martedì 25 novembre 2014

La Piramide di Choulula: La struttura più grande mai costruita dall'uomo.


Si trova a Cholula, vicino a Puebla, in Messico. Con i suoi 4,5 milioni di metri cubi, è la più grande piramide mai costruita sul nostro pianeta.




La Grande Piramide di Cholula, nota in lingua Nahuatl comeTlachihualtepetl (montagna fatta dall’uomo), è un enorme complesso situato a Cholula, Puebla, Messico.
Con i suoi 4,5 milioni di metri cubi, è considerata la più grande struttura mai costruita dall’uomo. Misura 500 metri per lato ed è alta 64 metri. La base della piramide è quattro volte più grande della Grande Piramide di Giza.
Tradizionalmente è considerata come un tempio dedicato al dio Quetzalcoatl, il serpente piumato.
La piramide oggi appare come una collinetta naturale ricoperta d’erba, suddivisa in quattro gradoni. Originariamente aveva, come molte piramidi dell’area messicana, 365 gradini, a simboleggiare i giorni dell’anno.
In realtà, la piramide è il risultato di sei momenti costruttivi sovrapposti, di cui uno solo è stato nuovamente portato alla luce. Oggi, sulla sua sommità, dove una volta si trovava il tempio, si trova una chiesa cattolica dedicata a Nuestra Señora de los Remedios, Nostra Signora dei Rimedi, che risale al 1594.





Non si sa esattamente quando sia iniziata la costruzione della piramide, ma gli archeologi ipotizzano che sia stata eseguita tra il 300 a.C. e l’inizio dell’era cristiana. Si stima che per il completamento del complesso ci siano voluti dai 500 ai 1000 anni.
Secondo il mito, l’avvio della costruzione della piramide fu merito di un gigante di nome Xelhua, dopo essersi messo in salvo da una grande alluvione avvenuta nella vicina Valle di Anáhuac.
La piramide è costituita da sei strutture sovrapposte, una per ogni gruppo etnico che ha dominato la regione. La pratica costruttiva delle culture mesoamericane prevedeva il rimodellamento di vecchi edifici, ristrutturazioni che miravano alla conservazione e all’espansione delle strutture originali.
Delle sei strutture, solo tre sono state studiate in modo approfondito. La piramide stessa è solo una piccola parte di una grande zona archeologica di Cholula, che si stima sia ampia almeno 154 ettari.
Nonostante l’evidente importanza di questo sito precolombiano, la piramide è relativamente sconosciuta e non debitamente studiata, soprattutto in confronto ad altri siti più blasonati come Teotihuacan, Chichen Itza e Monte Albán.
Le poche pubblicazioni in merito sono rapporti tecnici con poche sintesi sui dati raccolti. Per questo motivo, la Piramide di Cholula non ha giocato un ruolo significativo nella comprensione della storia precolombiana dell’America Centrale.



venerdì 21 novembre 2014

Ii gigante di Atacama: Un altro geoglifo che sfida la nostra comprensione del passato.


I geoglifi più conosciuti al mondo sono senza dubbio le Linee di Nazca, in Perù. Eppure, nel deserto di Atacama in Cile, c'è un altro gruppo di geoglifi altrettanto notevole e impressionante. Tra di essi, l'enigmatico Gigante di Atacama.




Il Deserto di Atacama è situato nel Cile settentrionale, nella regione di Antofagasta e la parte settentrionale della regione di Atacama. È un paesaggio aspro e brullo, noto come il deserto più arido del mondo.
Qui si trova un notevole gruppo di geoglifi al quale i ricercatori cercano di dare risposta da anni.
Anche se i geoglifi di Atacama sono meno noti di quelli del pianoro di Nazca, essi sono molto più numerosi, più vari nello stile e coprono un’area molto più grande. Si tratta di una collezione di oltre 5 mila figure geometriche, zoomorfe e antropomorfe.
Secondo le ipotesi più accreditate, i geoglifi di Atacama sono stati tracciati tra il 600 e il 1500 d.C., ma altri pensano che possano essere più antichi. È sempre problematica la datazione dei geoglifi, dato che non è possibile eseguire datazioni al radiocarbonio.
Comunemente, si ritiene che la produzione dei geoglifi di Atacama sia da attribuire a diverse culture che si sono succedute nella regione, tra cui quella Tiahuanaco e quella Inca.


