mercoledì 27 marzo 2013

Africa: Luoghi dell'abitare. Fali, Camerun.

"Si va così dall'uomo al cosmo e dal cosmo all'uomo, l'uno e l'altro sempre presenti nell'intera abitazione così come nei suoi elementi".
(Jean-Paul Lebeuf).





Il senso dello spazio abitativo dei Fali del nord del Camerun si definisce nella rete di rimandi che unisce il microcosmo umano al macrocosmo, il maschile al femminile, la tartaruga al rospo.
L'universo è stato infatti originato dall'equilibrio fra le due uova cosmiche del rospo (principio femminile) e della tartaruga (il principio maschile): il guscio del primo ruotava da est vero ovest e quello del secondo andava da ovest verso est, con il contenuto di ciascun uovo si muoveva in senso inverso al proprio guscio.
Il mondo si è originato dalla loro collisione al centro.
Ogni ulteriore differenziazione è poi nata dalle vibrazioni di questi principi opposti e complementari.
A livello dell'abitazione questo moto generativo assume la forma di un'interazione fra la parte cilindrica in muratura (femminile) e il tetto conico in paglia (maschile) ruotanti in senso inverso.
La disposizione degli elementi abitativi così come dei gruppi sociali segue un modello di tipo antropomorfo.
Particolare importanza assume il granaio, la cui altezza è quella di un uomo e che è strutturato come un corpo umano, con testa, collo, corpo e piedi (le pietre che lo sostengono staccandolo da terra).
Le dimensioni del recinto familiare e il numero delle unità abitative variano con l'età del capofamiglia e quindi con il numero delle mogli e dei figli, dapprima ampliandosi e poi, quando le mogli muoiono e i figli si sposano, riducendosi.
Il mobilio, a cominciare dal letto per arrivare a mensole e ripiani, ha carattere permanente, è cioè fuso nell'architettura stessa della casa in quanto modellato anch'esso con un impasto di paglia e argilla.






Bando totale in UE a cosmetici testati su animali





Da oggi stop definitivo ai cosmetici testati sugli animali e alla loro commercializzazione in Europa. E' infatti entrato in vigore senza rinvii, a differenza di quanto temuto negli scorsi mesi, il bando totale Ue dei test sugli animali per i prodotti di bellezza, un processo avviato da Bruxelles gradualmente per fasi dal 2003.
Nessun cambiamento, invece, per le norme che riguardano i test sugli animali in materia di farmaci, cibi o prodotti chimici, che restano quelle attualmente in vigore.




martedì 26 marzo 2013

L'antica meridiana nella Valle dei Re.




Probabilmente era utilizzata per scandire le ore lavorative degli operai impegnati nella costruzione delle stesse tombe in prossimità delle quali sarebbe stata rinvenuta solo molto tempo dopo. E' l'antica meridiana scoperta durante degli scavi nella Valle dei Re, in Egitto, da un team di ricercatori della University of Basel, guidati da Susanne Bickel. La meridiana, ritrovata durante i lavori eseguiti per liberare l’entrata di una delle tombe, è fatta da un pezzo di pietra (chiamata ostracon) la cui base misura circa 16 cm, sul quale è stato tracciato un semicerchio di pittura nera suddiviso in dodici sezioni di circa 15 gradi ciascuna (a loro volta contenenti altri puntini, per scandire meglio il tempo). 
Al centro della base un foro permetteva di inserire una vite di metallo o di legno che avrebbe proiettato la sua ombra durante la giornata. Ritenuta uno dei più antichi esemplari di questo genere, la meridiana è stata ritrovata in una zona risalente al XIII secolo a.C., che ospitava gli operai impiegati nella costruzione delle tombe, che la usavano forse proprio per scandire il loro lavoro, anche se non sono esclusi altre interpretazioni più simboliche, che legano la meridiana al Dio Sole e alla sua progressione attraverso gli inferi.  La meridiana si aggiunge ai più di 500 oggetti rinvenuti dai ricercatori dal 2012, di cui fa parte anche un sarcofago contenente la mummia di una donna vissuta circa 3500 anni fa.
Riferimenti e credits immagine: University of Basel


Russia: La ricca tomba di un guerriero.






Nascosta in una necropoli sulle montagne del Caucaso, in Russia, gli archeologi hanno scoperto la ricca sepoltura di un guerriero.
Risalente tra il III secolo a.C. e il II secolo d.C., la necropoli apparteneva a una civiltà non ancora identificata, ma comunque chiaramente influenzata dai Greci, sostiene la ricercatrice Valentina Mordvintseva.
Il guerriero venne sepolto con una dozzina di oggetti d’oro, un’ascia, una cotta di maglia e due spade di ferro (una, posta tra le due gambe, lunga 91 cm). Vicino a lui vi erano anche i resti di tre cavalli, una mucca e un cinghiale – “un segno della grande importanza della persona”, scrive Mordvintseva.



