giovedì 26 gennaio 2012

Ragusa: Ergasterion, fucina di archeologia.

Ragusa: Ergasterion, fucina di archeologia.
Dall'iconografia vascolare siciliota alla riflettura dei fratelli Cafici.





Continua “Ergasterion, "Fucina di archeologia”, il ciclo di incontri promosso dalla sezione di Ragusa dell’associazione “SiciliAntica”.
Nonostante una parziale modifica, rispetto a quanto previsto originariamente in calendario, degli interventi e del tema dell’incontro, venerdì 27 gennaio il sesto appuntamento si terrà regolarmente all’auditorium di San Rocco a Ibla a partire dalle 17,30.
Sarà l’occasione per fare intervenire Saverio Scerra, funzionario archeologo della Soprintendenza di Ragusa, che si occuperà delle “Metodologie di approccio allo studio dell’iconografia vascolare siceliota” facendo particolare attenzione alla commercializzazione di queste produzioni nel Mediterraneo in una particolare epoca storica, la seconda metà del IV secolo a.C. Il tema dell’appuntamento di venerdì, che sarà “Miscellanea archeologica”, sarà poi caratterizzato dalla presenza di Damiano Bracchitta.
Della rilettura dei lavori scientifici pubblicati dai fratelli vizzinesi Corrado (1856-1954) e Ippolito Cafici (1857-1947) in un arco di tempo più che cinquantennale parlerà, infatti, l’archeologo, dottorando in Archeologia presso la University of Malta, affrontando una rilettura che offre, ancora oggi, soprattutto in un’ottica di approfondimento storiografico, interessanti spunti per comprendere il ruolo che i diversi modelli interpretativi concepiti tra Ottocento e Novecento hanno assunto nell’elaborazione dell’idea di preistoria siciliana sopravvissuta fino all’avvento di Luigi Bernabò Brea, chiarendo, altresì, in che misura le intuizioni dei due studiosi siciliani, accanto alle acquisizionidi Orsi, abbiano inciso sull’attuale assetto della ricerca preistorica in Sicilia.
Infine Mario Cottonaro, specializzato in Archeologia classica presso l'Università di Catania e dottorando in Scienze archeologiche e Storiche presso l’Università degli Studi di Messina, illustrerà il progetto inerente l'iconografia e gli elementi produttivi produttivi del tipo iconografico della cosiddetta Artemide Sicula, dopo aver effettuato un esame diretto dei reperti fittili, catalogabili nel contesto di uno speciale orizzonte iconografico e custoditi nei musei di tutta la Sicilia.
Ne fa parte anche il materiale custodito presso il Museo Archeologico di Ragusa, proveniente dai siti di Kamarina e Scornavacche.



Terrae: Napoli, città dell'archeologia.
Archeologia, arte e spettacolo si fondono a Napoli per un viaggio alla scoperta di tre continenti e delle loro culture.




Il 27 gennaio a Napoli ha inizio un viaggio alla scoperta di tre continenti e delle loro culture. Dalla Napoli esoterica ai viaggi di Marco Polo nelle terre di Kubilai Khan, dalle storie di pirati alle nuove scoperte archeologiche in Giappone, dal Medio Oriente all’Egitto.
Archeologia, racconti storici, musica, danza, teatro, reading, degustazioni, proiezioni cinematografiche: un giro del mondo nel cuore del centro storico di Napoli per raccontare culture vicine e lontane scoprendo i mille fili che legano tra loro le civiltà attraverso i secoli.
Il programma si articola in 6 appuntamenti in Piazza San Domenico Maggiore dalle 18:00 alle 21:00 promossi da Archeologia Attiva, società specializzata in ricerche e missioni archeologiche e prima libreria archeologica del Mezzogiorno, in collaborazione con il Gran Caffè Neapolis.

Finalmente per la prima volta in Italia, un evento veramente dedicato all'archeologia. Non solo per gli addetti ai lavori: le avventure, le missioni, i nomi nuovi e poi musica e spettacoli a tema con l'argomento della giornata, degustazioni etniche.
Per il primo incontro, che sarà anche di presentazione del calendario, tra gli interventi dei relatori/avventurieri, la teatralità di Raffaele Bruno ed il suo Delirio Creativo e la musica di Rosario Volpe, Antonello Petrella, Marco Garofano, Rete Co'mar e tanti altri.
Il ciclo di incontri è organizzato con il patrocinio della Regione Campania, della Provincia di Napoli e del Comune di Napoli ed è sponsorizzato dalla Suozzo Assicurazioni Agenzia AXA, la prima agenzia ad aver inserito il “Codice Archeologico” nelle categorie professionali assicurate.
Inoltre, l'evento sarà in collaborazione con la Scuola di Pace che insegna gratuitamente italiano agli extracomunitari, perfettamente in armonia con i principi di scambio e crescita culturale propri dell'archeologia.
Queste tutte le date:
27 Gennaio – Alla scoperta del vero volto di Neapolis
24 Febbraio – Il potere delle immagini. Dalla preistoria a Facebook
30 Marzo – Il mare, il viaggio, gli uomini, le storie. Le onde che bagnarono le culture
27 Aprile – Il Medio Oriente: il seme profondo dell’anima mediterranea
25 Maggio – L’Egitto: dall’Africa a Piazzetta Nilo, dal Nilo a Piazzetta Nilo
29 Giugno – L’Archeologia oggi: cosa c’è sotto gli strati moderni?
La partecipazione all'evento è gratuita.



mercoledì 25 gennaio 2012

Africa Popoli: Mangbetu. Congo.

Africa Popoli: Mangbetu.


