Patagonia: uomini e puma.
La storia della difficile convivenza tra i colonizzatori di questa terra estrema e il felino simbolo della Patagonia.
Per recinti e fucili rischiano l'estinzione anche "pudù" e "Huemules", mentre le balene della penisola di Valdes sono ormai "monumenti naturali" intoccabili.
A destra c'è solo l'erba e vento, a sinistra pure; davanti e dietro è lo stesso, a perdita d'occhio.
Poi d'improvviso ecco una casa di legno niente male in arnese, con un'insegna: "La Leona".
E' un caffè sperduto nel sud est della provincia di Santa Cruz: insomma nella pampa profonda, dove telefoni ed elettricità non sono mai arrivati.
L'estancia più vicina (la Silesia) è 16 kilometri più a nord, il villaggio meno lontano ( Charles Fuhr) 84 in direzione sud.
Quel caffè isolato dal mondo è gestito da una trentenne che vive laggiù tutta sola : si chiama Irma Westerlung ed è finlandese.
ora non pensate che "La Leona" sia riferito a Irma, donna coraggiosa e solitaria come i leones, cioè i puma che vivono sulle Ande.
Se il caffè si chiama così è in onore di un puma vero: una femmina che nel lontano 1916 s'imbattè da quelle parti in un esploratore dal nome leggendario, Perito Moreno, e lo aggredì.
Nel confronto l'animale perse la vita ma guadagnò fama eterna: prima che al caffè, quel nome fu dato a un vicino fiume, che taglia pigramente la steppa e va a gettarsi nel Lago Argentino, proprio come un celebre ghiacciaio che ( ironia della sorte) si chiama Perito Moreno.
Ogni tanto qualche puma passa ancora nei pressi del caffè di Irma: "Io non ne ho mai visti, ma un allevatore ha trovato delle orme non lontano da qui", racconta lei.
Incontri simili sono comunque rari, perchè i leones non sono stupidi: hanno imparato in fretta che dall'uomo è meglio stare alla larga; così preferiscono cacciare nei fitti boschi andini, rifugio degli huemules, i tipici cervi patagonici, o nelle steppe più remote, che pullulano di guanachi, cugini selvatici dei lama.
Cervi e guanachi sono prede più facili dei bovini, dunque non vale la pena di rischiare la vita avvicinandosi alle estancias.
Ma questo vale solo d'estate, d'inverno, quando cade la neve e la caccia diventa difficile, i leones attaccano anche le mandrie, dice Tonci Kusanovic, allevatore di ascendenza croata che dirige La Angostura, un'estancia sul Rio Chico, 180 kilometri a nord del Rio Leona.
Tonci apre una vecchia stalla e indica una trave da cui prende una pelle di puma.
Ma il Leon non è una specie protetta?, "si, però se un esemplare uccide 40 capi di bestiame può essere eliminato", si autoassolve.
Chissà se il puma della trave era veramente un serial killer o se ha pagato le imprese di una intera tribù di congeneri...
Le storie di uomini e puma che la provincia di Santa Cruz può narrare sono molte.
E tutte dicono la stessa verità: far convivere la fauna selvatica con l'uomo bianco è difficile.
Due secoli fa il problema non esisteva, perchè in Patagonia vivevano solo popolazioni indigene che con la natura locale avevano un rapporto diverso rispetto a quelli dei coloni arrivati dal Nord.
Certo: anche loro cacciavano, ma con armi meno micidiali dei fucili; e soprattutto non avevano mandrie da difendere, nè usavano tagliare la steppa con reti di filo spinato per ricavarne terre private, vietate a puma, volpi e guanachi.
Se la fauna in Patagonia abbia sofferto più per i fucili, i recinti di confine o la concorrenza alimentare del bestiame domestico, è tutto da vedere; certamente è colpa delle armi da fuoco se gli huemules, un tempo numerosi, oggi sono a rischio di estinzione.
Idem dicasi dei pudù, cervi nani che sopravvivono solo in qualche area protetta.