I geoglifi sono stati tracciati utilizzando tre tecniche differenti: estrattiva, additiva e mista. La tecnica estrattiva prevede la rimozione dello strato superiore del terreno, in modo da creare l’immagine desiderata. Questa è la tecnica più comune riscontrata.
La tecnica additiva, invece, comporta la raccolta di materiale, quali pietre o ghiaia, che poi viene accumulato sulla superficie del terreno per formare il contorno della figura desiderata. Infine, la tecnica mista prevede l’impiego di entrambe le tecniche. Fortunatamente, i geoglifi sono sopravvissuti al passare del tempo e all’esposizione agli agenti atmosferici.
Si tratta di una figura antropomorfa situata su una collina conosciuta come la “Cerro Unitas”. Misura 119 metri di altezza ed è il più grande geoglifo conosciuto in tutto il mondo.
È caratterizzato da una grande testa quadrata e da lunghe gambe altamente stilizzate. Da ogni lato della testa del gigante è possibile notare l’uscita di quattro linee, simile a raggi luminosi.
Ad oggi, non esiste nessuna spiegazione o teoria che sveli il mistero delle strane caratteristiche di questo enorme geoglifo. Secondo l’interpretazione di alcuni ricercatori, potrebbe essere una sorta di calendario astronomico che misurava il movimento della Luna.
Un altra ipotesi propone che sia l’icona di una divinità sconosciuta venerata dalla popolazione locale. Altre teorie suggeriscono che possa trattarsi della marcatura di un percorso sacri di iniziazione, l’indicazione di un antico linguaggio o la celebrazione di un paleocontatto alieno.
Accanto al gigante è possibile osservare immagini di lama, lucertole, gatti, uccelli e pesci. In altri casi, si notano sconcertanti figure geometriche che non fanno altro che infittire l’enigma sull’interpretazione e il motivo di una tale sconcertante collezione di figure.


lunedì 10 novembre 2014

La "Nazca del Kazakistan": Scoperti più di 50 geoglifi in Asia Centrale, compresa una svastica.


Più di 50 geoglifi di varie forme e dimensioni, tra cui una svastica enorme, sono stati scoperti in tutto il Kazakistan settentrionale, in Asia centrale. La presenza di tutte queste strutture, per lo più tumuli di terra, creano un paesaggio artistico molto simile a quello visto sull'altipiano di Nazca, in Perù.




Gli archeologi le hanno subito etichettate come le “Linee di Nazca del Kazakistan”.
Si tratta di più di 50 geoglifi formati con tumuli di terra e legname, individuati nel Kazakistan settentrionale, in piena Asia centrale.
Le strutture sono realizzate in un’ampia varietà di forme geometriche, tra cui croci, quadrati, anelli e persino una svastica, un antico simbolo che è stato usato dai nostri antenati per almeno 12 mila anni.
Secondo il resoconto di Live Science, i geoglifi, molto difficili da vedere da terra, sono stati individuati grazie all’ausilio di Google Earth. Da quel momento, un team di archeologi della Kostanay University in Kazakhstan e dell’Università di Vilnius in Lituania, ha cominciato a studiare le strutture gigantesche sorvolando la zona e utilizzando un geo-radar per penetrare il terreno.
I risultati hanno rivelato la presenza di una grande varietà di forme, ampie dai 90 ai 400 metri di diametro, prevalentemente tumuli di terra. Uno di essi – la svastica – ha visto anche l’utilizzo di legno.
I ricercatori non sono ancora in grado di datare le strutture, ma le loro caratteristiche potrebbero farle risalire ad oltre 2 mila anni fa. “Ad oggi possiamo dire solo una cosa: i geoglifi sono stati realizzati da popolazioni molto antiche. Chi fossero e per quale scopo, resta un mistero”, ammettono Irina Shevnina e Andrew Logvin dell’Università di Kostanay.
La svastica è un antico simbolo trovato in tutta Europa e in Asia. ‘Svastica’ è una parola sanscrita che significa “è”, “benessere”, “buona esistenza”. È conosciuta anche in altre culture con nomi diversi, come “Wan” in Cina, “Manji” in Giappone, “Fylfot” in Inghilterra e “Tetraskelion” in Grecia.
Nel 1979, P. R. Sarkar, uno studioso di sanscrito, scrisse che il significato più profondo del simbolo è “vittoria permanente”, e che può avere un valore positivo o negativo a seconda di come viene disegnato. Nell’induismo, infatti, la svastica destrorsa è simbolo del Dio Vishnu e del Sole, mentre la svastica sinistrorsa e simbolo della malvagia dea Kali e della magia oscura.
Il doppio significato dei simboli è comune a molte tradizioni antiche, come per esempio il simbolo del pentagramma (la stella a cinque punte): il suo valore è negativo quando la punta è rivolta verso il basso, mentre è positivo quando rivolta verso l’alto.
Non è la prima volta che viene ritrovato il simbolo della svastica in un geoglifo. Alcuni di essi sono stati scoperti in Giordania e in New Mexico.
Nonostante esistano una grande quantità di studi sul fenomeno dei geoglifi, lo scopo profondo di queste incredibili creazioni scoperte in tutto il mondo continua a rimanere nascosto, alimentando una pletora di congetture.
Alcuni scienziati ritengono che essi abbiano un legame celeste con alcune costellazioni visibili nel cielo notturno. Altri pensano che le linee siano una sorta di sentiero iniziatico sacro. Altri ancora pensano che le linee abbiano a che fare con l’acqua, una sorta di invocazione per ottenere il prezioso elemento. Dunque, la questione è ancora aperta.

