Ta'aroa chiamò, ma nulla rispose, ed esistendo da solo si è mutato nell'universo".
(Mito Tahitiano).
Credenze e pratiche religiose in Oceania sono state trasformate dall'opera di evangelizzazione di diverse denominazioni cristiane.
Il processo di conversione in molti casi ha comportato la denigrazione delle credenze autoctone e delle loro manifestazioni del potere del diavolo.
Un fenomeno che quasi ovunque ha accompagnato la conversione è stato quello della distruzione delle rappresentazioni materiali delle divinità autoctone, considerate feticci o idoli pagani e a volte offerte volontariamente ai missionari dai proseliti.
E' ironico che spesso gli unici esemplari rimasti siano i pochi preservati dai missionari, che li riportavano in patria per sollecitare donazioni; oggi si trovano nei musei delle grandi capitali delle potenze coloniali.
Il panorama delle cosmologie tradizionali in Oceania era complesso: mentre la presenza di divinità in Australia, Melanesia e Micronesia, o perlomeno di rappresentazioni materiali di tali figure, è argomento dibattuto, le religioni polinesiane erano accumunate dalla deificazione di figure ancestrali.
Secondo Kirch e Green, gli antenati deificati erano la fonte originaria delle società in Oceania centrale.
Gli uomini e le donne derivavano infatti dai propri progenitori deificati, che continuavano a essere la fonte vitale della loro crescita e fertilità attraverso la trasmissione del mana, in base al quale si determinavano anche le relazioni gerarchiche nella società.
Gli dei costituivano una presenza costante ed attiva nella vita quotidiana dei polinesiani, erano vettori di poteri vitali, ma al contempo pericolosi, che dovevano essere contenuti e controllati tramite tapu che regolavano il contatto con essi.
Il dio cristiano è entrato a far parte della vita religiosa in tutta l'Oceania.
Diverse forme di cristianesimo sono praticate, secondo la storia delle missioni che hanno avuto influenza in luoghi differenti e i processi di indigennizzazione delle idee e delle pratiche importate nei vari contesti locali.
Testa del dio della guerra Kukailimoku, probabilmente riportata da James Cook, XVIII secolo, Londra, British Museum
Scultura in vimini ricoperta di piume rosse prese dagli uccelli: gli iwi.
Piume gialle e nere sono usate per i dettagli.
Le piume erano materiali più sacri, utilizzate per avvolgere e proteggere, ma anche contenere, il potere divino racchiuso negli oggetti sacri.
Gli occhi sono in madreperla e legno, i denti sono di cane.
Il dio rappresentato, Ku, era il dio della guerra.
Era intimamente collegato al successo di Kamehameha I, che nel 1810 riuscì a riunire tutte le isole delle Hawaii in un unico regno e, alleandosi con le potenze coloniali, a preservarne l'indipendenza.
Uenukutuwhatu, palo scolpito in legno che rappresenta e ospita il dio arcobaleno delle tribù maori, Nuova Zelanda, 1400 circa, Te Awamutu Museum
Datata intorno al 1400, questa è una delle più antiche sculture maori, considerata tra i più preziosi tanga (tesori) del popolo Tainui.
Rinvenuta nel lago Ngaroto, si è conservata grazie all'usanza di nascondere gli oggetti sacri in periodi di pericolo.
Rappresenta Uenuku, una delle manifestazioni del dio arcobaleno, divinità associata alle tribù di Waikato.
Il dio era evocato dal capo o da un sacerdote, che si rivolgevano alla scultura in cui era spiritualmente incorporato.
Un detto maori recita che Uenuku era un antenato remoto che si mutò in arcobaleno dopo la morte.