mercoledì 9 gennaio 2013

Etruschi: Impianto Urbano.


"Divisero la città in lunghezza tracciando quattro strade e in larghezza la divisero con altre tre strade.
E' la costruzione della città apparve ben fatta". (Diodoro Siculo).





Il fenomeno urbano è un tratto distintivo dell' Etruria, dipinta dalle fonti classiche come un paese di città.
Eppure la quasi totale "invisibilità" degli impianti urbani etruschi ha a lungo limitato le conoscenze sui modi e caratteri di tale fenomeno.
Il processo, iniziato con la formazione di "protocittà" nell'IVI secolo a.C. si compie due secoli dopo in città a capo di vasti territori, dotate di aree ed edifici diversificati, di perimetri fortificati e di una complessa articolazione economica.
Ma, quanto all'immagine urbana, un conto sono i più antichi centri, un altro le città di nuova fondazione.
I primi, formati per sinecismo nella prima età del Ferro, crescono in modo spontaneo e irregolare adattandosi al territorio.
Le seconde (e solo queste) nascono dal VI secolo a.C. già "ordinate", pianificate secondo regolari schemi ortogonali non vincolati da preesistenze.
Simili impianti non sono connaturati al mondo etrusco.
Piuttosto, l'esigenza di ridefinire l'organismo urbano e di ripartirne più razionalmente gli spazi, le tendenze egualitarie suggerite dall'emergere di un nuovo ceto medio e gli stimoli recepiti dalle fondazioni coloniali greche conducono entro il Vi secolo alla formulazione di una dottrina etrusca della città e insieme favoriscono il processo di razionalizzazione urbanistica.
I riflessi macroscopici si colgono negli impianti di alcune necropoli o di colonie di nuova fondazione, che applicano gli stessi principi codificati nel V secolo a.C. in Grecia con i progetti firmati dall'architetto Ippodamo di Mileto.






Veduta aerea dell'impianto di Marzabotto


Marzabotto è nata così come gli scavi l'hanno rivelata, progettata e realizzata secondo un piano prestabilito, e non si è trasformata con il tempo.
Le prime costruzioni in pietra risalgono al 520-500 a.C.
Gli otto quartieri principali sono divisi ognuno in cinque insulse rettangolari occupate da circa sette-otto case ciascuna, molto ampie (600-800 mq), del tipo a cortile.
Un ciottolo con linee perpendicolari incise sul fondo di un pozzetto funge da cippo con la decussis, che indica le direzioni celesti.
Il concetto di Templum celeste definisce l'orientamento degli assi della città.
In Etruria l'applicazione dello schema ippocampo coniuga alle istanze politiche e sociali il pervasivo determismo religioso, che si concretizza in una specifica prassi rituale, qui ricostruibile.
Cronologia e analogie formali svelano una ripresa del sistema adottato nelle grandi poleis dell'Italia meridionale, nel quadro di una forte interazione con l'ambiente greco coloniale.







Necropoli della Banditaccia a Cerveteri


Nella Necropoli della Banditaccia la stagione dei tumuli, eretti in forme più o meno monumentali, si chiude con il VII secolo.C.
Le numerose tombe a "dado" e a "facciata" si allineano aprendosi su assi viari rigidamente ortogonali.
All'affermazione di un ceto di benestanti si accompagna l'azione normativa di entità politiche sovra-gentilizie, che ora limitano e contengono il potere delle élite aristocratiche.
Con Volsinii/Orvieto, Cerveteri è il caso più emblematico di una necropoli che riflette nella sua evoluzione il cambiamento che investe i grandi centri dell'Etruria meridionale.
L'organizzazione in veri e propri piani urbanistici riflette la forte tendenza all'isonomia, con regole d'uso che interessano lo spazio urbano e quello dei morti.