Per spiegare alcune discrepanze tra teoria della struttura solare e osservazioni, un gruppo di ricercatori ha proposto un nuovo modello secondo il quale la materia oscura, con alcune proprietà specifiche (detta asimmetrica), si accumulerebbe nel nucleo solare influenzando il trasporto del calore all'interno dell’astro. Inoltre essa potrebbe modificare, fra l’altro, sia le proprietà "meccaniche", studiate con la cosiddetta "eliosismologia", sia il flusso di neutrini emessi.
Secondo uno studio pubblicato su Physical Review Letters, alcune discrepanze non ancora spiegate tra i modelli matematici che descrivono la struttura del Sole e le osservazioni astronomiche potrebbero essere risolte assumendo che nella nostra stella si celi la materia oscura.
Questo modello, secondo cui la materia oscura avrebbe una interazione “speciale” con la materia ordinaria, spiegherebbe i dati osservativi in maniera più accurata rispetto ai modelli più convenzionali che tentano di svelare i segreti di questa enigmatica componente.
Il modello standard del Sole, derivato dalle misure della luminosità solare e da altri dati osservativi, ci permette di capire come varia la temperatura e la densità della nostra stella.
Questo modello ha avuto a lungo un grande successo ma di recente è entrato in conflitto con le osservazioni eliosismologiche che permettono di misurare la velocità delle onde di pressione che si propagano all’interno del Sole, la profondità dell’inviluppo convettivo e il flusso di neutrini.
Per risolvere le discrepanze tra la teoria e le osservazioni, i ricercatori hanno cercato di vedere se esistono dei modi alternativi, e più efficienti, con cui il calore può raggiungere la superficie del Sole a partire dal suo nucleo.
Una possibilità è che l’astro possa contenere in qualche modo la materia oscura, intrappolata, grazie alle collisioni e ad effetti di cattura gravitazionale, man mano che essa passa attraverso l’alone galattico. In questo modo, sarebbe la materia oscura a trasportare il calore dal nucleo fino agli strati esterni, e più freddi, del Sole.
Ma di quale tipo di particelle stiamo parlando? Sappiamo che i fisici hanno ipotizzato numerose candidate: esse vanno dalle WIMP (Weakly Interacting Massive Particles), ossia particelle massive che interagiscono debolmente con la materia ordinaria, agli assioni per arrivare alle particelle supersimmetriche, come i neutralini.
Più di recente, però, sono stati formulati dei modelli basati su un tipo di materia oscura costituita leggermente da meno antimateria, detta “materia oscura asimmetrica”: in questo caso non ci sarebbero delle annichilazioni, non essendoci in giro le relative antiparticelle, che potrebbero far decrescere la sua densità all’interno del Sole.
Dunque, partendo da questa ipotesi, Aaron Vincent della Durham University in Gran Bretagna, assieme ai colleghi dell’Imperial College di Londra e dell’Istituto di Scienze Spaziali in Spagna, hanno provato a verificare come l’interazione tra le particelle di “materia oscura asimmetrica” e la materia ordinaria potrebbe descrivere meglio le osservazioni.
Confrontando, in tre modi diversi, i parametri ricavati dalle osservabili con quelli previsti dal modello standard della struttura solare e con i modelli che incorporano l’interazione della materia oscura con la materia ordinaria, gli scienziati trovano solo in un caso la migliore descrizione dei dati se si assume che le particelle di materia oscura abbiano una massa di 3 GeV, mentre né il modello standard della struttura solare né gli altri due, basati sulla materia oscura, forniscono dei valori consistenti con i dati osservati.
Le particelle di materia oscura che mostrano una consistenza con i dati dell’eliosismologia sono caratterizzate da un libero cammino medio più grande all’interno del Sole e perciò trasportano il calore verso gli strati più esterni in maniera più efficiente.
Secondo Vincent questa interazione non avrebbe a che fare con le quattro interazioni fondamentali note, ma addirittura potrebbe rappresentare una sorta di nuova interazione tra la materia oscura e le particelle della materia ordinaria.
Insomma, tradotto in altre parole, gli scienziati hanno considerato un certo tipo di materia oscura, che è comunque consistente con i limiti imposti dagli attuali esperimenti, e hanno provato a verificare se essa risolve un problema osservativo che dura ormai da qualche tempo.
I ricercatori sperano ora di sviluppare il loro modello per capire ancora più in dettaglio le modalità di questa interazione dato che esiste uno zoo di possibili candidate che potrebbero spiegare tale processo. Si spera che gli esperimenti che saranno realizzati prossimamente col Large Hadron Collider (LHC) e con i rivelatori sotterranei, come il Super Cryogenic Dark Matter Search (SuperCDMS), potranno confermare, o smentire, l’esistenza di queste particelle di materia oscura asimmetrica.
Secondo Vincent potremmo essere vicini alla soluzione del mistero. L’obiettivo sarà quindi quello di verificare se abbiamo trovato davvero una indicazione dell’esistenza di materia oscura intrappolata nel Sole o se invece ci siamo imbattuti in qualcosa d’altro che assomiglia da un punto di vista matematico alla materia oscura ma in realtà è qualcosa di più sottile che sta avvenendo nel Sole.
«Il lavoro è molto interessante», spiega a Media INAF Nicolao Fornengo del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino e INFN. «La difficoltà dei modelli solari nel riprodurre le misure di eliosismologia è presente da tempo ed è diventata ancor più critica con i modelli solari più recenti e aggiornati. In passato si è studiata la possibilità che la materia oscura catturata gravitazionalmente nelle parti centrali della nostra stella potesse produrre delle modifiche al profilo radiale della velocità del suono nel Sole, ma utilizzando meccanismi di interazione tra materia oscura e nuclei che compongono il Sole più standard».
«Il meccanismo proposto dagli autori è in grado di ottenere un accordo decisamente migliore del profilo radiale della velocità del suono nel Sole. L’unica perplessità risiede nel fatto che la particella di materia oscura necessaria per ottenere l’effetto è molto leggera (3-5 GeV): particelle così leggere sono difficilmente catturate gravitazionalmente dal Sole, tendendo infatti ad ‘evaporare’ su tempi scala brevi. Questo è un punto non discusso nel lavoro e che merita sicuramente un approfondimento», conclude Fornengo.
«Si tratta di una teoria interessante ma ancora tutta da verificare”, aggiunge Marco Pallavicini del Dipartimento di fisica dell’Università di Genova e anch’egli dell’INFN: «La discrepanza in questione è nota da tempo e non è ancora ben compresa . Allo stato attuale, il modello proposto dagli autori va considerato solo come un’ipotesi che potrà essere confermata da ulteriori ricerche. Se si dimostrasse vera, sarebbe di enorme interesse perché oltre a risolvere il problema delle discrepanze fra flussi di neutrini ed eliosismologia, fornirebbe informazioni sulle caratteristiche dell’interazione fra materia oscura, o almeno una componente di essa, (non sappiamo affatto se la materia oscura sia ‘una’ cosa o ‘molte’ cose insieme!) e materia ordinaria. Dunque, si tratta di una interessante possibilità teorica che solo ulteriori dati sperimentali e ulteriori ricerche potranno confermare o smentire».