Ramesse II è di sicuro il faraone più celebre della storia egiziana e il simbolo stesso di questa civiltà.
Egli portò l'Egitto al culmine della sua potenza, imprimendo un segno indelebile anche nel vicino Oriente, in un epoca caratterizzata dal continuo confronto tra grandi imperi.
Centrale della politica estera del sovrano fu l'urto con la potenza ittita, che culminò, nel quinto anno di regno del faraone, nelle celebre battaglia di Qadesh.
L'esercito egiziano fu colpito a sorpresa da un'abile manovra ittita che isolò il faraone dal grosso delle truppe, mettendone a repentaglio la vita.
La strenua difesa opposta dallo stesso Ramesse, l'arrivo di truppe ausiliarie dislocate nelle vicinanze e l'approssimarsi del resto dell'esercito, ancora in viaggio, permisero di respingere l'attacco ittita, ma le condizioni di entrambi i contendenti, al termine dello scontro, indussero a terminare per quell'anno le operazioni in Siria.
Tornato in patria, Ramesse celebrò nei rilievi dei maggiori templi del paese quella che descrisse come una grande vittoria, esprimendo in tal modo un consapevole e audace uso del potere mediatico espresso dall'architettura monumentale.
Fu infatti un attivissimo costruttore e ricoprì la Valle del Nilo di propri monumenti, tra cui i templi di Abu Simbel, Karnak, Luxor e il Ramessero.
Negli anni seguenti, il conflitto con gli ittiti proseguì finchè, nel ventunesimo anno di regno del sovrano, non fu siglato il più antico trattato paritetico tra Stato e Stato della storia, con il quale fu garantita una pace prospera e durevole.
Statua di Ramesse II, da Tebe, XIX dinastia, diorite, Torino, Fondazione Museo Antichità Egizie. C. 1380
La celebre statua di Ramesse II del Museo Egizio di Torino fu trovata a Tebe nel 1818 da J.J.Rifaud che al tempo agiva per conto di Bernardino Drovetti, console di Francia in Egitto.
Fu successivamente acquistata dai Savoia venendo a far parte della collezione torinese.
Il giovane Ramesse è rappresentato con il viso rivolto leggermente in basso, verso i sudditi, come se fosse in udienza, e l'intera composizione è una traduzione in pietra dei poteri e dell'autorità regali.
La corona del sovrano, detta Khoperesh, è un elmo globulare in cuoio con alette laterali, decorato da centinaia di borchie di rame dal caratteristico colore verde-azzurro; sulla fronte si trova il cobra ureo, avvolto nelle sue spire, a proteggere il re dai nemici.
Nella mani Ramesse reca i simboli del potere politico: porta al petto con la destra lo scettro ricurvo heqa (parola che in egiziano significa principe) appoggiata sulla gamba, stringe un cilindrato che sostituisce l'altro scettro regale, lo schiacciamosche nekhekh.
La lunga veste plisettata, in lino bianco nella realtà, è un abito cerimoniale che ricorda come il sovrano sia anche il sommo sacerdote, in quanto dio vivente e trait d'union tra gli uomini e le divinità.
Sulla cintura che decora la veste sono citate le costruzioni commissionate dal re nel grande santuario di Amon-Ra a Karnak, dove questa statua era collocata.
Facciata del tempio maggiore di Abu Simbel, XIX dinastia, regno di Ramesse II
Il tempio maggiore di Abu Simbel è certamente una delle realizzazioni architettoniche più note dell'Antico Egitto ma anche uno dei più straordinari monumenti di Ramesse II.
Esso fu costruito in onore di Amon-Ra, Phat, Horus di Mehu, e della forma divinizzata di Ramesse stesso.
Statua-rebus di Ramesse II insieme al dio Hurun, da Tanis, XIX dinastia, Il Cairo, Egyptian Museum
La statua-rebus possiede un doppio livello di lettura: il primo legato all'idea espressa dall'immagine, il secondo al suono che l'immagine stessa veicola attraverso i vari elementi grafici della composizione.
Essi vanno infatti ricomposti come in una sciarada: Ra (sole) -mes (bimbo) -su (giunco), ovvero il nome di Ramesse II, posto direttamente sotto la tutela del dio Hurun, come fosse un'iscrizione geroglifica tridimensionale.
Lo stretto legame tra immagine e suono che caratterizza la cultura egiziana e che ha la sua più estesa e complessa manifestazione nella scrittura geroglifica, trovò nuovi modi di esprimersi attraverso la cosiddette statue-rebus, particolarmente diffuse durante l'epoca ramesside.
Questa statua proviene da Tanis, nel Delta nord orientale, e ritrae Ramesse nei panni di un infante protetto dall'imponente figura del dio falcone Hurun.