Nel centro de la Habana Vieja ci sono tre punti caratteristici del mito hemingwayano.
La Habana Vieja con i suoi 5 km quadrati di compatto e omogeneo tessuto urbano risalente ai secoli XVII e XVIII, esteso tra le acque della baia, la stazione ferroviaria, la Calle Egidio e l'Avveniva Belgica, il centro storico della capitale è il più vasto nucleo coloniale dell'America Latina conservatosi fino ai giorni nostri.
Degradatosi progressivamente dopo l'indipendenza, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo subisce il destino dei centri storici delle città europee: viene abbandonato dalle classi più abbienti, che si spostano in quartieri moderni in fasce più esterne e viene abitato dalle classi più povere.
Negli anni cinquanta è ricettacolo di prostituzione e malavita.
Fulgencio Batista si era riproposto di rifarne il volto radendo al suolo il patrimonio storico ambientale per sostituirlo con un tessuto contemporaneo a sfondo commerciale.
La rivoluzione glielo ha impedito e già negli anni settanta aveva incominciato a mettere mano ai restauri degli edifici più importanti, quando nel 1982 la dichiarazione di tutto il quartiere nel suo complesso a patrimonio culturale dell'umanità e l'ingente iniezione di capitali da parte dell'Unesco hanno accelerato ed esteso i lavori di restauro.
Molto resta ancora da fare, ma la strada è imboccata, anche nella prospettiva di conservare il più possibile attività artigianali e negozi che ne mantengano l'atmosfera e lo spirito.
La stessa atmosfera e lo stesso spirito di quando uno scrittore bazzicava da questi parti: Ernest Hemingway.
Nel centro de la Habana Vieja ci sono tre punti caratteristici del mito hemingwayano.
L'Hotel Ambos Mundos, in Calle Obispo angolo Calle San Ignacio, ospitò il premio Nobel americano, come ricorda la facciata, durante tutti i primi anni dei suoi soggiorni a l'Avana, dal 1932, prima che comprasse la sua residenza Finca Vigia a san francisco de Paula all'est della città.
Tutto è rimasto come ai tempi dello scrittore.
Notevole la vista all'ultimo piano sulla città vecchia.
La Bodeguita del Medio in Calle Empedrado 207, di fianco alla cattedrale, è il bar ristorante dove andava a sorseggiare il mojito, il cocktail a base di rum, zucchero, succo di limone, acqua minerale e yerbabuena, la mentuccia che scivola dolcemente in gola ravvivando lo spirito.
Le pareti sono tappezzate di firme, di foto, di ricordi delle centinaia di personaggi, artisti, scrittori, attori, politici, che sono transitati attraverso i suoi stretti locali sempre ridondanti di son, di gente, di fumo, di profumi di rum e di menta.
Locale sapido, è riuscito a conservare un'atmosfera al di sopra della travolgente ondata di turisti.
La cucina criolla è all'altezza della sua fama.
El Floridita, angolo fra Calle Obispo e Avenida Belgica ( Monserrate ), è la culla e cattedrale del Daiquiri.
Si chiamava Pina de Plata, ananas d'argento, quando fu rilevato da Constante Ribalaigua Vert, che mise a punto la ricetta del Daiquiri, consacrato dai consumi straordinari di "Papà Hemingway".
Il restauro del 1991 ne ha conservato lo sgabello, in fondo al bancone del bar della prima sala, per consegnarne alla storia il mito.
La cucina è una combinazione indovinata di sapori criollo internazionali.