"Potevo ora deliziare i miei occhi con la fantastica figura del re del quale mi era stato riferito che si cibava quotidianamente di carne umana". (G: Scheweinfurth).




I Mangbetu sono una popolazione di circa ottocentomila persone probabilmente originaria dell'attuale Sudan e da lì migrata nelle foreste del nord-est del Congo dove si è mischiata con le popolazioni  bantu e pigmee (Mbuti) che ha incontrato, stabilendo con esse legami matrimoniali.
Il termine "Mangbetu" designa in realtà solo l'aristocrazia legata al linguaggio regnante e non l'insieme della popolazione.
La base dell'alimentazione era data dalla caccia e dalla coltivazione di banane e manioca.
Per quanto i frutti della foresta maturini tutto l'anno, diversamente da altre popolazioni, i Mangbetu hanno costruito depositi dove conservano le banane, la carne e il pesce seccati o affumicati.
Nel corso del XIX secolo le istituzioni politiche Mangbetu assunsero la forma di un regno per iniziativa di Nabiembali; alla metà dell'ottocento il regno si divise in due per conseguenza dell'indebolimento seguito ai continui attacchi dei vicini Zande.
Fu la volta dei Nubiani mussulmani che intorno al 1850 coinvolsero i capi Zande e Mangbetu nel commercio dell'avorio e degli schiavi frazionando il regno in tanti sultanati.
Alla fine del secolo arrivarono gli europei (Belgi, Francesi e Inglesi) che cacciarono i mercanti di schiavi e sottomisero i Mangbetu alla propria autorità.




I vasi Mangbetu costituiscono un esempio di arte di corte con funzione politica svincolata da ogni significato religioso. la loro apparizione è contestuale all'arrivo dei belgi: venivano loro mostrati per testimoniare i fasti delle corti Mangbetu e proporsi come interlocutori politici.
La forma allungata della testa riprende le deformazioni craniche a finalità estetica delle donne, enfatizzate dall'acconciatura allungata.
La base del recipiente assume anch'essa forma figurativa divenendo il corpo della donna.
In questa forma di "arte di contatto" confluiscono due filoni, fino ad allora separati, della tradizione artistica Mangbetu: quello delle terrecotte non figurative e quello della scultura figurativa su legno; la presenza europea ha quindi portato a una domanda esterna di oggetti figurativi che ha indotto a una configurazione delle arti locali.





La pratica dell'allungamento della testa ai fini estetici si è mantenuta presso i Mangbetu fino alla metà del novecento quando fu dichiarata fuorilegge dal governo coloniale belga.
Per ottenere questo effetto, le teste dei neonati venivano fasciate con rafia e capelli dal primo giorno di vita.
La pratica dell'allungamento della testa nasce come moda aristocratica per poi diventare un ideale di bellezza comune a tutti gli strati sociali e condiviso anche da popolazioni vicine.
Nei periodi di lutto l'acconciatura viene "spezzata" e talora viene rasata la testa.




Il botanico tedesco Georg Schweinfurth passò una ventina di giorni fra i Mangbetu nel 1868.
Malgrado il suo breve soggiorno egli con i suoi disegni esercitò un'influenza durevole sull'immaginario occidentale favorendo la creazione di uno stereotipo che è servito da guida per i viaggiatori successivi: vi si esalta la nobiltà dei re Mangbetu, gli splendori della vita di corte ma anche la repulsione suscitata dal "cannibalismo".



Africa Popoli: Masai. Kenya e Tanzania.

Luoghi: Mitla. Messico.

Luoghi: Mitla. Messico.
Messico, Oxaca 16° 55' N, 96° 18' O.


"Passarono allora per un villaggio che si chiama Mitla, dove trovarono alcuni degli edifici più belli che in qualunque altra parte della Nuova Spagna". (Toribio de Benavente).





Nata come piccolo villaggio attorno al 1000 a.C., in una zona che aveva visto insediamenti antichissimi, dopo la fine di Monte Alban (inizio dell'VIII secolo), Mitla divenne una delle città più importanti della regione dell'Oaxaca e vide un susseguirsi di insediamenti mixtechi e zapotechi, che potrebbero essere sia il risultato di campagne militari sia di movimenti migratori.
Nel 1464 fu conquistata dagli Aztechi, ma continuò ad essere abitata da una popolazione prevalentemente zapoteca. Il suo centro cerimoniale presenta cinque complessi monumentali che si caratterizzano per l'uso massiccio di mosaici, originariamente dipinti, utilizzati per decorare le pareti dei palazzi con motivi geometrici.
La popolazione viveva tra questi complessi e, soprattutto, a sud del piccolo fiume che attraversa la città.
Recentemente, attorno a Mitla sono stati individuati piccoli insediamenti destinati a rifornirla non solo di prodotti agricoli, ma anche di tessuti e pietre lavorate.
La funzione di protezione della città nei turbolenti tempi del Postclassico era affidata a una fortezza costruita su una collina vicina.
Gli Aztechi la chiamavano Mictlan (L'Inframondo, in questo caso: "Dove ci sono i morti").





La larga scalinata porta al Salone delle Colonne, così detto per sei grande colonne monolitiche che sostenevano il tetto di questra costruzione.
"C'era un tempio del demonio e albergo dei suoi ministri, molto bello da vedere, in particolare una sala come di rosoni. C'era in quegli edifici un'altra sala, cha aveva alcuni pilasti rotondi, ognuno di un solo pezzo, tanto grandi che due uomini abbracciando un pilastro appena si toccavano le punte delle dita". Toribio de Benavente.


Luoghi: Le leggende del Deserto Bianco dell'Egitto.
Luoghi: Xochicalco. Messico.

martedì 24 gennaio 2012

Africa. Luoghi dell'abitare: Dogon

Luoghi dell'abitare: Dogon.


