sabato 5 gennaio 2013

Politica e ambiente: parliamone, o la parrocchia di Fabio Fazio ne ha l'esclusiva?


Politica e ambiente: parliamone, o la parrocchia di Fabio Fazio ne ha l'esclusiva?



Di Guido Mattioni


Se per davvero non mi è sfuggito qualcosa, almeno fino a oggi, tra le tante schegge imbolsite (magari fossero impazzite!) che sobbollono nel calderone maleodorante di questa indesiderata campagna elettorale anzitempo, mi pare di poter dire che un unico grande argomento sia assente dal dibattito: quello ambientale. 
Ho sentito parlare di tutto, meno che di aria, di acqua, di erba, di cielo e di che cosa fare per mantenerli puliti. O per fare sì che ritornino ad esserlo. Silenzio anche sulla terribile piaga delle ecomafie, forse perché su quella esiste l’accordo tacito tra le forze politiche di non andare a toccare il monopolio in materia del salmodiante auto-martire Roberto Saviano. La sede unica per affrontare quel tema è insomma la parrocchietta perbene e perbenista di don Fabio Fazio. Loro hanno insomma l’esclusiva. Astenersi comuni mortali e peccatori.
Certo, sull’Ilva di Taranto le diverse forze in campo e gli schieramenti litigano e si differenziano, si scannano e si infilano le dita negli occhi, ma la sensazione è che non si tratti di un sano e chiaro scontro sul merito della vicenda, quanto di un confuso vociare su quello così come su qualsiasi altro tema, dal Fisco a Ruby Rubacuori, dall’Euro a Benigni, dalla promessa “io toglierò per prima cosa l’Imu” agli insopportabili “vaffa” di Grillo, dal “Culona Kaputt” al solito “Padania libera”, dal “Formigoni no”, al contrapposto ”Albertini sì”. Un parlare per parlare, insomma. O meglio, un gridare tanto per gridare dal momento che tutte le forze politiche in campo (nazionali o pugliesi, la destra così come la sinistra, senza dimenticare il centro) sembrano avere il solo interesse a non approfondire la questione Ilva, dato che ciascuna di esse porta sulle spalle il proprio pezzo di responsabilità storica nell’aver creato quella bomba chimica e cancerogena là dove un tempo sorgeva una città affacciata su uno dei mari più belli d’Italia. Idem non hanno interesse ad approfondire il tema gli imprenditori quanto i sindacati, silenti per decenni su quella vergogna assassina: i primi in nome del profitto, gli altri in quello dell’occupazione. Al massimo si organizza una bella e risolutiva fiaccolata notturna con i bambini in prima fila, “che vengono così bene in tv”.
Faccio una doverosa premessa, per portare la necessaria chiarezza: io non sono mai stato un Verde e in fondo non mi ritengo nemmeno un Ecologista (così come non ho e non ho mai indossato casacche politiche di qua o di là, ritenendomi quindi legittimato a picchiare liberamente sugli uni così come sugli altri). Sono invece certo di essere “un-Uomo-che-ama-sopra-ogni-cosa-la-Natura” e che ha cercato di palesarlo anche in un romanzo nel quale la Natura non è infatti il mero sfondo sul quale si muovono i diversi personaggi umani, bensì una dei protagonisti della vicenda narrata. Per me la Natura, anzi Mother Nature, così come la chiamano con il dovuto affetto filiale nel mondo anglosassone, è una maestra di vita quotidiana; è la meraviglia di tramonti dalle sfumature cromatiche mai uguali; è la scansione invece sempre identica con la quale all’alba danno sfogo uno dietro l’altro i diversi generi di uccelli, sempre nello stesso ordine temporale, un genere dopo l’altro; è infine per un laico pieno di dubbi, quale sono, la sola e vera dimostrazione dell’esistenza di un Dio.
Mi ritengo quindi uno che proprio per questo considera le due parole succitate – Verde ed Ecologista – come altrettante etichette. Fastidiose e poco credibili come lo sono del resto tutte le etichette. A rendermele tali (e penso in fondo a renderle tali anche a chi ai temi dell’Ambiente sarebbe sensibile più che su tanti altri argomenti) è stata l’incapacità della politica nostrana di esprimere un movimento ecologista degno di questo nome e del dovuto rispetto. Non ne è stata capace proprio perché da un lato ha anteposto l’interesse e quindi l’approccio tipico della politica, ovvero quello del potere per il potere, dell’occupazione degli spazi, riciclando volti e nomi un po’ bolsi e tanto decotti di una ex sinistra extraparlamentare (ma anche parlamentare) divenuta di difficile collocazione, ma che proprio in omaggio a quella logica, quella del potere, ma anche del più banale “tengo famiglia” doveva essere comunque recuperata; mentre dall’altro ha affidato il vessillo della battaglia ecologica a ciechi e ottusi talebani verdi. Ovvero a gente che non avendo mai per formazione propria frequentato la Libertà, ignorava del tutto che proprio la Libertà è la materia prima di cui è fatta Madre Natura.
Così, in questo clima, a fine febbraio, gli italiani si avvieranno ancora una volta rassegnati, con i loro certificati in mano, verso i seggi elettorali. In parte crederanno al Cavaliere che promette di togliergli l’Imu e in parte daranno retta a quelli che giurano di mettere invece il medesimo in cella; chi dando fiducia a quel grigio Tecnico che doveva cambiare le cose e che invece si accompagna a due improponibili dinosauri della peggiore politica (un ex fascista e a un ex democristiano) e chi scommettendo sulle parolacce sputate fuori con rabbia da un ex comico che non riesce a fare più ridere nessuno. Se ne andranno ancora una volta verso i seggi, stancamente, gli italiani. Se ne andranno a esprimere il loro mezzo voto, perché il restante 50% (quello con il quale una volta davano la preferenza) è stato tolto loro da una legge elettorale che fa perfino più schifo di chi l’ha firmata. Cercheranno, andando ai seggi, di respirare il meno possibile dato che quel giorno tirerà una brutta aria. Tutto perché a Madre Natura non è stata mai ridata la sua Libertà.