La necropoli si trova vicino alla città di Mezmay. Sebbene i tombaroli l’avessero già visitata, questa tomba sembra essere intatta. Basandosi sui manufatti, la sepoltura è stata datata a 2.200 anni fa, mentre la necropoli fu utilizzata tra il III secolo a.C. e il II secolo d.C.




Ecco come riconosciamo le emozioni dei cani.




Mal è un cane da pastore belga di cinque anni. Guarda dritto l'obiettivo della macchina fotografica: è felice perché i suoi padroni lo hanno elogiato e gli hanno accarezzato il pelo. E basta guardarlo per capire il suo stato d'animo: orecchie in su elingua in fuori, una manifestazione inconfondibile di giubilo. In effetti, tutti coloro che possiedono cani sono perfettamente in grado di associare l'espressione facciale dei loro animali con l'emozione che stanno provando. E anche la scienza pare essersene convinta: uno studio dei ricercatori della Walden University di Minneapolis, pubblicato sulla rivista behavoiural Processes, ha infatti confermato, esperimenti alla mano, l'esistenza di un'empatia emozionale tra cani ed esseri umani, grazie alla quale è possibile “decodificare” le espressioni facciali degli animali.


“Non ci sono dubbi che gli esseri umani abbiano la capacità di riconoscere gli stati emozionali dei loro 'simili' e comprenderne accuratamente le espressioni facciali”, spiegaTina Bloom, una degli autori della ricerca. “Il nostro lavoro mostra che gli esseri umani sanno comprendere altrettanto accuratamente, se non perfettamente, almeno una delle espressioni facciali dei cani. Pensiamo che esistano modelli che connettono gli esseri umani con il resto dell'ecosistema, e uno di questi è quello che abbiamo chiamatocomunicazione emozionale”.


Nel loro lavoro, i ricercatori hanno “indotto” Mal a provare diverse emozioni basilari: felicità, tristezza, paura, disgusto, sorpresa e rabbia. Le fotografie dell'animale sono state mostrate ai volontari, che sono stati divisi in due gruppi a seconda della loro esperienza in fatto di cani. L'emozione più facile da riconoscere è stata di gran lunga la felicità, con l'88 per cento di risposte corrette; a seguire la rabbia con il 70 per cento, poi la paura e la tristezza con il 45 per cento e il 37 per cento, rispettivamente.


Le espressioni canine più difficili da identificare sono state la sorpresa e il disgusto, al 20 per cento e 13 per cento. L'aspetto curioso è stato che i volontari senza alcuna esperienza si sono rivelati più bravi nell'identificazione di queste ultime emozioni: secondo i ricercatori, potrebbe dipendere dl fatto che i proprietari di cani tendono a pensare che l'animale riproduca queste espressioni solo “per gioco”. Gli scienziati sostengono che l'associazione tra smorfie facciali ed emozioni sia un'abilità naturale degli esseri umani. 


Secondo Bloom, serviranno ulteriori ricerche per determinare se l'empatia emozionale con i cani si possa estendere a tutti gli animali o dipenda dal fatto che esseri umani e cani si sono evoluti fianco a fianco per oltre 100.000 anni: “Se avessi adottato un serpente o una tartaruga, non credo che sarebbero state così emozionalmente connesse a me come potrebbe esserlo un cane”, ha concluso.

Nuovi Obiettivi del Millennio: L'ambiente soprattutto.




È fissata per il 2015 la scadenza degliobiettivi del millennio (Millenium Development Goals, o Mdg), l'agenda per lo sviluppo firmata da tutti i paesi delle Nazioni Unite durante il summit di New York del 2000. Con ladeadline ormai alle porte, è stato quindi deciso di sviluppare una nuova lista di obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sustenable Development goals, o Sdg), con cui aggiornare gli Mdg per il post 2015. Un'apposita taskforce è già a lavoro per sviluppare i punti da inserire nell'agenda, ma se in futuro la lotta alla povertà continuerà ad essere l'obiettivo primario, questa da sola potrebbe non essere più sufficiente. A lanciare l'allarme è un gruppo di esperti guidato da David Griggs dell'università australiana di Monash, in un commento apparso su Nature. Secondo gli autori, icambiamenti climatici rappresentano infatti un rischio tale per l'ecosistema terrestre che, senza interventi concreti in direzione di uno sviluppo che salvaguardi la stabilità delpianeta, tutti i progressi fatti nella lotta alla povertà e alla fame potrebbero risultare vani.