"Visto dall'alto, il villaggio è l'immagine della casa dell'antenato, con le sue ottanta nicchie, e della grande coperta dei morti, con i suoi quadrati bianchi e neri". (M. Griaule).




Nel villaggio si possono distinguere diversi spazi, alcuni pubblici (mercato, piazza) e altri in vario modo riservati (i luoghi di riunione degli uomini, il luogo in cui i membri dell'associazione maschile awa custodiscono le maschere, le costruzioni per le donne mestruate ecc.).
Vi sono poi i siti degli altari, il cimitero, fucine, forni per la produzione di vasellame, il deposito dei rifiuti.
In linea di principio la collocazione di questi luoghi e costruzioni risponde a un principio antropomorfo che integra le parti di un'unità organica e si richiama al mito, così che la disposizione nello spazio rimanda anche agli eventi che sono succeduti nel tempo.
Il villaggio dovrebbe così estendersi da nord verso sud come il corpo di un uomo disteso sulla schiena: la casa del consiglio degli anziani (togu na) ne costituirebbe la testa, le case delle donne mestruate ne sarebbero le mani, le grandi case di famiglia (ginna) il petto e il ventre, mentre gli altari comunitari ne costituirebbero i piedi.
In realtà essendo il paesaggio dogon molto diversificato (da ovest verso est si passa dall'altipiano, alla falesia, alla pianura sabbiosa) la disposizione effettiva risente della conformazione del terreno e degli accidenti della storia, in rapporto ai quali il mito diventa una lettura retrospettiva tesa a stabilire un ordine coerente in quello che è successo.




Banani è una località formata da quattro insediamenti legati fra loro da un antenato.
La costruzione dei villaggi dogon sulla scarpata di Bandiagara è dovuta a ragioni difensive: vi erano rifugiati per sfuggire alle incursioni dei Mossi.
Con l'arrivo dei Francesi e la pacificazione, nuovi villaggi sono sorti sulla pianura.
Le abitazioni sono cinte da muri. Stanze e granai danno su un cortile centrale in cui si conservano attrezzi e suppellettili e dove si prepara il cibo.
Gli edifici hanno cucina e camera da letto al piano terra; da una scala di legno si accede al primo piano (dove ci sono altre camere o depositi) e alla terrazza dove si mette a seccare il raccolto.
Il numero di stanze e granai dipende dal numero delle mogli.



La casa degli uomini: Villaggio di Banani. Valle dei Dogon. Mali.


Il tetto, dell'altezza di diversi metri, è composto da strati di steli di miglio che isolano efficacemente l'edificio dai raggi del sole.
La deperibilità del materiale richiede il suo periodico rifacimento con il contributo di tutti gli abitanti del villaggio e l'aiuto volontario dei villaggi vicini.
Elemento caratterizzante di tutti i Togu na è l'altezza molto ridotta dello spazio interno, che costringe gli uomini a stare seduti.
Cosa che è spiegata dai Dogon in vario modo: come strumento di difesa dai cavalieri nemici che così non potevano penetrare nel riparo, come protezione dal sole e dal caldo, come dimensione propizia alla parola saggia: "ci si batte in piedi ma non si litiga mai seduti.







Video: Partendo con il suo fuoristrada da Milano e attraversando Francia, Spagna, Marocco, Sahara Occidentale, Mauritania, il nostro fotografo viaggiatore arriva sino alla Valle dei dogon in Mali.
Un mix di immagini, tra video e foto in bianco e nero, che ci raccontano lo splendore del Paese e dei suoi abitanti.
The best of Mali.








giovedì 19 gennaio 2012

Le Grandi Scoperte: Hiram Bingham. Machu Picchu. 1911.

Hiram Bingham. Machu Picchu. 1911.





Hiram Bingham riscopre Machu Picchu la città perduta degli Inca durante l'esplorazione di vecchie strade inca della zona, era alla ricerca dell' ultima capitale Inca, Vilcabamba.
Bingham compì parecchi altri viaggi ed eseguì scavi fino al 1915 e solo più tardi si rese conto dell'importanza della sua scoperta e si convinse che Machu Picchu era quella che lui chiamava Vilcabamba.
Nel 2008 una serie di documenti scoperti negli archivi americani e peruviani da alcuni studiosi internazionali, tra cui lo storico americano Paolo Greer, rivelano il tedesco Augusto Berns scoprì invece Machu Picchu nella seconda metà dell'800 e costituì una società per sfruttarne le ricchezze.

Berns scoprì la località nel 1867, 44 anni prima che l'esploratore americano Hiram Bingham la rivelasse al mondo occidentale. Greer e i suoi colleghi puntano ora a localizzare i tesori perduti, molti dei quali potrebbero essere finiti in collezioni private.
l Machu Picchu è un sito archeologico inca situato in Perù, nella valle dell'Urubamba, a circa 2.430 m.s.l.m. Il nome, deriva dai termini quechua, machu (vecchio) e pikchu (cima o montagna).

Fa parte dei Patrimoni dell'umanità stilati dall'UNESCO.




Nel 2003, più di 400mila persone hanno visitato le rovine e l'UNESCO ha espresso preoccupazione per i danni ambientali che un tale volume di turisti può arrecare al sito.
Le autorità peruviane, che ovviamente ricavano dei notevoli vantaggi economici dal turismo, sostengono che non ci siano problemi e che l'estremo isolamento della valle dell'Urubamba sia, da solo, sufficiente a limitare il flusso turistico.
Periodicamente viene proposta la costruzione di una funivia per raggiungere la città dal fondovalle, ma finora la proposta non è passata.
La località è oggi universalmente conosciuta sia per le sue imponenti ed originali rovine, sia per l'impressionante vista che si ha sulla sottostante valle dell'Urubamba circa 400 metri più in basso.
Nel 2007 Machu Picchu è stato eletto come una delle Sette meraviglie del mondo moderno.