Intendiamoci, di sicuro i guanachi non sono nelle condizioni drammatiche dei pudu e degli huemules: viaggiando in auto in Patagonia se ne vedono a centinaia, dalle valli cilene alle coste dell'Atlantico.
Ma è indubbio che le grandi ganaderìas ( allevamenti allo stato brado ) abbiano fatalmente sottratto spazio ai "lama selvatici".
E ciò ha avuto effetti a catena, compreso il fatto che i puma attacchino il bestiame.
Infatti il filo spinato può fermare i grandi erbivori ma non i leones, che una volta entrati nei latifondi cacciano ciò che trovano.
E in mancanza di guanachi, ripiegano sulle mucche.
Finora questa rivoluzione ambientale ha fatto poche vittime: ufficialmente l'elenco degli animali estinti negli ultimi 200 anni comprende solo un coleottero acquatico in Cile e una lucertola in Argentina.
Molte di più sono però le specie che potrebbero finire male nel prossimo futuro: l'Iucn, l'Istituto scentifico che sta alle spalle del Wwf, ritiene a rischio più o meno grave 311 tra animali e vegetali in Cile e 407 in Argentina.
E c'è chi è ancora più pessimista: la Foundacion Vida Silvestre, un club protezionista di Buenos Aires, afferma che le specie in pericolo in Argentina non sono 407 ma 779.
Consola poco sapere che questi dati non si riferiscono alla sola Patagonia ma all'intero territorio dei due Paesi.
Eppure nonostante questo quadro preoccupante, la Patagonia resta ( in tandem con la Terra del Fuoco ) una delle più grandi riserve faunistiche della Terra.
E' logico: qui, l'invasione umana è arrivata tardi, quindi la natura è rimasta integra più a lungo; inoltre l'estrema varietà di habitat ha spinto la fauna a evolversi per mille strade diverse.
Morale: in Patagonia vivono nutrie, colibrì e armadilli come in tutto il Sudamerica, ma anche marsupiali come in Australia ( l'opossum cileno è il monito de monte, lontani parenti dei canguri ma piccoli come ghiri ) e un'armata di canidi selvatici variegata come in Africa.
Questa biodiversità raggiunge punte estreme tra gli uccelli.
In ogni habitat la Patagonia conta, oltre a rappresentanti generici, anche autentici primatisti: qui vivono per esempio l'uccello nuotatore, il rapace e il volatore d'alto mare più grandi del mondo, cioè il pinguino imperatore, il condor e l'albatro reale, signori di ambienti diversissimi fra di loro, come le terre sub polari, le Ande e gli oceani.
Punto Tombo ricorda quanto sia vicina L'Antartide, che dei pinguini è la patria d'eccellenza: fra la Terra del Fuoco e la Penisola di Palmer, avamposto del continente di ghiaccio, corrono solo mille kilometri.
Per questo motivo, quando l'inverno antartico rende inabitabili le latitudini estreme, gli animali si spostano verso nord.
Attenzione particolare meritano le balene, che nelle acque argentine hanno il loro "palazzo d'inverno" preferito: dei 7000 esemplari che la franca australe conta nel mondo, 2500 incrociano stagionalmente al largo della Penisola di Valdes, dove si riproducono e sono diventate da tempo una redditizia attrazione turistica.
Tutti protetti, tutti monumenti anche se si tratta di ben strani monumenti, che si spostano di continuo.
Il puma invece non è ( ancora ) incluso tra i "monumenti": gli allevatori lo odiano, i montanari andini lo temono: quindi la tutela assoluta del predatore riuscirebbe impopolare.
"Eppure da noi il leon non attacca mai l'uomo: i rarissimi incontri si risolvono sempre con la fuga dell'animale" giura Adrian Falcone, guardia del Parco Los Glaciares, una delle poche aree-rifugio dove il felino può tuttora cacciare in pace.
Chissà, forse un giorno uomini e puma riusciranno a convivere: come del resto fanno già le acque del Rio Leona e del ghiacciaio Perito Moreno, che si mescolano nello stesso lago.