Prima Parte.
In un epoca in cui gli archeologi erano soliti visitare gli scavi impeccabilmente vestiti, Flinders Petrie (sir dal 1923) lavorava infangato, pantaloni laceri e camicia, capelli arruffati, piedi nudi nero grigi in sandali sfilacciati. Conduceva una vita pressochè trascurata, primitiva, ed esigeva che anche i suoi aiutanti tornassero all'età della pietra.
William Matthew Flinders Petrie da Charlton è ritenuto uno dei maggiori archeologi del mondo.
Ha scavato nel Vicino Oriente per quarantadue anni, scoprendo più reperti di chiunque altro, lasciando un patrimonio scientifico di circa mille libri, articoli, relazioni.
Curioso, occupandosi di matematica, Pietre finì per approdare alla Terra del Nilo.
Fu suo padre William, ingegnere amico dell'astronomo scozzese Piazzi Smyth a risvegliare in Flinders l'interesse per i pesi e le misure.
Piramide di Cheope erano depositari di importanti profezie per la storia universale. Le costruzioni ad angolo e il calcolo delle traiettorie stellari avevano da sempre affascinato il giovane Petrie; ora, all'improvviso, egli vedeva tutto questo in rapporto alla storia. Si costruì un telescopio, un sestante, un tavolo, misurò terreni. A diciannove anni, in compagnia del padre, visitò il primordiale osservatorio solare di Stonehenge (Salisbury) e decise di diventare archeologo. Pur non avendo una preparazione specifica, Flinders, si occupò per anni delle macerie preistoriche nell'Inghilterra meridionale. A ventisette anni, per interessamento dell'allora "regina dell'egittologia", la celebre scrittrice Amelia Edwards, fu mandato in Egitto.
La Edwards procurò al suo favorito un impiego all'Egypt Exploration Fund, da lei creato, dove recuperò rapidamente le carenze formative, cosa che causo due anni dopo un conflitto tra lui e i suoi protettori.
Da allora Petrie lavorò per conto proprio.
Fondò l'Egyptian Researche Account, che più tardi si ampliò nella British School of Archeologie in Egypt; finì tuttavia per tornare all'Egypt Exploration Found, per il quale ricercò altri dieci anni.
Non c'è località egiziana storicamente importante, dove Petrie non abbia tratto alla luce reperti di valore, percorse in lungo e in largo l'Egitto con la moglie e la figlia, studiando mummie, scoprendo monumenti come il labirinto di Hawara, intere città come quella operaia di Kahum,tombe e tesori meravigliosi come bracciali, anelli, collane in oro e pietre preziose.
Petrie però non tenne nulla per sè, tutto ciò che trovò fu consegnato ai musei.
Cominciò a lavorare a Tanis, Naukratis, Daphnae, Nebesha, Arsinoe e Hawara; si spostò verso Illahun, Kahun, Meidum e Abu Gurob; scavò a Tell el-Amarna, a Tebe, a Dendera, a Giza, a Menfi, a Eliopoli sul Sinai, in Palestina ed ad Abydo.
Ed è proprio qui che si precipitò per visitare le di tombe di Umm al Qaab, per cercare di porre rimedio allo scempio causato da Amèlineau. Nei suoi scritti non nasconde la rabbia per ciò che Amèlineau ha fatto. Possiamo comprendere l'amarezza e la rabbia di Petrie che ormai da vent'anni, scava in Egitto alla ricerca dei minuti frammenti della storia, e non certo a caccia di tesori, nonostante abbia rinvenuto più di chiunque altro.
Petrie ha scoperto migliaia di sepolture predinastiche (ossia appartenenti al periodo appena precedente l'unificazione dell'Egitto sotto la I dinastia) cercando quello che all'epoca amava chiamare "l'anello mancante", in questo caso il punto d'unione fra l'epoca delle piramidi (dalla III dinastia in avanti) e l'Egitto predinastico.
Quell'anello mancante è proprio la sepoltura dei primi re d'Egitto, insieme con tutti i dati relativi alle prime dinastie che, grazie a iscrizioni e altri reperti, da quelle tombe si riescono a raccogliere. Proprio quei documenti che erano stati trafugati, frantumati e sbriciolati da Amèlineau. Petrie non si lasciò scoraggiare. Nei due anni in cui lavorò a Umm el Qaab, scava seguendo il suo metodo scientifico. Classifica tutto, segnala la posizione degli oggetti, riesce a rilevare le planimetrie delle tombe, raccoglie migliaia di reperti e soprattutto ricostruisce la serie dei nomi reali delle prime dinastie. In Egitto l'Ufficio Antichità, che da Maspero in poi era sempre stato affidato ad un francese, aveva il compito di controllare e amministrare le località archeologiche ritenute particolarmente importanti. Non era stato facile ottenere la concessione di scavare a Tell el-Amarna; Petrie aveva fatto bersaglio come non mai: per le autorità, in effetti, Amarna era la terra promessa per eccellenza, ancora pressochè inesplorata e probabilmente ricca di tesori nascosti. Flinders Petrie, invece, a trentotto anni, nel fiore della sua attività archeologica, penetrava sicuro nella terra proprio là dove il passato sembrava offrire i propri relitti senza difficoltà. Malgrado che il nuovo direttore generale alle Antichità fosse cocciuto, fu finalmente possibile strappare a concessione per scavare ad Amarna: ad un patto però: le tombe dovevano restare tabù. Nelle rocce armaniane ce n'erano ventisei. Documenti storici di valore inestimabile. Flinders Petrie accettò l'incarico. "Presi con me cinque dei miei vecchi collaboratori che avevano lavorato a Illahun. Giungemmo ad Amarna il 17 novembre 1981.
Ci occorsero un paio di giorni per costruire le capanne e per ispezionare i dintorni; il 23 novembre comincia l'opera mia".
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