archeologici sommersi fanno parte del Parco Sommerso di Baia, un area marina protetta istituita nel 2002 con decreto congiunto del
Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e di quello per i
Beni e le Attività Culturali, l’area rappresenta, assieme al Parco
sommerso di Gaiola, un esempio unico in ambito Mediterraneo di
protezione archeologica e naturalistica subacquea.
Lo straordinario valore di tali siti è dato sia dal notevole stato di
conservazione dei reperti archeologici, oltre che dal loro valore
storico archeologico oggettivo. Il luogo è straordinariamente
suggestivo, e fa di questo tratto dei fondali una piccola Atlantide
romana.