lunedì 13 maggio 2013

Mondo sommerso: Cultura animale, l'illuminante caso delle balene.


Fra le megattere si sta diffondendo sempre più una nuova tecnica di caccia. Grazie a una ricerca durata ben 27 anni, un gruppo di scienziati è riuscito a dimostrare che questa diffusione avviene attraverso un fenomeno di trasmissione culturale, cancellando dubbi e incertezze che circondano gli studi di tipo osservativo.




Mettendo a segno un bel colpo negli studi sulla cultura animale, Jenny Allen, Mason Weinrich, Will Hoppitt e Luke Rendell  basato su dati raccolti nel corso di 27 anni, dimostrando che le megattere si trasmettono culturalmente un particolare modo di catturare i pesci.
Nel 1980 venne osservata per la prima volta una balena impegnata in un comportamento alimentare del tutto innovativo rispetto alla consueta modalità di alimentazione, la creazione della cosiddetta “bolla di alimentazione”. In genere, le balene si immergono sotto un banco di pesci e soffiano bolle di aria verso di essi in modo da creare intorno alle prede una sorta di rete, per poi fiondarsi e attraversare con la bocca aperta il banco di pesci disorientati. 
Ciò che stava facendo quella balena non era mai stato osservato prima: percuoteva violentementecon la coda la superficie dell'acqua prima di soffiare le bolle.
L'anno seguente, Mason Weinrich osservò il comportamento, bettezzato lobtailing, da tail, coda, in cinque balene, e negli anni successivi la strategia di alimentazione sembrò venir adottata da un numero sempre maggiore di esemplari. 
Stavano imparando gli uni dagli altri? 
Poiché si tratta di dati osservativi e non sperimentali, all'inizio appariva problematico stabilire se le balene stessero davvero imparando le une dalle altre o no. 
Forse c'erano più balene che anno dopo anno si comportavano così solo perché i ricercatori lo notavano sempre di più (come quando si viene a conoscenza di qualcosa di nuovo, e poi sembra di vederla ovunque). 
Forse le balene non stavano apprendendo una dall'altra, ma lo imparavano da sole, in modo indipendente.
Un altro potenziale problema con i dati osservativi riguarda la separazione degli effetti ambientali da quelli genetici. In altre parole, era possibile che gli esemplari avessero semplicemente ereditato il comportamento dai genitori e invece sembrava che stessero imparando gli uni dagli altri mentre trascorrevano più tempo con i genitori? Questo è un problema frequente negli studi effettuati in natura, quando gruppi con culture diverse sono spesso quelli con più probabilità di essere strettamente imparentati. 

Per usare un paragone proposto da Rendell, gli Inuit si salutano strofinando il naso sulle guance (un comportamento chiamato 'kunik'), in Italia le persone si salutano con un bacio guancia a guancia. 





Queste popolazioni hanno chiare differenze genetiche, e vivono in condizioni ecologiche molto diverse, ma pochi sosterrebbero che il differente tipo di saluto non è un fatto culturale.
Ma allora come hanno gli scienziati a orientarsi fra tutte queste possibili spiegazioni del nuovo comportamento alimentare? Grazie a un'attenta analisi della “diffusione nella rete sociale”', si può identificare quella che è la spiegazione più probabile per la diffusione di un comportamento. 
Nella cultura umana ci aspettiamo che gli individui che interagiscono maggiormente tra loro siano più propensi a condividere la stessa cultura, in modo simile nel modello usato dagli scienziati è stato ipotizzato che se il comportamento di lobtailing è appreso, allora gli esemplari che lo adottano devono aver passato più tempo con altri esemplari che sfruttano quella modalità di caccia. Per assicurarsi che gli esemplari non avessero solo passato più tempo con i membri della famiglia, i quali potrebbero tutti avere gli stessi “geni per” il comportamento di lobtailing, i ricercatori hanno tenuto conto del fatto che la madre fosse o meno un esemplare che usava il lobtailing per alimentarsi. Aggiungendo tutte le informazioni disponibili su chi era in giro con chi, chi era legato a chi, e altri fattori ambientali che potrebbero influire sul comportamento di lobtailing alimentare, i ricercatori hanno potuto dare la spiegazione più probabile di quello che stava succedendo.
Il modello “migliore” proposto dagli scienziati è davvero interessante: mostra che è estremamente probabile che le balene stiano imparando il comportamento di lobtailing le une dalle altre. In effetti, i modelli secondo cui le balene hanno imparato le une dalle altre sono 54.000 volte "migliori" (vale a dire più probabili del caso) rispetto ai modelli secondo cui le balene imparerebbero quel comportamento da sole. I ricercatori hanno anche scoperto che, anche negli esemplari che imparavano l'uno dall'altro, questo comportamento era più frequente quando abbondavano pesci della famiglia degli ammoditidi. La scoperta sembrerebbe implicare che ci sia qualcosa di speciale in questo pesce, qualcosa che rende quel comportamento particolarmente utile quando si cerca di mangiare quella preda.
Ancora non è chiaro se il comportamento di lobtailing alimentare sia usato solo per gli ammoditidi.
E non è nemmeno chiara la funzione del colpo i coda.
Secondo Rendell, è probabile che disturbi le prede inducendole più spesso a formare gruppi.