L'analisi di Griggs e colleghi parte da una constatazione: la capacità dell'uomo di modificare l'ambiente ha dato vita a una nuova epoca geologica, l'antropocene, in cui il principale fattore di cambiamento sul pianeta è rappresentato appunto dalla nostra specie. Se non verranno fermati per tempo, i mutamenti prodotti dall'attività umana modificheranno in maniera irreversibile l'ecosistema terrestre, provocando fenomeni come siccità, eventi metereologici estremi, diminuzione delle risorse alimentari, degradazione degli ecosistemi, acidificazione degli oceani e innalzamento del livello delle acque. Pericoli reali, che metterebbero a rischio lo sviluppo e scatenerebbero crisi umanitarie a livello globale.



Per questo motivo Griggs e colleghi ritengono che la lotta alla povertà non possa più prescindere dal perseguimento di uno sviluppo sostenibile. Un doppio obiettivo, che potrebbe essere raggiunto, aggiornando gli Mdg con un occhio di riguardo verso un minore sfruttamento delle risorse del pianeta. Sono sei gli obiettivi identificati nell'articolo: far prosperare l'ambiente (e di riflesso la vita umana); accesso sicuro e sostenibile al cibo; accesso sicuro e sostenibile all'acqua; energia pulita universale; ecosistemi sani e produttivi; autorità pensate per uno sviluppo sostenibile.


Per comprendere l'approccio proposto da Griggs può essere utile qualche esempio. Per quanto riguarda l'accesso al cibo, gli autori suggeriscono una diminuzione delle quantità di azoto e fosforo utilizzate in agricoltura: andrebbe limitato a 35 milioni di tonnellate entro il 2030 l'azoto estratto ogni anno dall'atmosfera, a 10 milioni di tonnellate il fosforo immesso negli oceani, e dimezzato quello gettato in fiumi e laghi, aumentando però al contempo del 20% l'efficienza dei fertilizzanti entro il 2020, per garantire cibo sufficiente ai i paesi in via di sviluppo. Riguardo all'acqua invece, i prelievi  da fiumi e bacini idrici dovrebbero essere portati sotto la soglia del 50-80% del flusso di acqua annuale, puntando su una gestione integrata delle risorse idriche per garantire a tutta la popolazione mondiale accesso ad acqua potabile e servizi igienici.


Il principio alla base della nuova agenda rimarrebbe dunque lo stesso che ha animato gli Mdg, ridurre cioè la povertà e la fame, migliorare la salute, e creare pattern di sviluppo e di consumo sostenibile, ma con una maggiore attenzione al reciproco rapporto tra uomo e ambiente. Un cambiamento che secondo Griggs non può prescindere da profondi mutamenti nello scacchiere economico internazionale. Le autorità nazionali dovrebbero quindi porre un costo allo sfruttamento delle risorse naturali, e tassare i comportamenti non sostenibili. Andrebbe rafforzata la gestione internazionale dei beni comuni, con accordi stringenti per fermare i cambiamenti climatici e uno stop deciso alla perdita dibiodiversità e allo sfruttamento eccessivo degli ecosistemi. Secondo Griggs e colleghi, questa è l'unica strada per garantire che i progressi fatti verso lo sviluppo globale non vengano persi a causa dei danni da noi stessi apportati all'ambiente in cui viviamo.



Italia: L'enigma della balena e del delfino spiaggiati in Versilia.





Una balenottera comune di oltre 17 metri di lunghezza e circa 18 tonnellate di peso si è spiaggiata nel primo pomeriggio del 19 marzo in una piccola ansa del litorale di Rosignano all’altezza del bagno “ Lo Scoglietto”. Il mammifero è arrivato sulla spiaggia già morto.
Da giorni avevano avvistato la balena al largo delle coste di Cecina. “Si avvicinava alla spiaggia con un movimento irreale, sospinta da onde e correnti: era già morta poveretta”, raccontano i pescatori. 
Poi lo spiaggiamento sul litorale di Rosignano e la conferma che la balena, una delle più grandi mai arenate sulla costa toscana, era stata uccisa da giorni da un qualcosa che ancora non si conosce.
Forse lo stesso male oscuro che, il giorno dopo il ritrovamento del grande cetaceo, ha stroncato anche un delfino di quasi due metri e di oltre cento chili di peso: per morire ha scelto un tratto di spiaggia di Marina di Castagneto, a poche decine di chilometri a sud di Rosignano, vicino al Gran Hotel Tombolo, in prossimità della seconda torretta di avvistamento del litorale.

