venerdì 23 novembre 2012

Racconti di viaggio: Atiu, un sogno nell'Oceano.

Henry Kan è un giovane pescatore e fin da bambino ha l'abitudine di camminare scalzo.
"Ecco le mie scarpe" dice ridendo e mostra i suoi grandi piedi nudi.





Sono arrivato da poco qui ad Atiu, piccola e sperduta isola polinesiana delle Cook meridionali.
Il pomeriggio è sereno ed Henry ci propone, tanto per farci entrare subito nell'atmosfera più autentica dell'isola un'escursione alla "Anatakiki cave", una delle maggiori attrattive locali.
Per arrivare c'è da fare un bel tratto di giungla lungo un sentiero che attraversa il "maketea", la grande distesa di corallo fossilizzato.
Strano fenomeno geologico questo, tipico di poche isole polinesiane di origine vulcanica dove, all'incirca 100.000 anni fa, la barriera corallina ha subito un rialzamento rispetto al livello del mare, invadendo una vasta fascia dell'interno, sulla quale è poi cresciuta la vegetazione.
Questo frastagliamento, selvaggio ambiente naturale è squarciato a volte da anfratti e caverne ("cave") di straordinaria bellezza.















Quella di Anatakiki è la più famosa per il suo scenario incantato di stalattiti e stalagmite che scendono dal soffitto insieme alle lunghe liane nate spontaneamente dalla roccia.
In questo luogo, reso ancora più misterioso dal forte effetto di eco-vivere nidifica uno degli uccelli più rari dei Mari del Sud, il kopeka, caratteristico per il suo canto secco e ritmato molto simile al battito di una bacchetta.
Al ritorno della grotta è ormai quasi buio.
Ai margini della foresta ci accoglie una capanna appena illuminata dove alcuni uomini, seduti in circolo, sono impegnati in un antico e curioso rito, il "tumunu".
Il proprietario della casa è al centro del gruppo e porge a turno, ad ognuno dei convenuti, un piccolo bicchiere di noce di cocco contenente "bush beer" una bevanda prodotta artigianalmente dal sapore a metà strada tra il vino e la birra.









Di tanto in tanto il "giro" si interrompe per un'orazione o per dar modo ai nuovi arrivati di presentarsi.
L'atmosfera di questo luogo è intensa e lascia dentro un ricordo molto forte.
La serata qui non offre grandi svaghi.
L'Atiu Hotel è l'unico resort dell'isola, posto al centro di un parco curatissimo e silenzioso proprio ai confini della foresta, nel quale sono immersi i quattro chalets che compongono la struttura.
Roger e Kura Malcon, i proprietari, accolgono i pochi ospiti con garbo e cortesia facendo trovare loro, nella stanza, un gran cesto di frutta fresca dell'isola quale segno di benvenuto.
La cena, a base di pesce, vegetali e frutta, viene servita in una bellissima "are", la grande capanna in legno tipica della tradizione di queste isole, con le pareti decorate in fibre vegetali ed il tetto ricoperto di foglie di palma.









La quiete è assoluta, il luogo rilassante, l'ideale per una notte di riposo.
Ma l'aspetto più coinvolgente di Atiu si scopre con il giorno.
Quando con l'aria frizzante ed il cielo limpido, è bello prendere uno scooter o una bicicletta e perdersi lungo le stradine in terra battuta che tagliano l'interno dell'isola o la percorrono tutto in torno.
E lasciarsi andare ai profumi intensi delle piante e dei fiori che spuntano ovunque: frangipani, bouganville, tiarè, vaniglia, sandalo, passione...
La sensazione è quella di essere capitati per caso nel giardino dell'Eden, un luogo remoto ed intatto dove esiste solo la natura e niente altro.
All'interno palmeti fruscianti ed altissimi alberi di cocco, le piantagioni di ananas, caffè e taro (un tubero che cresce a queste latitudini ed ha un sapore simile a quello delle nostre patate).
Lungo la costa, estremamente varia e frastagliata, innumerevoli sono le spiagge di sabbia bianca, da cercare con pazienza.
La più bella (per me) è forse quella di Onoroa dove si trovano spesso bellissime conchiglie e sassi colorati.
Ma assolutamente da non perdere sono anche Tongaroro e Orovaru, dove sbarcò James Cook.











Gli arenili sono sempre incastonati tra il verde della vegetazione lussureggiante e la barriera corallina, vicinissima alla riva.
Per un rapporto più intenso con il mare c'è anche la possibilità di partecipare ad una battuta di pesca, fuori dal "reef", in oceano aperto.
Teina è la persona più adatta alla quale affidarsi per una simile esperienza che consente anche, partendo dall'unico porticciolo di Taunganui Harbour, di circumnavigare l'isola scoprendone caratteristiche e tratti insoliti dal mare.
Atiu conta appena un migliaio di abitanti che vivono in pochi villaggi sparsi sulle alture.
Gente semplice, cordiale, che saluta sempre sorridendo.
Amano molto la musica e, passando accanto alle loro casette basse di colori pastello, è facile sentire il suono dell'ukalele, antico strumento a doppie corde originario delle isole Hawai, che ricorda il banjo e qui si impara a suonare da bambini.









Accanto alle case è frequente che ci siano delle tombe, tenute sempre in ordine e piene di fiori.
E' l'usanza di queste isole perché in qualche modo i defunti possono restare sempre vicini.
E' difficile lasciare un posto come Atiu, così piccolo ma così ricco di angoli da scoprire, così lontano dalla nostra realtà quotidiana eppure tanto vicino alle cose che sogniamo.
Alla partenza, nel minuscolo aeroporto, appena una striscia di terra tra il mare e la foresta, si raccoglie sempre una piccola moltitudine per un saluto a chi viene e a chi va.
C'è un rito che si ripete, semplice e toccante ogni volta: il dono di una ghirlanda di fiori profumati da conservare intorno al collo ed un breve canto"Kia Ora", siate sempre i benvenuti...