Nel frenetico mondo attuale dominato dalla tecnologia e dal progresso scientifico il rapporto uomo-natura sembra sempre meno marcato; ma cosa vuol dire sfidare la natura?.
Lo abbiamo chiesto a Reinhold Messner, un "avventuriero", come egli stesso si definisce, che per tutta la vita non ha fatto non ha fatto altro che vivere in sintonia con essa.
La natura affascinante da mozzare il fiato, che sa essere letale e senza pietà, vista con gli occhi di chi ha tentato di penetrare i segreti.
Messner come ha scelto la sua prima missione?
Ho iniziato con la roccia, poi sono andato in alta quota, in seguito ho affrontato le grandi traversate in Groenlandia, nel Polo Sud, nel deserto di Gobi, così mi son spinto sempre più lontano nelle zone più desolate o più deserte; è uno sviluppo del tutto logico.
Ricorda cosa pensava quando è arrivato in cima?
In cima non senti un gran chè, è tutto freddo e l'aria per riprendere il fiato è gelida: il posto per stare in piedi è tutto ghiacciato e pensi che che devi scendere perché la sicurezza è giù... . La visione di chi sta sotto che in cima c'è qualcosa di speciale è sbagliata: l'emozione forte arriva quando ritorni nella società, nella vita di tutti i giorni.
Esiste una scalata che ricorda con più soddisfazione?
Tutte le scalate che ho fatto fino adesso, che sono circa 3500, sono state uniche: ho fatto più di cento spedizioni finora, ed è chiaro che la spedizione che sto per intraprendere mi entusiasma più di una che ho già compiuto cinquanta anni fa.
All'età di cinque anni Reinhold Messner ha cominciato a scalare le montagne.
Terminati gli studi ha lavorato per un breve periodo come insegnante alle scuole medie.
dal 1969 in poi ha intrapreso oltre cento viaggi nelle zone montuose e nei deserti di tutto il mondo, raccontando le proprie imprese sulle pagine di dozzine di libri.
Qual'è il suo rapporto con la paura?
E' l'altra metà del coraggio; la paura c'è sempre, perché quello che faccio e che tento di fare è difficile e pericoloso.
Come esiste la paura c'è anche il coraggio; questi due valori sono in equilibrio posso partire, se ho paura non posso partire...e se ho troppo coraggio rischio la vita.
Quanto influisce l'apporto di strumenti tecnologici durante una scalata?
Forse meno delle infrastrutture.
Oggi il fatto è che la maggior parte delle vie per le scalate sulle cime alte sono preparate dagli sherpa, questo significa che esiste una strada che porta su e quindi non è così impossibile salire.
Gli aiuti tecnologici come l'ossigeno o anche la droga per aumentare le prestazioni fisiche che circolano oggi, sono secondarie e sbagliate.
Secondo me è molto importante per avere un'avventura pulita e seria, andare dove gli altri non vanno.
Reinhold Messner è riuscito ad aprire moltissime nuove vie di ascensione, è stato il primo al mondo a scalare tutti i 14 ottomila, ed è perfino riuscito a fornire una risposta all'enigma dello yeti. Non ha mai inseguito alcuna "meta da record", ma ha invece dedicato le sue imprese a scoprire paesaggi naturali più incontaminati possibili, limitando al minimo indispensabile l'uso di mezzi artificiali.
Rispetto a quando ha iniziato, secondo lei cosa è cambiato nel mondo delle esplorazioni?
Mah, innanzi tutto io non sono un esploratore, sono un avventuriero; io cerco l'avventura non come ad esempio Amudsen nel Polo Sud, lui era un esploratore.
Qual'è la temperatura minima che ha raggiunto?
Direi 54 o 55 gradi celsius sottozero.
Quanto tempo impiega per preparare una missione?
Il tempo di preparazione è variabile; va da una settimana se preparo una salita, ad esempio sulle Alpi, a mesi o anni se devo affrontare una zona del mondo estrema come i deserti e i Poli.
Un po' di tempo fa ho fatto una scalata sulle Alpi, e mi sono preparato in una settimana, ho controllato l'attrezzatura e sono partito.
Cosa si mangia durante le spedizioni?
Dipende dalla scalata, se mi trovo in alta quota mangio poco e bevo tanto, utilizzo ad esempio molte minestre, se vado invece ai Poli ho bisogno di cibi molti grassi, mentre se vado nel Gobi mangio quello che trovo sul posto; nel deserto passano i nomadi che offrono ciò che hanno come, ad esempio, il grasso di pecora asciutto, che è difficile da mangiare, ma è importante per la sopravvivenza in quell'ambiente così ostile.
Quando torna dai suoi viaggi, si ritira in famiglia a Merano e nel suo vicino castello Juval, dove gestisce dei masi agricoli, scrive i suoi ieri e lavora alla realizzazione del progetto Messner Mountain Museum.
Infine Messner è un apprezzato commentatore televisivo o conferenziere di fronte ad un pubblico di alpinisti, operatori turistici e manager imprenditoriali.
E' riuscito a raggiungere tutti gli obiettivi che si era prefissato oppure qualcuno le è sfuggito?
Io ho fallito molte volte e sono contento di essere fallito.
Credo che noi uomini impariamo attraverso il fallimento, non con i successi.
Se non avessi fallito di tanto in tanto non sarei neanche vivo, perché avrei commesso errori gravi e sarei morto: fare avventura significa tentare, se vedo che è troppo pericoloso torno indietro e non è grave che si possa fallire.
Lei crede di aver raggiunto il proprio limite?
Sono molto contento di avere avuto la possibilità di esprimermi sulla roccia, in alta quota, nei deserti o ai Poli, attualmente sto facendo in montagna un lavoro culturale, è un' avventura di tutt'altra dimensione, spero di riuscire a portare a termine anche questa avventura, e sono contento di potermi esprimere in questo modo.
Concludiamo questo viaggio nel mondo dell'avventura con le parole del "leggendario" Enzo Maiorca riguardo al coraggio e al rapporto con la sfida:
"Il mare mi ha insegnato che un uomo senza paura è un pazzo, e un uomo senza coraggio è un codardo. Bisogna trovare il giusto equilibrio", e Messner l'ha trovato.