 
 
 
 
 
 

Pakal il Grande.

Maya e Aztechi: Personaggi.
Pakal il Grande.

"Contento è il tuo cuore a causa dei tuoi discendenti"
(iscrizione in Palenque).



Nonostante l'abbondanza dei monumenti celebrativi, le origini del linguaggio reale di Palenque e del suo maggiore sovrano sono avvolte nell'oscurità.
La lista dei suoi antenati è ambigua e sembra costruita artificiosamente.
In una cultura nettamente patrilineare è sorprendente vedere che la madre di Pakal è presentata come fonte legittima del potere, mentre si dice che il padre e il nonno materno erano dei semplici nobili.
Non è dunque facile capire perchè proprio Pakal il Grande divenne re.
forse la risposta è alquanto semplice: non c'erano molti altri candidati, dato che, negli anni della sua gioventù, Calakmul aveva saccheggiato palenque e probabilmente ucciso la maggior parte della famiglia reale.
Il riscatto della sua città divenne per Pakal l'obiettivo principale del momento del suo insediamento.
Alleandosi con "Scudo" Giaguaro II di Yaxchilan riuscì a riconquistare i territori lungo il fiume Usumacinta nell'odierno Tabasco.
E' proprio da questa regione portò a Palenque due re prigionieri, uno di Pomona e l'altro si Santa Elena, che trovarono la morte a Palenque.
Più che per le conquiste militari, tuttavia, Pakal il Grande è famoso per i suoi progetti monumentali e per la straordinaria fioritura artistica avviata dal suo regno.




Tavoletta Ovale del Palazzo di Palenque, cultura Maya, Periodo Classico.


La tavoletta ovale era lo schienale del trono di pietra installato nell'EdificioE, dai Maya chiamato Sak Nuhkul Naaj (Casa dalla pelle Bianca).
Nella parte sinistra in alto un breve testo che menziona il nome della madre di Pakaòl il Grande: Signora Sak K'uk' (Bianco Quetzal).
In basso, il trono con due teste di giaguaro.
A sinistra, la madre di Pakal, genuflessa dinnanzi al figlio, gli porge la corona reale di Palenque.




Lastra sepolcrale di Pakal il Grande, Palenque, cultura Maya, Periodo Classico.


Il monumento della cultura Maya più conosciuto e pubblicato nei testi è la lastra sepolcrale di pakal il Grande.
per le sue dimensioni e il suo peso, fu posizionata sulla tomba prima della costruzione della piramide, che fu edificata in seguito attorno alla cripta.
In alto, la Divinità Ornitomorfa Principale, Itzamnaaj Muut è posata sull'albero al centro del mondo, in rappresentanza della somma divinità maya, Itzamnaaj di cui è l'alter ego.
Al centro, L'axis mundi, ovvero l'albero cosmico al centro del mondo.
In basso il volto del Dio della Terra sopra le fauci dell'Inframondo.
Sul capo reca un piatto per offerte per offerte votive, sul quale appare semisdraiato il corpo di Pakal, con le vesti di giada del Dio del Mais Risorto.
Le fauci del centopiedi gigante si spalancano per aprire l'ingresso dell'aldilà.
Il centopiedi era per i Maya un essere terribile associato alla morte e all'oltretomba.



mercoledì 18 gennaio 2012

Africa. culto degli antenati. Maschere Egungun.

Africa. culto degli antenati.
Maschere Engungun


"L'essenza della comunicazione passa attraverso gli occhi.
(proverbio yoruba, Nigeria)







Il culto egungun nasce nel regno yoruba di Oyo per poi diffondersi anche al di fuori a seguito delle migrazioni seguite alla sua caduta.
Un tempo le maschere egungun più potenti avevano il compito di uccidere le streghe e presenziavano all'esecuzione dei re condannati amorte.
Ogni anno si tengono dei festival in onore degli antenati che hanno luogo sia all'interno delle concessioni familiari che nei luoghi pubblici.
Ogni lignaggio possiede una maschera che è quella dell'antenato fondatore ma possono esserci anche altre maschere in relazione a particolari segmenti del lignaggio o individui, le cui storie vengono così rappresentate e incorporate all'interno del gruppo.




Un individuo può scoprire attraverso la divinazione che un parente deceduto richiede la fabbricazione di una maschera le cui forme saranno poi decise insieme, dall'indovino, dal propietario della maschera e dall'artista.
Dopo che l'erborista via ha inserito la "medicina" la maschera viene condotta dal capo del culto che la consacra e quindi, scortata dalle donne, va a fare visita a tutte le donne maritate che risiedono altrove.
La creazione della maschera egengun proprio per il lavoro collettivo che richiede, esprime la potenza socializzante dell'antenato all'interno del gruppo di parentela e ne rafforza l'unità.




Maschera egungun che danza.

Il costume a sacco a double face delle maschere egengun consente loro di effettuare spettacolari trasformazioni durante la danza sottolineando che "le cose non sono mai come sembrano".
Il moto vorticoso della maschera gonfia il tessuto e ci mostra come l'estetica della maschera non possa essere disgiunta dalla sua performance: infatti è solo nella danza, nel movimento che le fa acquisire forme nuove e  inaspettate che possiamo averne un'esperienza piena.
L'estetica della maschera è di tipo multisensoriale e non può essere quindi disgiunta dai canti e dalla musica che l'accompagnano.
Le maschere engungun mostrano la potenza degli antenati e la riconoscenza dei discendenti che le tengono in vita.