Pitture di 40 mila anni fa costringono a rivedere la storia dell'umanità.


Dodici disegni di mani umane e due di grandi animali, scoperti in una grotta calcarea sull'isola indonesiana di Sulawesi nel 1950, sono stati sottoposti a datazione uranio-torio, rivelando un'età di almeno 40 mila anni. La scoperta indica che l'arte indonesiana è antica quanto quella delle grotte europee dell'Era Glaciale, mettendo in discussione molte teorie finora acquisite.






La nuova datazione eseguita su alcuni disegni rupestri trovati nella grotta di Sulawesi nel 1950 dimostra che 40 mila anni fa i nostri antenati praticavano l’arte in tutto il mondo.
Dunque, le pitture rupestri non sono state una prerogativa degli uomini europei vissuti durante l’ultima era glaciale.
“Questo ci permette di allontanarci dall’idea che l’Europa sia stata speciale”, spiega a Nature News l’archeologo Maxime Aubert della Griffith University. “Si è pensato che gli europei fossero più consapevoli di se stessi e dell’ambiente circostante. Ora possiamo dire che non è vero: la capacità artistica potrebbe essere sorta indipendentemente, oppure l’uomo moderno sapeva già creare arte quando migrò dall’Africa”.
Gli archeologi hanno calcolato che una dozzina di segni di mani umane realizzate con gelso rosso e due disegni dettagliati di un animale descritto come un “maiale-cervo”, hanno un’età compresa tra i 35 mila e i 40 mila anni fa.
Questo significa che l’arte rupestre indonesiana è contemporanea a quella rappresentata dai disegni ritrovati nelle grotte di Spagna e di Francia. Anzi, una delle impronte indonesiane è ora considerata la più antica rappresentazione rupestre nota alla scienza.
“Tutto ciò non era previsto”, continua Aubert. “Guardando i dipinti, ci si rende conto che i dettagli sono davvero ben fatti. Poi, se si considera il contesto e la datazione, i disegni sembrano davvero incredibili”.


Il paleoantropologo John Shea della Stony Brook University di New York, non coinvolto nello studio, ha dichiarato che questa scoperta importante cambia ciò che la scienza pensava sui primi esseri umani e l’arte rupestre.
Prima di questo studio, i ricercatori avevano una visione “eurocentrica” di come, dove e quando l’uomo ha iniziato a creare forme artistiche. Conoscere quando è cominciata l’arte è molto importante, perché “è un aspetto che ci definisce come specie”, spiega Aubert.
La collezione nella grotta indonesiana di Sulawesi si compone di più di 100 disegni, conosciuti dai ricercatori fin dal 1950. In una spedizione del 2011, si sono notati alcuni strani affioramenti sui disegni.
Si trattava di depositi minerali accumulatisi nel corso del tempo e che hanno permesso l’utilizzo di una nuova tecnologia di decadimento dell’uranio, in modo da scoprire la vera datazione delle opere. Così, i ricercatori hanno scoperto che i minerali hanno cominciato a depositarsi sui dipinti almeno 40 mila anni fa.