Chi o cosa ha ucciso la balena e il delfino? Biologi marini arrivati da tutta Italia si stanno interrogando e hanno già compiuto prelievi sugli animali. Una delle ipotesi è che quelle due morti siano attribuibili al terribile virus, il morbillo dei cetacei, che ha già provocato la morte di oltre cento delfini. 
Ma c’è chi, come Greenpeace, parla di una morte annunciata, provocata dall’inquinamento. S’indaga anche sui 140 fusti tossici persi più di un anno fa da un cargo della Grimaldi in navigazione al largo delle coste toscane, ma le possibilità di collegamento tra l’episodio e la morte della balena e dei delfini sono molto remote.
Veterinari e biologi marini dell'Università di Padova ed esperti dell’Arpat, l'agenzia regionale per l'ambiente, hanno eseguito sulla balena prelievi di tessuto che domani saranno analizzati. Altri accertamenti saranno eseguiti dall’ateneo di Siena e dall'Istituto zooprofilattico di Pisa. La carcassa dell’animale è stata poi scarnificata e si pensa di recuperare lo scheletro che potrebbe essere esposto nelle sale del museo naturale di Rosignano.

In attesa del responso delle analisi, Greenpeace in una nota parla di “morte annunciata” ricordando che sulla costa tirrenica c’è stata una moria di più di 80 stenelle (una specie di delfino). E la cosa più triste, secondo gli ambientalisti, è che tutto ciò accade nel Santuario dei Cetacei, un’area che dovrebbe tutelare questi straordinari mammiferi.
C’è molta preoccupazione tra esperti e ambientalisti, anche perché tra poco nel Santuario inizierà la “Danza d’amore”, cioè i corteggiamenti che anticipano la riproduzione dei cetacei. Uno spettacolo straordinario e delicatissimo per la specie. I delfini ballano la “danza” vicino alla costa, soprattutto quella della Versilia, con una grazia incredibile.
Ma anche con quel carattere forte che contraddistingue i maschi che in alcuni casi “rapiscono” le femmine. Anni fa i biologi di Viareggio riuscirono a individuare le decine di esemplari che parteciparono al rito nuziale dando a ciascuno di loro un nome. 

Egitto: La piramide di un visir.




In Egitto una missione archeologica belga ha ritrovato la base di una piramide di oltre 3.000 anni fa che una volta si ergeva per 15 metri di altezza.
La struttura, situata a Sheikh Abd el-Qurna, nei pressi di Luxor, apparteneva a Khay, visir del faraone Ramses II (1279-1213 BC). Al suo interno sono state rinvenute raffigurazioni del dio Ra-Harakhti. 
ll monumento venne poi in gran parte smantellato nel VII e VIII secolo d.C., quando la tomba fu trasformata in un eremo copto. 

La scoperta è importante “perché il visir Khay era noto agli egittologi da un gran numero di documenti, ma il luogo della sua tomba era sconosciuto”, dicono gli archeologi. La tomba non è ancora stata trovata, ma gli scavi sono in corso.




venerdì 22 marzo 2013

Aree naturali protette d'Italia: Nebrodi (Sicilia)




Monti di dolce conformazione mammelliformi, boscosi e ricchissimi d'acqua, i Nebrodi offrono spettacoli unici.
Affacciati da una parte al Mar Tirreno e dall'altra alla Valle Etnea, alternano in successione orizzonti vegetazioni di spiccata individualità: il piano costiero di macchia mediterranea e sughereta; il piano supramontano di querce e cerri; il piano montano dalle splendide faggete, estese per oltre 10 mila ettari, al limite più meridionale del loro areale europeo.
"Monti verdi" per eccellenza, i Nebrodi offrono copiose riserve idriche: laghi d'alta quota come il Biviere di Cesarò (1278 m.), sorgenti e bacini artificiali in parte rinaturalizzati, come il lago d'Ancipa.









In questa acque vive celata agli occhi dei più la tartaruga palustre, mentre fra la vegetazione acquatica, anatre e aironi amano sostare durante la migrazione.
Sui pascoli d'alta quota corrono liberi i bellissimi cavalli Sanfratellani e scorre fulminea l'ombra dell'aquila reale.
La quaglia e la coturnice di Sicilia (Alectoris graeca whitakeri) trovano qui i loro ultimi e provvidenziali rifugi insulari.
Il Parco tutela questa ricchezza di vita naturale insieme ai prodotti e alle opere dell'uomo: gli antichi bagli, le secolari trazzere di pastori, il grano che splende nei valloni tra le rocce calcaree di Alcara li Fusi, i salumi ottenuti con le carni del suino nero di Nebrodi, i latticini.
Il Parco del Nebrodi è attraversato da est a ovest dal Sentiero Italia.




Le tappe previste sono le seguenti: Capizzi (1100 m.)- Villa Miraglia (1502 m.) in 6 ore e 30 minuti, 24 km, dislivello 900 m.; Villa Miraglia-Floresta (1275 m.) in 8 ore e trenta minuti, 27 km, dislivello 550 m; Floresta-Randazzo (754 m.) in 4 ore e trenta minuti, 16 km, dislivello 200 m.
I boschi dei Nebrodi, favoriti anche da abbondanti riserve idriche, testimoniano l'originario aspetto forestale di gran parte della Sicilia.