Il messaggio di Zahi Hawass.

Egitto, a sei mesi dallla fuga in taxi dell'ex ministro dell'Antichità, rischiando il linciaggio, scrive ai suoi fans.


Era il 19 luglio 2011, quando Zahi Hawass, l'archeologo di Mubarak, assalito dai manifestanti rischiò il linciaggio.
Ora sono parecchie le domande che ci poniamo: Cosa succederà? come andranno avanti i suoi progetti all'interno della piramide?.
Ritorniamo indietro per un attimo, a quel 19 luglio del 2011 alle ore 11 e 18.
Quando si è reso conto della fine della sua carriera, Hawass si è diretto verso la macchina di servizio per tornare a casa.
Ma l'ha trovata distrutta dalla folla inferocita.
Zahi ha così preso un taxi per scappare innosservato. I manifestanti però se ne sono accorti e hanno assalito il taxi.






Questo perchè Zahi è visto come un sopravvissuto del regime di Mubarak.
Ed inoltre, perchè avrebbe favorito il presunto furto di opere d'arte avvenuto nel Museo Egizio del Cairo e in altri siti archeologici.
L’ex Indiana Jones, probabilmente, è fuggito negli Stati Uniti, dove ha una figlia e diversi interessi economici. Come suo sostituto è stato nominato Abdel Fattah el-Banna, un restauratore di opere d’arte, che ha il merito di aver organizzato le proteste degli archeologi contro l'ex Indiana Jones.


Il messaggio di Zahi Hawass ai suoi amici.





A message to all my friends!
I am sorry that I have not updated my website for the past several weeks. I have had to spend a great deal of my time dealing with false accusations that have been made against me. I am now waiting for the Office of the Attorney General to finish their investigation; after this I will be free to publish the details of these ridiculous allegations.
I am glad to say that I have also found time to work on a book about the Egyptian Revolution, and its effect on our antiquities. I am also getting ready to start the second part of my archaeological autobiography, Secrets from the Sand Part II.
My life as a private person is very different from my life as an antiquities official, and apart from having to deal with false accusations, I am enjoying my freedom from the great responsibility I have been carrying for the past nine years. I get up early and go to my office, where I have all of my Egyptological books.
As I have done for most of my life, I work seven days a week. I do not use my private car; I take taxis and walk on the street, enjoying the crowds of Cairo. Every day I am blessed to see first-hand how so many Egyptians respect and love me.
The other day, I sat beside a taxi driver who lives in Nazlet el-Samman, the village at the foot of the pyramids. He told me that he had witnessed how some of the camel and horse drivers united against me during the Revolution, because they had seen this as an opportunity to get rid of me.
The driver told me, “Sir, anyone who loves his country should know that the project you did at the pyramids will make this area into an open museum, not a zoo like it is now.” He added that he had seen himself how so many of the drivers deceive and cheat the tourists, and that my project would make all the drivers equal, because there will be a system, controlled by police, antiquities officials, and health authorities. He also told me that the Egyptians are proud of me and love me, and that all the foreigners who ride in his taxi know me, and that this made him happy and proud. And at the end, he refused to take the taxi fare!
Another time, I was walking in Lebanon Street, waiting to cross. A car with five young men and women inside stopped and asked if they could take a picture with me, because I am the “Indiana Jones of Egypt.” I was honored to be photographed with them.
Strangers have even called me to offer their support, like one lady who said she had spent a long time trying to get my cell number, so she could tell me that many people know that the people writing against me are wrong, and not to worry. “You live in our hearts,” she told me. Another family invited me to have sohoor with them. The mother told me that her nine-year-old son was dreaming of meeting me. So I went, and brought one of my children’s books for him.
These are only a few stories of the many that I experience every day. People in Egypt never see a former minister walking in the street, but I love to do it, and love to buy things on the street and meet the shopkeepers as well.
Although I am being attacked regularly in the media, I have decided not to appear on local television, and not to spend all my time defending myself. I decided to write this short update simply to tell my friends all over the world that I am fine.
The preservation and promotion of our priceless heritage is my life, and I will never give up. I am happy now to work for antiquities as a private person, and I will always do anything in my power to help.
To my friends with love.
Zahi Hawass


giovedì 5 gennaio 2012

Resti antichi a Sansepolcro.

 

La scoperta è avvenuta in occasione dell'assistenza archeologica ai lavori in corso all'interno del cantiere






A Sansepolcro, in provincia di Arezzo, durante lavori di scavo per la realizzazione di un parcheggio multipiano, sono stati ritrovati resti antichi.
La scoperta è avvenuta in occasione dell'assistenza archeologica ai lavori in corso all'interno del cantiere.
I resti sono stati trovati nell'area centrale del cantiere, poco distante dalla Fortezza, a lato del dosso lungo via Montefeltro, all'altezza dell'incrocio con via dei Mulini.
In prossimità del dosso sono stati individuati dagli archeologi della Cooperativa Archeologia che conduce le indagini sotto la Direzione Scientifica della Soprintendenza, più strati sovrapposti, al cui interno sono stati recuperati materiali ceramici (e non solo), tra i quali i più recenti, all'esame attuale, si datano al VI secolo a.C.
Sono state individuate anche delle strutture la cui funzione e uso potranno essere appurati nel corso dell'indagine archeologica ma che, per ora, sembrano indicare una lunga frequentazione del sito, che potrebbe avere avuto una destinazione produttiva.
La necessità di definire epoche e utilizzo delle strutture venute alla luce, ma ancora non scavate stratigraficamente, ha spinto la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana a interrompere temporaneamente i lavori nel cantiere edile.
Intanto, quest'anno Sansepolcro si appresta a celebrare il Millenario, una ricorrenza per la quale sono attesi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Papa Benedetto XVI.