Ma potrebbe anche non avere alcuna funzione reale, forse potrebbe far sentire meglio le balene. Anche in questo caso, però, sarebbe un comportamento interessante (e forse ancora  più interessante). Come avviene per molti nemi che si diffondono nella natura umana, anche gli animali possono avere tradizioni inutili.
Una caratteristica unica di questo studio è la durata. Mason Weinrich e colleghi del Whale Center of New England hanno raccolto dati relativi a ben 70.000 avvistamenti di oltre 600 balene nel corso di decenni. Dato che la maggior parte delle borse di studio per scienziati agli inizi della carriera durano solo uno o due anni, e che anche gli scienziati più affermati ottengono soprattutto fondi per pochi anni, la raccolta di questo tipo di dati è estremamente difficile, e rende questo studio ancora più degno di nota. Questa ricerca ha permesso di vedere queste creature sotto una nuova luce, e ha fornito nuovi strumenti per guardare in un modo simile anche altri animali. 
Ma tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la prospettiva offerta da anni di osservazione. Anche se l'evoluzione culturale è generalmente più veloce dell'evoluzione biologica, poter avere una visione sul lungo termine ed essere in grado di osservare come i comportamenti possono cambiare nel corso di alcuni decenni permette una conoscenza impossibile da raggiungere con un lavoro che dura un anno o due.
Ancora non è chiaro come le balene stiano imparando le une dalle altre, ma questo studio è un ulteriore passo verso una maggiore conoscenza della cultura animale. 

Dato che consideriamo la cultura una parte fondamentale dell'essere umano, è difficile non guardare alla cultura animale senza confrontarla con la nostra. 
Ho chiesto a Rendell se la cultura animale è paragonabile alla nostra e che cosa potrebbero dirci sulla cultura umana studi come il suo. Il ricercatore ha sottolineato che c'è una abisso tra la nostra cultura e quello che osserviamo negli animali: “Queste differenze tra gli esseri umani e gli altri animali sono così grandi che per molti antropologi non c'è nulla di indicare come cultura animale che non sia degli esseri umani. 
Focalizzando l'attenzione sui simboli e sui significati, per gli antropologi le due situazioni non sono affatto paragonabili. 
Tuttavia i biologi evoluzionisti tendono a concentrarsi sulla cultura come flusso di informazione alternativa dai geni, cioè come a un secondo sistema di ereditarietà, e da questo punto di vista le differenze sono più di grado che di qualità. 
Attualmente non c'è una risposta universalmente accettata a questa diatriba, ma tutti ammettono che la cultura umana è unica (ma per questo lo è anche la cultura di balene, scimpanzé e uccelli, proprio come volare, camminare, strisciare e nuotare sono tutte modalità uniche di locomozione) ... Capire quello di cui sono capaci o meno gli animali per quanto riguarda la cultura ci aiuta a essere concentrati su quello che rende realmente unica la cultura umana”.
Conoscendo le condizioni che portano alla cultura che osserviamo negli animali, possiamo capire meglio quali condizioni possono avere portato alla cultura più primitiva del nostro passato evolutivo e come sia evoluta fino a quella di oggi.