Profili. Ausilio Priuli.

Ausilio Priuli.





Archeologo, in costante rapporto col mondo della preistoria, perché è nato e vive in Valcamonica, anche se per il suo lavoro è spesso in giro per il mondo.
Ha operato in Italia, Europa, Russia, Africa, conducendo ricerche archeologiche, antropologiche ed etnologiche. Autore di innumerevoli saggi e monografie, tra cui un grande compendio enciclopedico sullarte preistorica in Italia. Assertore della necessità di divulgare a tutti i risultati della ricerca, ha tradotto in forma di romanzi le problematiche relative alla nascita della metallurgia nella preistoria recente, ha realizzato laboratori didattici di archeologia preistorica in tanti musei e creato parchi tematici ricostruttivi della vita preistorica tra cui: lArcheodromo e il grande Archeopark.




Ausilio Priuli nasce a Cemmo di Capo di Ponte il 6 maggio del 1951 da Giuseppe e da Giacomina Prandini.
Frequenta le scuole dell'obbligo nel paese natale poi si iscrive all'Istituto Magistrale di Breno dove nel 1970 ottiene la Maturità. In seguito frequenta la Facoltà di Lingua e Letteratura Straniera di Bergamo.
Nel 1971 ottempera al servizio militare a Brescia nel corpo delle Trasmissioni della Fanteria, dedicandosi però al restauro totale della chiesa dell'ospedale militare.
Terminato il periodo di leva si reca a Milano presso l'Università degli Studi dove nel 1980 gli viene conferito il Dottorato in Lettere con una tesi di ricerca sull'Arte Preistorica Alpina, che è stata pubblicata in Italia e all'estero.
Da subito inizia a ideare ed elaborare nuove metodologie di ricerca e di analisi delle manifestazioni paleo iconografiche e della proto statuaria e statuaria megalitica.

A lui si deve il primo compendio enciclopedico di tutta l'arte preistorica, protostorica e di tradizione italiana e dell'Arco Alpino. Nel contempo collabora con numerose riviste ed è consulente e polo di riferimento di numerosi ricercatori e studiosi italiani e stranieri, e di Istituti di Ricerca ed Università che si occupano di Preistoria e di Arte Rupestre.
In Valle Camonica fonda e dirige il Museo Didattico d'Arte e Vita Preistorica di Capo di Ponte e il Centro di Archeologia Sperimentale.

Realizza l'Archeodromo di Capo di Ponte, prima ricostruzione sperimentale in Italia di un intero villaggio Neolitico. Crea poi l'Archeopark di Boario Terme, parco tematico interattivo di circa 100.000 mq nel quale è possibile rivivere il passato movendosi nella ricostruzione di insediamenti preistorici e dove si può tentare di ripetere i gesti dell'Uomo Preistorico.
A tutt'oggi è, e rimane, l'unico Camuno professionista della ricerca preistorica.





Luoghi: Xochicalco. Messico.

Luoghi: Xochicalco
Messico Morelos 18°48' N, 99° 17'O


Xochicalco non fu la capitale di un Impero, ma una potenza regionale che riuscì a fondere armoniosamente influenze diverse.




Per quanto il territorio intorno a Xochicalco non sia dei più felici (il terreno è piuttosto povero e poche sono le aree adatte all'agricoltura), la zona è caratterizzata da una successione pressochè ininterrotta di insediamenti che va dal 900 a.C. fino alla Conquista.
I primi piccoli villaggi si svilupparono nella fase centrale (900-500 a. C.) del Preclassico Medio e rimasero dei centri di scarsa importanza per tutto il Classico.
Successivamente, verso il 650, nella zona si regitrò un esplosivo aumento della popolazione che si concentrò su una superficie di circa 4 km quadrati, attorno al Centro di Xochicalco.
le ragioni dell'improvvisa nascita della città e del suo breve ma intenso splendore sono da quasi tutti gli studiosi poste in rapporto con la crisi e la caduta di Teotihuacan, ma non sono chiare.




La spiegazione più plausibile ipotizza che l'indebolirsi dell'egemonia della metropoli della Valle del Messico, la cui influenza nella regione fu peraltro piuttosto debole, abbia provocato una serie di conflitti che spinsero l'èlite di alcune Chiefdoms o città Stato vicine a considerarsi e creare un formidabile centro fortificato, appunto a Xochicalco.
L'apogeo della città, tuttavia, fu piuttosto breve, perchè già attorno al 900 Xochicalco fu distrutta e abbandonata, anche se nella zona rimasero alcuni piccoli villaggi, che nel Periodo Postclassico Tardo subirono un'evidente influenza tlahuica.
Dopo la conquista Atzeca le rovine di Xochicalco acquistarono una certa importanza come centro religioso e nella zona furono costruiti alcuni altari e un piccolo Tlachtli.




Piramide dei Serpenti Piumati,
lato a nord della scalinata.


In alto notiamo la cornice decorata con il motivo del Gioiello del vento.
Appena sotto, sul tablero, diviso in riquadri da bande intrecciate, sono raffigurati dei personaggi con gli "occhiali di Tlaloc", una borsa di copal e un copricapo simile al glifo dell'anno.
Accanto a loro spesso si trova il glifo della mandibola e del cerchio con la croce.
La postura dei personaggi, seduti a gambe incrociate, è tipica dell'iconografia maya e , in particolare, ricorda quella dei personaggi dell'Altare Q di Copan.
In mezzo e in basso sul Talud, troviamo all'interno il Serpente Piumato, disposto a circolo, si può notare al glifo 9 casa che con la mano sinistra tiene con una corda il Glifo 11 Scimmia.
la destra è, invece, appoggiata a un riquadro con il numero 1.




Stele 3, lato A, Città del Messico, Museo Nacional de Antropologia.

Fu ritrovata, assieme alle Stele 1 e 2, in una fossa nell'atrio del Templo de las Estelas a Xochicalco.
Probabilmente poco prima dell'abbandono del sito esse furono ricoperte di cinabro, il minerale di colore rosso spesso usato per ricoprire il corpo dei defunti, e furono sepolte ritualmente.
Esse hanno restituito la più lunga iscrizione lineare dell'Altopiano Centrale prima degli Aztechi.
Purtroppo la scrittura di Xochicalco non è stata pienamente decifrata.
Nel centro notiamo una testa che esce dalle fauci di un serpente.
Secondo alcuni questo personaggio potrebbe essere Quetzacoalt che i glifi in alto e in basso potrebbero in relazione all'autosacrificio e al ruolo del dio nella nascita del Quinto Sole.
Il glifo 4 Gocce di Sangue, circondato su tre lati da una cornice che sembra una variante della "fascia celeste".






Il Marcador a testa di Pappagallo, Città del Messico, Museo Nacional de Antropologia.

Il Marcador a testa di Pappagallo è una straordinaria opera d'arte astratta nella quale acquista particolare rilevanza il vivace rapporto tra i pieni e i vuoti.
La luce filtra negli spazi aperti generando altri piani e altri disegni in un gioco ritmato di chiari e di scuri.
Vista di profilo, la solidità della scultura in pietra squadrata, in parte incisa e sottolieata nel contorno, è alleggerita dal vuoto delle narici, degli occhi e della bocca e dal movimento che crea il crescendo di queste forme tondeggianti.
Non è chiaro se la scultura fosse un segnapunti, una meta, o, come appare probabile, servisse a delimitare i campi per il gioco della palla.


mercoledì 4 gennaio 2012

I grandi Archeologi: Flinders Petrie.

I grandi Archeologi: Flinders Petrie. seconda parte.




A quell'epoca le macerie di Amarna consistevano in muri di fondazione che il vento del deserto aveva spazzato per millenni. Al mattino presto e nel tardo pomeriggio, quando i raggi del sole erano obliqui, si potevano chiaramente individuare le strade e i perimetri degli edifici.
Qua e là c'erano già stati tentativi di scavo con ritrovamenti sempre interessanti. Ma furono soprattutto le centinaia di tavolette del cosiddetto archivio di Amarna (la corrispondenza intercorsa tra i faraoni e i re dell'Asia anteriore scoperta per caso da una contadina quattro anni prima), a far sperare di scoprire cose ancor più notevoli.
Sulla base delle macerie, Petrie fu in grado di individuare le strade, di immaginare le costruzioni templari e le strutture di un palazzo: fu anche il primo a mettersi all'opera in maniera sistematica: sondò il palazzo con degli scavi e, in capo a tre giornate s'imbattè in meravigliosi dipinti pavimentali, con uccelli acquatici tra le canne e fiori esotici stupendamente colorati.
Gli ispettori governativi che sorvegliavano Flinders in ogni sua mossa, comunicarono subito il ritrovamento al Cairo; due settimane dopo, il governo provvedeva a far costruire muri di protezione intorno al trimillenario pavimento, muri e tetto che vennero pagati dagli inglesi.
Flinders trovò in seguito un secondo pavimento, per salvaguardare il quale fu necessario ampliare le strutture di protezione.
Con J. Hawarth e M. Kennard, i due assistenti che partecipavano alla spedizione a proprie spese, Petrie riportò alla luce il palazzo di Amarna.
Centrotrentadue casse con reperti in parte privi di valore furono il risultato del suo lavoro tra novembre e giugno: occorsero due mesi per imballare tutti gli oggetti rinvenuti da Petrie.
Sebbene fossero sorti dubbi sull'identificazione di tre grandi appezzamenti, Petrie era convinto che soltanto il terreno in cui egli stava scavando apparteneva al palazzo. Oltre a possedere numerosi vani, vi erano stati trovati quei frammenti di ceramica che, per esempio, era impensabile attribuire ai templi.





Petrie fece nel palazzo tre tipi di scoperte: strutture edilizie di mattoni, fondamenta di colonne in arenaria e fondamenta murarie di pietra. Sul lato meridionale del palazzo venne alla luce un portico di metri cinquecentoquarantadue colonne.
A sud-est di questo portico, Flinders, dissotterrò numerose giare da vino e da olio. La maggior parte di esse portava scritto il due, un chiaro riferimento al secondo anno di governo di Akhenaton. A nord-est del portico erano situate le dispense; furono trovati frammenti di vasi azzurri col nome di Akhenaton e quello di Nefertiti.
Ma il ritrovamento più interessante venne alla luce all'esterno, sul lato più lungo del palazzo.
Nel suo resoconto, Petrie, parla di un "grande pilastro o di una porta di città di stile non egizio, sotto cui passava a via principale: assomigliava ad un arco di tronfio romano sopra un'ampia carrozzabile fiancheggiata da due piste pedonali".




L'archeologo non tardò a trovare la spiegazione: si trattava di una costruzione di collegamento tra il palazzo situato ad occidente di via Re e la dimora privata dei sovrani che sorgeva sul lato opposto.
Il ponte serviva a Nefertiti e ad Akhenaton per passare la strada sottostante. Le eleganti stanze della coppia reale erano raggruppate intorno ad un cortile interno. uno dopo l'altro, Petrie vi scoprì diversi locali e servizi: una grande camera da letto con porte laterali che davano sui vani dove avveniva la vestizione mattutina e dove c'erano il bagno, la toilette separata e una stanza per i bambini simile ad un padiglione provvisto di alloggi per le istitutrici. Sugli avvenimenti storici portati  alla luce dagli scavi di Tell el_Amarna (1891-92) Flinders Petrie ha scritto un intelligente lavoro, il cui livello culturale è sorprendentemente alto.
Va a questo proposito ricordato che notissimi archeologi (Ludwing Borchardt, Thomas Eric Peet e John D. S. Pendlebury) conficcarono il piccone ad Amarna decine d'anni dopo di Petrie.
Il celebre busto di Nefertiti che si trova a Berlino fu rinvenuto nel territorio armaniano quando già erano trascorsi vent'anni dagli scavi britannici.
L'inizio della stagione calda costrinse gli scavatori a interrompere il loro lavoro. Petrie volle tornare a Londra, dove gli era stata riservata una cattedra di egittologia.



 

I grandi Archeologi: Flinders Petrie. Prima Parte.



Maya e Aztechi: Divinità e religione. Dei della pioggia.

Maya e Aztechi: Divinità e religione.
Dei della pioggia.


" A Tenochtitlan si chiede prestito al dio. Tra bandiere di carta, e in tutte le direzioni, ci sono persone in piedi: è il tempo del suo pianto (della pioggia)"
(poesia Azteca).




Quando si parla delle divinità della pioggia il rischio di un certo determinismo geografico-ambientale è sempre possibile. eppure, inevitabilmente, non è possibile ignorare il dato eclatante che il brusco paesaggio dalla stagione secca alla stagione delle piogge rende evidente a tutti, oggi come ieri, che senza l'arrivo delle piogge la Mesoamerica sarebbe una regione arida e inospitale.
E se, per di più, si considera che le normali oscillazioni climatiche potevano provocare improvvisi periodi di siccità e false partenze della stagione delle piogge (per esempio quando il Nino colpisce il Perù, in Mesoamerica si possono avere piogge fuori stagione), si capisce perchè tutte le culture mesoamericane abbiano attribuito particolare importanza agli dei della pioggia.
Le prime evidenti manifestazioni di un culto della pioggia appaiono nella cultura olmeca, che raffigura chiaramente scene con nuvole e gocce di pioggia.
E pare che proprio alcune tra le principali divinità olmeche, il serpente ornitomorfo e un dio della pioggia associato al giaguaro, possono essere considerati gli antenati delle divinità della pioggia delle culture successive.
Sicuramente già in quella fase si affermano alcune delle caratteristiche iconografiche degli dei della pioggia e dei loro rituali: i canini pardiantropi-ofiomorfi, le gocce di pioggia che diventano il simbolo della preziosità, il sacrificio dei bambini.
I simboli più caratteristici del dio, invece, i cerchi attorno agli occhi, i cosiddetti "occhiali di Tlaloc", compaiono solo più tardi a Teotihuacan a Monte Albàn.



La Grande Divinità, cultura Teotihuacan, periodo classico, Teotihuacan, complesso residenziale di Tetila.


La Grande Divinità, uno degli dei della pioggia e dell'acqua di Teotihuacan, qui sembra avere chiari tratti femminili, benchè sia possibile che avesse anche una controparte maschile.
Nella parte superiore si può notare il copricapo con un uccello stilizzato, forse al suo alter ego, grandi ciuffi di penne di quetzal e stilizzazioni che secondo alcuni rappresentano cuori e organi dei sacrificati.
Nel mezzo dell'immagine potete notare il complesso nariguera rettangolare e grandi orecchini discoidali.
Sono così strettamente legati alla Grande Divinità che, nella logica della rappresentazione , spesso la sostituiscono interamente.
I canini pardiantropi-ofiomorfi che sono uno dei tratti dististi del Dio della Pioggia.
Notate lateralmente le mani, con unghie dipinte di rosso. Scendono rivoli di semi e di oggetti che non sempre è possibile identificare.
Si riconoscono solo mani e conchiglie marine.




Olla Tlaloc, cultura mexica, Periodo Postclassico, Città dl Messico, Museo del Templo Mayor.


Rappresenta il vertice di una tipologia numerosa e affollata.
Gli "occhiali" del Dio della Pioggia.
Il naso è formato da due serpenti intrecciati, qui fortemente stilizzati. Le strisce oblique distinguono i corpi dei serpenti. I canini pardiantropi.ofiomorfi del Dio della Pioggia.




Chalchiuhtlicue (gonna di Giada) qui è raffigurata come "Patrona" della tredicina 1 Canna; Codice borbonicus, 5, XVI secolo, Parigi, Bibliotèque Nationale.

Nei miti cosmogonici Chalchiuhtlicue (gonna di Giada) era stata il Sole della quarta era, il Sole 4 acqua, che era durato 676 anni ed era stato distrutto da un immane diluvio quando il "cielo cade sulla terra": allora l'acqua coprì ogni cosa per 52 anni e gli uomini furono trasformati in pesci.
Chalchiuhtlicue porta una serie di indumenti e ornamenti che nei loro colori verdi e azzurri rinviano al suo nome e alle sue funzioni.
Tiene nelle mani due bastoni di comando ornati da strisce di carta macchiate di gocce di gomma.
In basso, una corrente d'acqua sgorga dal trono divino della dea e trascina persone, armi e uno degli ornamenti di Tlazolteotl, la dea che confessa i peccati.
L'acqua dunque, oltre che feconda, è pericolosa e purificatrice.
Ai bordi della corrente sono raffigurati i simboli della "preziosità" e delle conchiglie.